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Un progetto inedito di Giuseppe Valadier per Fano.

 

 

            Si conserva, presso l’Accademia di San Luca a Roma, un progetto di Giuseppe Valadier per la liscia ed i molini del tabacco presso il Ponte Astalli di Fano, costituito da una tavola a china ed acquerello, non datata e senza titolo, delle dimensioni di 288 x 441 mm[1] (fig. 1).

 

Fig. 1. Giuseppe Valadier. Progetto per i mulini del tabacco e la liscia presso il porto di Fano, pianta, prospetto e sezione. Roma, Accademia di San Luca, Fondo Valadier, ASL 2863. Da http://lineamenta.biblhertz.it:8080/Lineamenta/1033478408.39/1035196181.35/1046533224.67/Sh-p0ixSc/view


       Tale disegno è relativo alla zona di Fano compresa tra Porta Giulia ed il canale Albani e rappresenta un sistema per fornire forza motrice al mulino del tabacco collocato in prossimità del Ponte degli Astalli e della parte terminale del Canale con la liscia, come viene chiamata a Fano[2], un tratto fortemente in pendenza del corso d’acqua, una caduta tale da consentire un aumento della velocità della corrente:

Andando poi a Fano, si resterà più chiaramente convinti della medesima verità , e li vedrà coll'ultima evidenza , quanto presto ne' canali, e ne' fiumi si perda la precedente velocità. Ivi con tanta spesa si fecero que’ gran sostegni, che tengono tanto alta l'acqua del loro canale, e la fanno per un piano inclinato discendere sotto il ponte, formando quella, che chiamano la liscia.[3]

La liscia, insieme ad altre imponenti opere, venne ultimata nel 1732 e rappresenta il primo tentativo, quasi riuscito, di risolvere alcuni gravi guasti ai quali era soggetto il porto di Fano. Le vicende sono note[4] ed occorre riassumerle brevemente onde contestualizzare l’oggetto di questo breve studio.

            Fino agli inizi del XVII sec. la città di Fano non era dotata di un porto efficiente ai fini delle attività commerciali. Nel 1619 si ha finalmente l’inaugurazione del nuovo Porto Borghese, in onore di Papa Paolo V (al secolo Camillo Borghese), su progetto di Girolamo Rainaldi, una darsena che dal mare si protendeva sino alla loggia tuttora esistente sotto il ponte Astalli (foto 1), un fondale che concludeva architettonicamente tutto l’impianto. Tale opera però fu preceduta dal rifacimento del vallato, sempre ad opera del Rainaldi, che dal Metauro conduceva l’acqua ai mulini della città ubicati a ridosso della darsena. Dagli stessi mulini l’acqua in uscita, dopo aver alimentato le pale, si riversava nella darsena attraverso tre aperture collocate sotto la loggia. Un siffatto sistema avrebbe dovuto contrastare l’ingresso, dovuto alle maree, di rene e ghiaie nel canale dalla sua imboccatura. Ma già da subito appaiono i problemi di insabbiamento in quanto le tre chiaviche poste sotto la loggia per il passaggio dell’acqua del vallato, che avrebbero dovuto garantire la rimozione dei detriti, non erano in grado di assolvere al loro compito.

Foto 1. La Loggia Borghese, ultimata nel 1619 dall’architetto G. Rainaldi. Da https://welovefano.wordpress.com/2014/12/30/la-darsena-borghese/

Nel corso degli anni successivi la darsena ideata del Rainaldi si interra sempre di più fino a diventare uno stretto canale. I primi tentavi concreti di risolvere questi problemi si hanno a partire dai primi anni del ‘700. In un primo momento con gli interventi falliti dell’ingegnere Pietro Paolo Gabus, successivamente con il Valeriani che cambia il corso del vallato fino a farlo entrare nella vecchia darsena attraverso la caduta della Liscia che serviva a dare impeto e forza all’acqua in entrata. Una piccola parte veniva fatta proseguire per il vecchio fosso che entrava sotto il bastione Nuti per alimentare i mulini della città, mentre l’altra veniva diretta verso la cascata della Liscia costruita per dare finalmente energia all’acqua in entrata nel porto e tale da contrastare in maniera efficace l’ingresso delle ghiaie dal mare. Queste opere, che iniziano a delineare la situazione ancora parzialmente esistente ai nostri giorni, furono concluse nel 1732. Negli anni successivi questo sistema inizia a guastarsi, a causa della violenza delle acque che scendevano dalla liscia, con danni all’imbocco del canale nella parte sotto il salto. Questa situazione andò avanti fino al 1755 quando l’architetto Carlo Murena progettò il molo disposto verso nord all’imbocco del canale, fornendo così un contrasto efficace all’ingresso dei detriti che insabbiavano il porto, e fece irrobustire la zona sotto la caduta della liscia in modo tale da renderla capace di resistere all’impeto delle acque in caduta.

Quest’ultimo intervento, rappresentato su una tavola ad acquerello (fig. 2) conservata presso la Biblioteca Federiciana di Fano[5], ci introdurrà all’oggetto del presente studio in quanto sullo stesso disegno appare dettagliatamente la zona delle pale dei mulini in prossimità del ponte, tanto da fornire un prezioso riferimento da cui partire per comprendere l’intervento progettato dal Valadier. Nella parte in basso a sinistra è ben rappresentata la zona a monte del Ponte Astalli, con il Canale Albani, la Liscia, la Fabrica del tabacco ed il sistema che forniva acqua alle pale del molino, la deviazione dello stesso canale progettata dal Valeriani e proveniente dal Ponte Storto.

 

Fig. 2. Carlo Murena. Progetto del 1755 per la riparazione dei danni provocati dalla liscia e per un nuovo sistema per creare forza motrice alle pale dei mulini del tabacco. Da https://ia800909.us.archive.org/11/items/BifDS-B3_53/B3-53.jpg

        Il sistema per fornire forza motrice alle pale del mulino descritto sul disegno è, quasi sicuramente, anch’esso su progetto del Murena. Non rappresenta il rilievo di una situazione preesistente in quanto differisce da quello riprodotto su una stampa del 1786[6] (fig. 3), una veduta della zona verso sud. È costituito da tre pale parallele alimentate dal canale secondario dotato, però, anche di uno sbocco a monte, presente pure sulla raffigurazione a stampa, che limita la portata delle acque verso le stesse pale. Non mostra le arcate di uscita delle acque raffigurate sulla stessa acquaforte del 1786, che escono libere direttamente nella liscia.

 

Fig. 3. Veduta del porto di Fano del 1786. Acquaforte. Da https://ia800903.us.archive.org/25/items/BifDS-A3_83/A3-83.jpg

La tavola del Valadier.

        Giuseppe Valadier operò nelle Marche in due periodi distinti, iniziando la sua attività in questa regione nel 1786, come architetto camerale, quando cominciò ad occuparsi di interventi nella provincia di Pesaro fra i quali la sistemazione della fortezza di San Leo (1787), la ricostruzione del Duomo di Urbino (dal 1789), nella provincia di Macerata con la ricostruzione di Porta Romana (dal 1790), l’ampliamento della Chiesa dei SS. Pietro, Paolo e Donato ed il rifacimento dell’Ospedale di San Salvatore a Corridonia (1795), Palazzo Ugolini a Macerata (dal 1796). A questo primo periodo di attività nelle regione, che durò all’incirca fino agli inizi dell’800, appartengono anche la chiesa Collegiata di Monsampietrangeli, in provincia di Fermo, iniziata nel 1795[7], ed il rifacimento della Cattedrale di Treia (1800)[8]. La seconda fase in cui l’Architetto riprese ad operare nelle Marche va collocata dopo il 1815, quando progettò la nuova sede dell’Accademia Georgica e la villa detta La Quiete o Villa Spada (1820 circa) a Treia[9], in provincia di Macerata[10].

In quale delle due fasi è possibile collocare in nostro progetto? In effetti un primo problema si pone nella datazione del disegno che, a mio avviso, potrebbe essere inquadrata nel primo periodo in cui l’Architetto operò nelle Marche quando nel 1786, dopo il terremoto delle Romagne, ricevette l’incarico di deputato della verificazione dei danni e pur svolgendo la sua attività principalmente a Rimini si dovette occupare di altri 23 paesi vicini, molti dei quali marchigiani[11], o negli anni immediatamente successivi quando lavorò a San Leo ed a Urbino. Un altro elemento utile alla datazione potrebbe venire da particolari presenti sul disegno quale, ad esempio, la conformazione di Porta Giulia, che descriverò più avanti.

            Il disegno raffigura un PROFILO, uno SPACCATO, ed una PIANTA DELLA LISCIA. Seguendo le indicazioni fornite in legenda, il primo è una veduta frontale a valle del ponte (B) con l’uscita dell’acqua dalla liscia, la parte alta della Fabrica del Tabacco (a), il livello del Canale Albani prima della caduta (D) indicato come Livello del Canale alto che viene del Metauro tenuto in alto dalla Liscia, la Liscia, o abbassamento d’Acqua, che riduce l’acqua dal Canale alto al basso per renderla a portata di accoglier le navi (E), la Loggia Borghese (c) che viene però rappresentata in maniera sommaria, senza le arcate, ed il Livello del Canale che accoglie le Navi (C). Lo Spaccato è una sezione passante alla mezzeria del ponte Astalli dove compaiono, da sinistra, le Case al Porto lungo la strada superiore (h), la strada inferiore (g), la Loggia Borghese indicata come il Magazeno del Porto annesso al Ponte Astalli (c), i Muri della Città (e), un’interessante rilievo del prospetto di Porta Giulia, Porta della Città (d), che appare già modificato nelle zone laterali del coronamento, a copertura piana, rispetto all’acquaforte della fig. 3, dove sono a falde inclinate, il ponte Astalli (B), la Liscia (E), la fabbrica (a), i Molini del Tabacco (b) e infine, oltre ai livelli del canale (C e D) ed al profilo della liscia (E), il profilo del vallato per alimentare le pale con relativi sbocchi contrassegnati con numeri da 1 a 3, indicato come Vallato per i Molini del Tabacco, che sboca nella Liscia a diverse altezze come si vede alli numeri 1, 2, 3.(F). La Pianta mostra tutti gli elementi sino ad ora descritti, le pale ed i molini (b), la Liscia (F), il vallato per l’alimentazione dei molini (F), il ponte (B) ed il tratto a monte del Canale Albani (D).

            Non avendo la tavola nessun elemento descrittivo in merito all’oggetto dell’opera, dobbiamo far riferimento alla PIANTA, il disegno che mostra più chiaramente lo scopo del progetto: creare un sistema di alimentazione molto più potente, aumentando la forza dell’acqua con la disposizione delle tre ruote in linea, rispetto allo schema che compare nel disegno del Murena, con il vallato che entra direttamente nel molino senza sfociare a monte delle pale verso la Liscia. Il sistema progettato dal Valadier appare, in sostanza, molto più efficiente rispetto a quello ideato nel 1755.

 

Particolare del disegno del Valadier con la zona delle pale dei mulini.

Particolare del disegno del Murena con la zona delle pale dei mulini.

            Non si hanno elementi per poter appurare se si tratta di un progetto di trasformazione di un’opera già realizzata dal Murena, in quanto non sappiamo se l’opera raffigurata nella fig. 2 venne effettivamente costruita, o di una proposta ex novo per migliorare la resa delle pale del mulino. In verità non è neanche possibile, in base alla documentazione disponibile, stabilire se il progetto del Valadier sia mai stato realizzato, ma lo scopo di queste brevi note non è quello di dare risposte definitive sul progetto. Al contrario rappresenta una segnalazione, un invito all’approfondimento, mediante nuove ricerche di archivio, di questo tassello della storia del Porto di Fano che potrebbero avere risvolti interessanti, come nel caso in cui la tavola analizzata fosse parte di un progetto più ampio, che non è possibile contestualizzare con un solo disegno, oppure rappresentare un semplice intervento per migliorare l’efficienza del mulino del tabacco. Ulteriori ricerche potrebbero chiarire tutti gli aspetti. Per ora si può solo dimostrare che il Valadier si interessò, nella sua attività professionale nelle Marche, anche alla città di Fano ma in quale misura resta ancora da accertare.



[1] Roma, Accademia di San Luca, Fondo Valadier, ASL 2863. Il disegno è disponibile in Rete al seguente indirizzo:

http://lineamenta.biblhertz.it:8080/Lineamenta/1033478408.39/1035196181.35/1046533224.67/Sh-p0ixSc/view

[2] Relativamente a Fano ed al Metauro: «Circa cinque miglia prima della sua foce, un canale artificiale si diparte dalla sinistra riva e volgendo verso settentrione, lambisce le mura della città dalla parte di levante, finché giunto alla distanza di pochi passi da una delle sue porte, fa come una caduta artificiale, per un piano costruito con forte pendio. A questa specie di caduta i nativi del luogo dan nome di liscia. Le acque di questo canale, dopo aver servito a porre in movimento i mulini, contribuiscono al mantenimento del porto: il quale, sebbene si sia cercato di ampliarlo con qualche opera, pure è fin qui di piccolissima utilità al paese, e di quasi niun uso ai naviganti, perché mancante di fondo. Serve peraltro ai legni da pesca, ed anche ai più piccoli bastimenti da carico». Guglielmo Stefani, Dizionario corografico dello Stato Pontificio. Volume 2. Milano e Verona, 1856. Pp. 524-525.

[3]Rogerius-Josephus Boscovich, Del porto di Rimino memoria, coll'aggiunta di alcune note. Roma, 1768. P. 27.

[4] Villiam Ciavaglia, Portus Burghesius Extructus. Documenti e vicende dei primi due secoli del Porto di Fano. Circolo Culturale Castellani. Fano, 2019. Il testo è disponibile al seguente link: https://fondazionecarifano.it/wp-content/uploads/2021/03/portvs_bvrghesivs_extrvctvs.pdf  . Marco Toccacieli, Darsena Borghese, la splendida ossessione fanese. Blog “IL FEDERICO”. https://www.ilfederico.com/darsena-borghese-fano/. Michele Tagliabracci, Vicende del porto di Fano durante gli interventi dell’ingegnere Pietro Paolo Gabus (1718-1725). In Studi Fanesi, n. 29, 2017, pp.55-115. Iacopo Benincampi. Trasformazioni del porto di Fano nel XVIII secolo. Roma, 2018.

[5] Biblioteca Federiciana di Fano. Sezione manoscritti - Cartella progetti B3 – 53. Il disegno è presente sul Web al seguente indirizzo: https://ia800909.us.archive.org/11/items/BifDS-B3_53/B3-53.jpg

[6] Chute du canal qui part de la riviere dite Metauro et entre dans la mer Adriatique devant la ville de Fano dediè a Son excellence madame la Comtesse Marcolini nèe Barone O'Kelly / J.B. Theil del.; H.F. Laurin sculp. – Dresda, 1786.

[7] Angela Montironi, Il Valadier nelle Marche. In Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Macerata. VIII (1975).

[8] Ignazio Ciampi, Vita di Giuseppe Valadier Architetto Romano. Roma, 1870. P. 26.

[9] Angela Montironi, Il Valadier…, cit.

[10] Esistono in realtà alcune altre opere minori nelle Marche, effettivamente realizzate o progettate dal Valadier, o semplicemente attribuite, che per ragioni di brevità non sono state citate.

[11] Angela Montironi, Il Valadier…, cit. P. 276.

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