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LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza.


LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza.



Il Settecento. II
     Francesco Maria Verdinelli nacque nel 1760[1] a Monte Milone da Giuseppe Maria Verdinelli e Piera Perini. Il padre, piccolo possidente terriero[2], lo avviò alla professione di ceramista, probabilmente già in giovane età, mandandolo a lavorare presso la fabbrica della Porta del Colle, l'unica allora esistente all'interno del territorio comunale, dove il proprietario Catervo Ferrini, non avendo avuto figli, ebbe presto modo di affezionarsi ad un giovane pieno di talento e iniziativa, fino al punto di deciderne l'adozione e di lasciargli successivamente in eredità tutti i suoi beni.
     Francesco ereditò, dunque, la fabbrica appena diciottenne, insieme ad altri beni, ma con la condizione di venirne in possesso soltanto dopo la morte della vedova Marianna Crocetti[3]. Fino a quella data Francesco sarebbe dovuto restare nella condizione di lavorante stipendiato e sotto la direzione della stessa Marianna. Insorsero ben presto, tuttavia, alcuni contrasti tra i due per causa de lavori che si facevano dal ... Sig. Francesco e questi venne allontanato dalla fabbrica. L'anziana donna gli fece pure presentare un'inibizione dalla Sacra Rota di Macerata per essere mantenuta nella possibilità di proseguire il negozio senza la sua presenza. Dal canto suo il Verdinelli pretendeva di tornare a lavorare nella vaseria, non solo perché privo di un'occupazione che gli avrebbe garantito i necessari mezzi di sostentamento, ma soprattutto perché Marianna, in età avanzata, non era più in grado come un tempo di badare all'attività della fabbrica il cui andamento, lasciato perlopiù alla pericolosa cura dei garzoni, era messo in serio pericolo. In un primo momento le due parti decisero di rivolgersi alla Curia Pretorale ma, successivamente, fu rimessa la causa alla Sacra Rota di Macerata. Considerato però il grave dispendio di denaro che un tale procedimento avrebbe comportato, nonché il gran pregiudizio, che intanto riceve l'accennato sig. Francesco non solo col non esercitarsi nell'Accennato suo impiego della Vasaria, ma in non potere provedere al suo sostentamento, risolverono li comparenti ... di ricorrere all'ajuto delli Nobili Signori Giacomo Moroni, ed Agostino Narducci, perché proponessero un Piano di aggiustamento, con cui si provedesse alla reciproca quiete, ed indennità. Dopo alcuni mesi si giunse, proprio dietro proposta dei due notabili montemilonesi, ad una soluzione che venne accettata da entrambe le parti: Marianna avrebbe rinunciato all'usufrutto sui beni del defunto marito dietro corresponsione, da parte di Francesco, di un vitalizio di 150 scudi l'anno[4].
     Le capacità del Verdinelli come vasaio e soprattutto, come pittore ci sono testimoniate dall'Assortati il quale, parlando di quella che fu la sua casa, ricorda anche le fasi più salienti della vita e le tragiche circostanze della morte: Questa Casa era del Sig. Francesco Verdinelli, dal medesimo comprata da [...] Rubisse, che la fabbricò, la dipinse quando sposò la Signora Faustina Sabbatini della Città di Osimo Prima Moglie, dalla quale nacquero Tommasso ora Canonico, bravo Predicatore, degno Sacerdote, e di merito; Giovanni giovane bizzarro, che in tempo del governo Francese per molti anni fù Gendarme, ora assiste nella Vasaria al suo Fratello minore Serafino giovane di ottimi costumi, ed attento per il suo mestiere, il quale sposò Aloisia Fedeli il giorno 16 Feb. 1828. Ultima è Carolina maritata in Fermo. Morta la detta signora Faustina, il detto Sig. Francesco passò alle seconde nozze e prese la Signora Marianna Arcangeli ... ed ha viventi numero tre Figlie Femine, maritata una sola in Macerata, e le altre due sono in Casa. Il povero Sig. Francesco attento e bravo nel suo impiego della Vasaria lasciatagli dal suo compare Catervo Ferrini, che se lo addottò per Figlio oltre al lavorare nella Rota, specialmente di chicchere, dipingeva molto bene. Essendogli venute malamente alcune fornaci di vase, credette per ben conoscerne la causa, trovarsi presente allora quando si sfornavano esse, ed entratovi dentro parecchie volte per osservare la Causa, si riscaldò a segno, che per non averne avuto cura, ci si ammalò, e pochi giorni dopo morì nei primi di Febbraro 1803[5].
     Altra testimonianza del fatto che il Verdinelli esercitava l'attività di pittore è rappresentata da una deposizione di due Garzoni della sua fabbrica, resa in data 26 settembre 1780 al giudice della Sacra Rota di Macerata in occasione del contenzioso con la vedova del Ferrini, dove si può leggere come, a dispetto dell'inibizione a continuare il suo lavoro presso la vaseria il Sig. Francesco Verdinelli … tanto jeri sera, quanto questa mattina è venuto in detta Vasaria, e a continuato a fare i suoi soliti lavori, ed è altresì entrato nella Camera dove soleva esso dipingere avendone aperta la Porta con una Chiave, che aveva presso di se, sebbene quella che ci era jeri a mattina se la facesser riportare in Casa la Detta Sig.ra Marianna …[6]
     La vertenza con la vedova del Ferrini si era conclusa verso la fine del 1782 e da questo momento in poi, la direzione della fabbrica venne assunta a tutti gli effetti dal legittimo erede. Questi, libero oramai da vincoli e condizionamenti, iniziò di li a poco, non ancora maggiorenne, ad attivare quel complesso meccanismo burocratico che lo porterà ad ottenere, nel 1787, la privativa pontificia per la fabbricazione della maiolica. I primi passi per la richiesta del privilegio vennero mossi, con molta probabilità, nell'estate del 1783 quando inoltrò una richiesta, tramite il Governatore Generale della Marca, onde ottenere dal Papa la privativa che gli avrebbe consentito, nel raggio di alcune miglia, di essere l'unico a poter realizzare e commercializzare questo prodotto. A questa domanda venne allegato un interessante promemoria che oltre a riportare le motivazioni per le quali veniva richiesto il privilegio pontificio, fornisce alcune notizie di carattere generale relative alle fabbriche di ceramica presenti nella provincia, alle importazioni del prodotto nella stessa o altre di carattere puramente economico: Francesco Verdinelli Ferrini da Monte Milone nella Provincia della Marca ... ritiene una grossa Fabrica di Majolica bianca eretta in detta Terra dal fù Catervo Ferrini ... Questa Fabrica al presente è sola quantunque nei scorsi anni ne fosse stata promossa un'altra in Sanseverino, ed una terza in Belforte, ma siccome il Verdinelli ha sempre con ogni studio procurato di migliorare i suoi Lavori con molto suo dispendio, così le altre due sovraccennate Fabriche sono state dismesse dai respettivi loro Padroni, perché le loro Majoliche, e per le vernici, e per la pulizia dell'opera non potevano colle sue competere; ...
Per genio dunque di sempre più migliorare la sua Vasaria, Egli ha procurato, oltre la Majolica bianca, d'introdurre i lavori anche di quella dipinta a smalto, e con Oro, facendo venire un abile Professore per farne gli sperimenti, quali a sentimento comune sono riusciti assai aggradevoli, ed Egli è in istato, quando possa assicurarsi di non essere emulato o suppeditato nell'Opera, di far venire ancora altri esperti Professori, coi quali a tale effetto tuttavia mantiene vivi i trattati per poterli a suo tempo far venire, con speranza ancora di poter fabricare coll'ajuto di quelli ogni sorta di lavoro di Porcellana.
A ciò peraltro non può Egli determinarsi, quando dalla Sovrana Clemenza di Nostro Signore non gli venga concessa la Grazia di poter fabricare con privativa ... la detta Majolica bianca, l'altra fiorata a smalto, e la Porcellana ...
1° Perché introducendosi detta Fabrica, lo Stato non si spoglierebbe del denaro, che si manda alle Fabriche di Bassano, ed altre fuori di Stato, ove si fabricano simili Majoliche bianche, fiorate, e Porcellane, delle quali se ne veggono ripieni i Negozj, e le Fiere dello Stato.
2° Perché questa Fabrica terrebbe impiegate molte Persone, e forse al numero di quaranta e più, cominciando dai Legnajuoli, Carreggiatori, Scavatori, e Raffinatori della Terra, Acquaroli, Verniciari, Lavoranti alla Rota, Tornitori, Raffinatori dei Lavori, Fornaciari, Mulattieri, Spacciatori, ed altri ...individui dell'uno e l'altro sesso .
3° Fabricandosi dette Majoliche nello Stato, non essendovi le spese delle Gabelle estere dei trasporti, e dei pericoli, e rischj di Mare e di Terra, potrebbero i sudditi a più vantaggioso prezzo provvedersene ...
6° Finalmente si pone in considerazione l'azzardo che qualche altra Persona, o per emulare il Verdinelli, o per speranza di guadagno, o per altro fine, potrebbe in detto ristretto ... all'intorno promuovere altra simile Fabrica, scavalcando i suoi Operaj col prometter loro maggiori compensi, dopo che che Esso con grave spesa avesse procurato di farli venire, e così ridurre il medesimo all'ultimo esterminio, ai quali casi è troppo necessario prevenire colla detta Privativa ...[7] 

Nota appartenente alle spese di "casa" di Don Giuseppe Sileoni di Monte Milone, per il pagamento di scudi 10 a Francesco Verdinelli, per l'acquisto di alcuni piatti in maiolica decorata con rabeschi e fiori dorati (arch. privato Famiglia Sileoni).

    Relativamente alla maiolica dipinta con Oro la quale, in base al promemoria, appare già fra i lavori che la fabbrica Verdinelli è in grado di produrre, si ha un parziale riscontro in una nota, fra quelle delle spese di "casa" del Canonico Don Giuseppe Sileoni di Monte Milone, per il pagamento di scudi 10 a Francesco Verdinelli, per l'acquisto di alcuni piatti di magliolica decorata con rabeschi e fiori dorati [8].
     Il Camerlengo, cardinale Rezzonico, rispose al Governatore generale della Marca in data 13 agosto 1783: Ritenendo Francesco Verdinelli Ferrini una Fabrica di Majolica bianca nella Terra di Monte Milone, e desiderando esso, che per il giro di Miglia Venticinque a verun altro sia permesso di eriggere consimili Fabriche, chiede pertanto ... la grazia di poter privativamente fabricare per quindici anni la detta maiolica bianca, l'altra fiorata a smalto, e la porcellana. Desidero pertanto, che V. S. Ill.ma m'informi sull'esposto, e mi significhi altresì il di lei sentimento ...[9]
     La risposta non si fece attendere e nel settembre del 1783, così scriveva il Governatore: Prese le più accertate informazioni sull'esposto a Nostro Sig.re da Francesco Verdinelli Ferrini concernente la fabrica delle Majoliche fine tanto bianche, quanto fiorate, e dipinte a smalto ed anche delle Porcellane, ha rilevato, che tanto in Monte Milone, quanto in Sanseverino, e Belforte vi sono alcune piccole fornaci, che hanno lavorato anche di majoliche bianche ma imperfette, e di cattiva qualità ... [il Verdinelli] è certissimo, che non può riuscire senonché di utile, e commodo allo Stato la privativa che richiede ... per motivo che la qualità dei Testacei è ottima, e di bellissima apparenza, ed il prezzo è assai convenevole, e discreto, ed è pur certo, che questa fabrica non può andare a mancare, come le altre sovraccennate, poiché essendo la più antica, si è sempre mantenuta per il corso di sopra quarant'anni in pieno credito, e sempre più crescerà, quando ottenga dalla Santità Sua la richiesta di privativa, poiché, così assicurato il Verdinelli farà venire quei bravi Professori, che ha incaparrati, quali, senza la detta privativa, non complirebbe al medesimo di a se chiamare sul pericolo, che da qualche genio emulante gli venissero subornati, e scavalcati sul supposto di volere eriggere qualche altra Fabrica. Io sarei dunque di sentimento, lasciando agli altri la libertà di fare ogni altra sorte di vasellaria ordinaria, convenisse l'accordare al solo Verdinelli la Fabrica delle Maioliche bianche, fine, fiorate, dipinte a smalto, e delle Porcellane nel distretto da esso richiesto ...[10]
     Relativamente ai bravi Professori a cui si fa riferimento nella lettera sappiamo già che prima del 1783 un artista esperto di pittura a smalto, citato nel Promemoria, era presente nella vaseria Verdinelli. A questo pittore va senz'altro attribuito il merito di aver importato a Monte Milone dopo il 1778[11], anno in cui Francesco ereditò la vaseria, la tecnica per la decorazione a smalto delle maioliche e, stando ai documenti citati, quella per la realizzazione della porcellana. Il Boldorini e Giuseppe Fammilume vollero riconoscere nell'anonimo pittore un tale Lorenzo Passetti di Firenze «il quale probabilmente portò quell'ornamento diffuso nel secondo settecento dalla manifattura di porcellana dei Ginori a Doccia»[12]. Questa ipotesi, non suffragata da nessuna fonte archivistica nota, nacque da alcune considerazioni dei due[13] che, innanzitutto, avevano letto questo nome nel documento con il quale veniva concessa la privativa, ritirata dall'Ill.mo Signor Abbate Canonico D. Luigi Passetti figlio del fù Lorenzo da Firenze[14] e, soprattutto, dalla conoscenza di alcuni pezzi, ritenuti di origine montemilonese, fra i quali un piatto che, intorno al 1940 era conservato presso il Museo delle Memorie Patrie Pollentine del quale una foto venne inviata dal Fammilume, il 4 febbraio 1941, a Gaetano Ballardini. Questo il giudizio dell'insigne studioso:
     Ho esaminato la fotografia ed i disegni uniti alla lettera ed osservo che il piatto è decorato con uno schema ornamentale diffuso nel secondo Settecento, dalla Manifattura di porcellane dei Ginori a Doccia presso Firenze. Tenuto Conto del fatto che il Passetti, assunto dal Verdinelli, proveniva da Firenze, la copia non sorprenderebbe. Epperò resta da osservare con attenzione se il piatto sia di porcellana o di maiolica: dalla fotografia ciò non può dedursi mentre, d'altro canto, il suo "fine spessore" farebbe pensare ad una porcellana. In tal caso, essa dovrebbe ricondursi alla produzione dei Ginori.[15]
     Il 24 luglio 1787 il Verdinelli ottenne dal Pontefice Pio VI la Privativa delle Fabbriche di Majoliche di qualunque sorta, si colorate ... che bianche, alle quali si vuol estendere la manifattura nella Terra di Monte Milone, e suo circondario per l'estensione all'intorno di Dieci Miglia, e ... che debba tal Privativa durare per anni dieci[16].
     Quanto alla produzione di Francesco Verdinelli[17], che purtroppo non firmava gli oggetti da lui realizzati, gli unici pezzi che in base allo stato attuale delle ricerche gli possono essere attribuiti con certezza, per mezzo di una ricevuta rilasciata dal ceramista e di alcune note contabili, sono quelli appartenenti al Corredo da Farmacia dell'Ospedale Grande di Gubbio[18] (foto da 1 a 6) realizzati nel 1795. Questo però non significa, come vedremo più avanti, che non se ne conoscano altri.
1) Vaso da farmacia in maiolica decorata a gran fuoco, h cm 38. Monte Milone, Fabbrica Francesco Verdinelli, 1795. Gubbio, Museo e Pinacoteca Comunale di Palazzo dei Consoli. Inv. nr. 2392 (cat. nr. 246). 
Il vaso, appartiene al corredo da farmacia dell'Ospedale Grande di Gubbio realizzato nella Fabbrica di Francesco Verdinelli nel 1795. Fa parte di una serie residua di 18 vasi, conservati nel Museo, dal corpo ovoidale su piede sagomato, anse incurvate verso l'interno sulla parte superiore che assumono forma di foglia nella parte inferiore. Completa la forma un coperchio con pomello. Su ambo i lati dei vasi è dipinto l'emblema dell'Ospedale, costituito da una M sormontata da una croce. Attorno alla base del coperchio e sul collo è dipinta una serie di motivi fitomorfici ad andamento triangolare. Filetti sono dipinti attorno al coperchio e alla base. Nella parte bassa del ventre corre una fascia entro la quale è ricavato, nella parte anteriore, il cartiglio con il nome del contenuto farmaceutico del vaso, mentre la parte posteriore è ornata con una ghirlanda di perline e foglie. All'innesto con il piede è un giro di foglie con venature ben evidenziate. (La descrizione sopra riportata è tratta, con alcune varianti, da F. Cece, E. Sannipoli, Un'Opera …, cit. pp. 29-33 e da C. Fiocco, G. Gherardi, Museo Comunale …, cit. pp. 50, 214-235)

2) Vaso da farmacia. Veduta frontale con la scritta Coloquintid.
3) Vaso da farmacia. Veduta laterale.
4) Versatore in maiolica decorata a gran fuoco, h cm 29. Monte Milone, Fabbrica Francesco Verdinelli, 1795. Gubbio, Museo e Pinacoteca Comunale di Palazzo dei Consoli. Inv. nr. 2330 (cat. nr. 274)
Il versatore appartiene al corredo da farmacia dell'Ospedale Grande di Gubbio. Fa parte di una serie residua di 22 versatori, conservati nel Museo, dal corpo ovoidale su alto piede sagomato, pippio a tubetto rastremato e leggermente incurvato. Completa la forma un coperchio con pomello. Attorno alla base del coperchio e sul collo è dipinta una serie di motivi fitomorfici ad andamento triangolare. Sono presenti filetti al coperchio e alla base. Attorno al ventre corre una fascia, ornata sul retro con una ghirlanda di perline e foglie, dove anteriormente è stato ricavato il cartiglio con il nome del contenuto farmaceutico. Sotto la fascia è l'emblema della farmacia, mentre all'innesto con il piede è un giro di foglie con venature ben evidenziate. L'ansa è percorsa da un tralcio. (La descrizione sopra riportata è tratta, con alcune varianti, da F. Cece, E. Sannipoli, Un'Opera …, cit. pp. 29-33 e da C. Fiocco, G. Gherardi, Museo Comunale …, cit. pp. 50, 214-235) 
5) Versatore. Veduta frontale con la scritta Syr. Althee Sim.

6) Versatore. Veduta di tergo.
Fra gli altri decori presenti sul corredo vogliamo qui segnalare quello “a giro di foglie” (foto 7) che, sebbene si tratti di un elemento complementare, verrà ripetuto molto di frequente nella produzione fino alla metà del sec. XIX (foto da 8 a 10) tanto da diventare un elemento caratteristico che ci consente spesso di riconoscere e ricondurre alla nostra produzione molti pezzi non firmati.
7) Decoro a giro di foglie. Francesco Verdinelli.

8) Decoro a giro di foglie in blu. Metà ‘800 circa.
9) Decoro a giro di foglie in verde. Metà ‘800 circa. 

10) Decoro a giro di foglie in blu. Metà ‘800 circa.
Gli altri oggetti riconducibili alla produzione del Verdinelli sono quelli identificati, diversi anni or sono, da Erica Terenzi[19], che ha avuto il merito di restituire alla produzione montemilonese dall’ultimo quarto del settecento ai primi anni dell’ottocento una serie di oggetti fino a quel momento attribuiti, in modo erroneo, a Pesaro, oltre ad averne descritto in maniera molto esaustiva le caratteristiche tanto da renderli riconoscibili con una certa facilità anche ai non esperti. Non posso qui descriverli tutti e mi soffermerò su quello della foto 11, forse il più emblematico, e su quello della foto 12.
11) Caffettiera. Fabbrica Francesco Verdinelli. Ultimo quarto sec. XVIII. Museo di Pesaro. Tratta dal sito www.museicivici.comune.pesaro.pu.it. 

Il primo è una caffettiera dal corpo piriforme e baccellato con ansa triangolare cuspidata e beccuccio zoomorfico. Il decoro è alla “rosa di Montemilone”:
«Nel mazzo floreale montemilonese la rosa non riveste un ruolo principale ma generalmente lo condivide con un altro fiore comprimario che le viene opposto specularmente (tipicamente un tulipano, un garofano o una peonia –anemone). Quando i fiori in primo piano raggiungono il numero di tre, vengono disposti, nella quasi totalità dei casi, con una configurazione triangolare.
I fiori accessori utilizzati per arricchire, bilanciare e completare l’intera decorazione ricorrono nella produzione di Monte Milone con una certa assiduità tanto da connotarne il disegno.
Inoltre la concavità delle foglie è resa con un tratteggio degradante semicircolare caratterizzante l’intera produzione settecentesca montemilonese decorata a smalto…
… Molto spesso i motivi decorativi sono abbelliti da raffinate farfalle e contrariamente alla produzione Casali e Callegari, da altri insetti naturalistici che arricchiscono l’intero disegno.[20]».
Un altro oggetto che vorrei riportare, quello della foto 12, è un’altra caffettiera con caratteristiche abbastanza simili, anche se di qualche anno più tarda, a quella precedente. È identica, per forma, a quella della foto 13, realizzata nel secondo quarto dell’800, che presenta il tipico decoro alla rosa blu di quel periodo applicato però su uno stampo settecentesco al quale erano state apportate alcune lievi modifiche[21].
12) Caffettiera. Fabbrica Francesco Verdinelli. Ultimo quarto sec. XVIII. Tratta dal sito www.cambiaste.com.
13) Caffettiera in maiolica decorata alla rosa blu, h cm 19, Monte Milone, 1835-1845. Pollenza, Museo Comunale.

Un’altra attribuzione che, a mio avviso, può essere fatta alla fabbrica di Francesco Verdinelli è la coppia di vasi della fig. 14. Si tratta di due vasi decorati con mazzetti di fiori, una fascia costituita da una corda tesa a foglie intrecciate alla quale si avvolge, a spirale, una seconda corda uguale all’altra. Completano le composizioni alcuni fiori sparsi ed insetti naturalistici, due fasce a piccoli rombi alla base ed all’innesto del corpo ed una fascia in oro all’orlo. Lo smalto, dai colori insoliti per questi soggetti, presenta diverse sfumature di cinerino e pesca, alcune parti in bianco e altre in oro. Nei motivi decorativi ritroviamo alcune delle caratteristiche individuate dalla Terenzi ovvero la concavità dei petali (foto 14a e 14b) resa con un tratteggio degradante semicircolare, il tulipano con il petalo ricurvo verso il basso e la presenza degli insetti naturalistici. Il motivo della fascia a foglie intrecciate compare anche nella villeuse rappresentata nella foto 15 che in questo caso è verde e nera. Tale oggetto è del tutto simile ad uno di quelli individuati sempre nello studio di Erica Terenzi come montemilonesi, sia pur non ascrivibile secondo la studiosa alla produzione del Verdinelli ma che, in virtù della presenza della fascia e di altri elementi decorativi, riteniamo possa attribuirsi invece allo stesso ceramista.
14) Coppia di vasi in porcellana. Fabbrica Francesco Verdinelli. Ultimo quarto sec. XVIII. Collezione privata.
14a) Particolare dei decori.
14b) Particolare dei decori.

14c) Particolare dei decori.

14d) Particolare dei decori.
15) Veilleuse in maiolica policroma. Fabbrica Francesco Verdinelli. Ultimo quarto sec. XVIII. Tratta dal sito www.sothebys.com.
I due vasi della fig. 14 sono appartenuti alla famiglia Ricci Petrocchini di Macerata e facevano parte degli arredi della loro residenza pollentina[22], per cui possiamo pensare che li avessero commissionati direttamente al Verdinelli. Uno dei due venne poi immortalato, nel 1941, in un quadro dall’ultimo discendente della famiglia, il pittore pollentino Fabio Failla (foto 16). 
16) Fabio Failla. Fiori con vaso. Olio su carta.1941.
Tuttavia i motivi sopra addotti per attribuirli alla produzione del Verdinelli non sarebbero sufficienti se non fosse presente nelle decorazioni un tipo di rosa, che sappiamo bene essere presente in molti pezzi realizzati a Montemilone nel secondo quarto dell’ottocento e sicuramente attribuibili alle nostre fabbriche. È quella della foto 14b: certamente un rosa tipica della ceramica di Pollenza ma si tratta, in questo caso, di uno dei modelli, o forse proprio del modello, delle rose che verranno realizzate nei decenni successivi ed a secondo fuoco (foto da 17a a 17e). 
17a) Rosa montemilonese della prima metà dell’800.

17b) Rosa montemilonese della prima metà dell’800.

17c) Rosa montemilonese della prima metà dell’800.

17d) Rosa montemilonese della prima metà dell’800.

17e) Rosa montemilonese della prima metà dell’800.

Lo schema si contraddistingue per il corpo dei petali, che ancora devono schiudersi, dalla forma ovoidale o ovoidale schiacciata che si stacca graficamente dagli altri petali già aperti con linee più chiare o più scure. Presenta sempre una linea al centro ad andamento curvilineo, una specie di archetto, che parte dai sepali per unirsi alla sommità dei petali che ancora devono aprirsi sempre rappresentata da un cerchio con campitura scura: appare come un ulteriore piccolo fiore stilizzato all’interno della rosa. Quasi tutte quelle conosciute della produzione della prima metà dell’ottocento montemilonese (foto da 17a a 17e)  sono eseguite secondo questo modello che rappresenta, evidentemente, un’eredità della produzione del Verdinelli sia pure molto semplificata.
Un discorso a parte va fatto per il materiale con cui sono realizzati questi due vasi, una porcellana dura dal colore leggermente grigiastro. L’utilizzo, da parte della fabbrica Verdinelli, di questo materiale viene attestato dai documenti sopra riportati e relativi alla privativa, che il ceramista aveva richiesto, ricordiamo, anche per la produzione della porcellana stessa. Appare evidente il fatto che se aveva avanzato una tale richiesta era perché già in grado di realizzarla. Del resto anche nella risposta del 1783 del Governatore Generale della Marca di Ancona al Camerlengo cardinale Rezzonico si può leggere che … per motivo che la qualità dei Testacei è ottima … convenisse l'accordare al solo Verdinelli la Fabrica delle Maioliche bianche, fine, fiorate, dipinte a smalto, e delle Porcellane nel distretto da esso richiesto.

     Tornando al discorso sulle fabbriche dobbiamo qui ricordare che, subito dopo la morte del Ferrini, il Verdinelli si trovò costretto a trasferire la vaseria nell'immobile della Porta del Colle, lasciando la casa presso la Collegiata, che nel frattempo gli Assortati avevano dato in dote a una sorella: morto il padre del [Verdinelli], vollero gli Assortati dare in dote ad una loro sorella detta casa, e perciò con disdetta della locazione [lo] obbligarono ... a dimetterla e a riportare detta Fabrica nelle Casette, da lui ereditate e mancanti come si disse di detta Casetta, e terreno[23].
     Si trattò, in buona sostanza, di un sotterfugio degli stessi Assortati, operato ai danni del Verdinelli, che si vide costretto a trasferirsi in un immobile privo di alcuni spazi indispensabili al funzionamento della vaseria, escogitato non solo per poter disporre dell'immobile presso la Collegiata onde aprire una nuova fabbrica di maioliche, l'abbiamo visto, con l'aiuto del Caprari, che si lusingarono poter ridurre alla perfezione delle altre, che si lavorano dal [Verdinelli], benché non vi siano riusciti sicché ripresero in affitto dal Marito della loro Sorella ... detta Casa, ma soprattutto al fine di bloccare l'attività del Verdinelli, avendo fatto acquistare poco tempo prima da un loro zio, don Licinio Assortati, la casetta e l'orto appartenuto al Mucci. Ciò avveniva nel 1782, quando il Caprari trasferì la propria attività nella fabbrica presso la Collegiata.
     Ne nacque una vertenza che si concluse soltanto nel 1785, quando il Verdinelli riuscì a comprare questa casa con l'orto che gli Assortati, loro malgrado, gli dovettero cedere obbligati dalle autorità pontificie le quali riconobbero validi i diritti del vasaio[24].
     Sappiamo già che la direzione dell'opificio presso la Collegiata venne assunta nel 1789 da Luigi Venanzoli. Questi aveva lavorato presso la fabbrica del Ferrini e successivamente, quando Francesco Verdinelli era subentrato al padre adottivo già da alcuni anni, decise di lasciare la vaseria della Porta del Colle a causa di contrasti insorti col Verdinelli stesso[25]. Fu una scelta indubbiamente coraggiosa, visto che era pienamente operante la privativa concessa da Pio VI. Quando Luigi Venanzoli chiese nel 1789 il permesso di collocare un macinetto nel vallato del mulino del Paese, ottenne subito la concessione dal Consiglio Comunale[26]: era un atto che, se non contravveniva in maniera palese ad una direttiva papale, incoraggiava di fatto il Venanzoli a farlo, in quanto i colori prodotti col macinetto servivano anche e soprattutto, alla fabbricazione della maiolica mentre lo stesso, stando alla privativa, si sarebbe dovuto limitare a produrre oggetti ordinari in terracotta.
     Le preoccupazioni di una parte del Consiglio Comunale avversa al Verdinelli, costituita da alcuni componenti della famiglia Assortati e da altri notabili a loro imparentati, oltre che da evidenti interessi personali, erano dovute alla situazione venutasi a creare dopo il 1787, quando la crescita economica del paese risultava bloccata dall'impossibilità di sviluppo degli altri opifici, la cui esistenza stessa era messa in forse dalla proibizione di fabbricare maioliche e di esportarle. Questi timori sono ben descritti in una lettera del 1797, quando la privativa stava per scadere, inviata da un anonimo al Tesoriere Generale dello Stato Pontificio per il Popolo di Monte Milone nella Marca: Il Popolo di Monte Milone nella Marca Oratore Umilissimo dell'E. V. Reverendissima con tutto l'ossequio espone aver'ottenuto Francesco Ferrini con grave danno degl'Oratori, dall'Antecessore di V. E. Reverendissima la privativa della Majolica per anni dieci, che ora sono per spirare, ed avendo perinteso, che il suddetto Ferrini usi dei maneggi per averne la conferma per altri dieci anni, o veramente in perpetuo, ricorrono perciò gl'Oratori a V. E. Reverendissima, perché in vista del grave danno, che ha fin'ora sofferto la Popolazione per una tal privativa, che non è servita ad altro che per aver posta la carestia ad una tal mercanzia, si degni V. E. Reverendissima di non accordare ulteriormente l'esercizio della pretesa privativa.[27]. In effetti le ragioni addotte dall'anonimo autore della lettera, al di là dall'essere espressione di rancori personali nei confronti del maiolicaro, appaiono reali e concrete poiché il privilegio bloccò, di fatto e per alcuni anni, la libera iniziativa degli altri vasai che operavano in paese. Come narra Domenico Assortati, vi furono dei tentativi di contravvenire alla privativa, soprattutto da parte del Venanzoli, che molto spesso fallirono in quanto il Verdinelli, forte del privilegio pontificio, non esitava a far sequestrare le maioliche che il suo ex dipendente tentava di vendere nelle fiere e nei mercati della Provincia.[28].
     Altre preziose notizie sulla famiglia Venanzoli, sulle loro origini e sul negozio di vasaria, ci vengono fornite ancora dal manoscritto di Domenico Assortati: La Famiglia Venanzoli deriva da un tal Bartolomeo di Osimo, il quale partitosi dalla sua Patria andette a fare il Vasaro in Ancona, ma da onta della sua professione, andatogli male il suo negozio, lasciò la d.a Città di Ancona, e si portò in Tolentino, ove si accasò con una Vedova Tolentinate, da essa naque Luigi Padre degli Odierni Fratelli Venanzoli. Il detto Luigi pertanto esercitava l'arte di Vasaro, conforme lo faceva Catervo Ferrini Tolentinate, il quale era in qualità di garzone nella Vasaria, che qui teneva aperta Niccola Mariani, Marito di Marianna Crocetti Sorella Carnale del detto Gregorio, fuori la Porta detta del Colle, ora aperta dalli Figli Verdinelli, ed abbisognando egli lavoranti, fece quà venire li surriferiti Catervo e Luigi, e ciò fù nel 1750. Morto il suddetto primo Marito, ed essendo giovane di bell'aspetto il detto Catervo, si unì in matrimonio colla sua padrona Marianna, e così seguitata la Vasaria col Nome di Ferrini come più diffusamente si dirrà a suo luogo.
     Il detto Luigi adunque era bravo lavorante ... Finché visse il detto Ferrini, fù nella sua Bottega, dopo continuò con i due suoi figli nella medesima professione sotto Francesco Verdinelli lasciato Erede dal detto Ferrini: disturbatosi credette iniziare[?] una nuova bottega, non ostante che il detto Verdinelli avesse ottenuto dal Pontefice Pio VI una privativa di Vasi a guisa di Majolica per anni 10, se non erro. Aperto detto negozio, e venutogli a seconda de suoi desideri, sminuiva il denaro al Verdinelli, quale coll'arco teso gli procurava prendere il detto Venanzoli in fallo, come gli riuscì, e frà le altre volte, una fù nella Fiera dopo le Pentecoste in Treja, che molto lo disestò. Morto il Verdinelli, terminata la detta privativa si dette tutto l'impegno per accrescere il negozio, ed assistito dai suoi Figli, ha potuto in poco tempo eguagliare il negozio Ferrini. Intanto comprò una Casa, ..., ed è quella dove abitano presentemente poi l'altra alla medesima contigua ... e finalmente morto il Sig. Giuseppe Catoni marito di Settimia mia Sorella senza successione, la medesima avendo avuto da Noi per porzione di dote la Casa ...; la detta Sorella ricevuta detta casa per conto di sua dote dall'Erede proprietario Sig. Francesco Marchetti la medesima la di poi venduta al Venanzoli per il prezzo di scudi 1100 ... alla moneta che valeva in quell'epoca. La detta Casa è quella dove oggi i Fratelli Venanzoli tengono il negozio di Vasaria, nella quale antecedentemente al matrimonio di essa Sorella vi era il negozio Ferrini Verdinelli situata nel quartiere S. Maria .... I Figli pertanto avuti detto Luigi da Francesca sono, Giuseppe ... Lorenzo che è attuale capo di Bottega assistente alla medesima è bravo lavorante, avendo molto contribuito nel principio del negozio a suo Padre, ed è nubile. Antonio, ma di poca abilità in detta professione, è solamente buono nelli lavori di stampa, conforme a suo Fratello Giuseppe... [29].
     Quanto narrato dall'Assortati trova una parziale conferma nel rogito notarile, stipulato il 15 gennaio 1801, con il quale i Venanzoli acquistarono la fabbrica[30].
     In conclusione possiamo rilevare, da quanto sinora esaminato, come l'andamento degli opifici montemilonesi nella seconda metà del '700 fosse sostanzialmente positivo anche durante il periodo di crisi che afflisse l'economia della regione nel finire del secolo[31]. È vero, però, che nell'ultimo decennio la privativa concessa al Verdinelli arrestò momentaneamente il processo di sviluppo, favorendo una sola vaseria a discapito delle altre. Questa situazione riflette un quadro economico più generale, quello della Marca settecentesca, dove le poche manifatture esistenti, contando di più sui privilegi governativi, o su strutture di tipo corporativo, non furono capaci, nella maggioranza dei casi, di operare mediante uno spirito autenticamente imprenditoriale. Come ha fatto notare il Caracciolo: «questa capacità imprenditoriale, che è una somma di fatti, attitudini, di esperienze e così via, non appare presente intorno alle industrie che pur nascono, in certa misura, nelle Marche del '700 ... O sono industrie di lusso, o sono industrie protette, che hanno l'esclusiva del Papa per la loro produzione in un certo campo, e non contano invece sulle proprie forze, come accade nei paesi nei quali lo sviluppo industriale è basato su forze autentiche ...» [32]. Sotto certi aspetti una eccezione a questo modus operandi è senz'altro quella del Venanzoli che, nonostante gli appoggi ricevuti, ebbe il coraggio di arrischiarsi, peraltro con successo, in un investimento considerevole rispetto alle proprie possibilità e che, poco prima della sua morte, avvenuta nel 1810, gli consentirà di vedere triplicata la somma di 1100 scudi investita per l'acquisto della vaseria[33].



[1] Da un atto notarile del 21 agosto 1782, risulta che Francesco era minore di anni 25 (l'eta in cui all'epoca si diventava maggiorenni) e che aveva compiuto il ventiduesimo anno di età; A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol 4292. La data di nascita registrata nel libro dei Battesimi dell'Archivio Parrocchiale e Capitolare della Collegiata di San Biagio (in seguito, A. P. S. B. Pollenza), in Pollenza, appare illeggibile per una cancellatura.
[2] Archivio di Stato di Macerata (in seguito, A. S. Macerata), Notarile di Macerata, vol. 4291.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem, vol. 4292.
[5] D. Assortati, Notizie..., cit., c. 101r.
[6] A. S. Macerata, Rota, b. 3982.
[7] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[8] Sulla figura del Canonico Don Giuseppe Sileoni, cfr. F. Sileoni, La Croce …, cit., pp. 39-47. Per quanto la descrizione riportata sulla nota non sia esaustiva, si può pensare ad una tipologia di decoro costituita da una fascia geometrico-floreale (rabeschi) e fiori realizzati interamente in oro, oppure con colori e lumeggiature dorate. In ambedue i casi si doveva trattare di una decorazione che attualmente non è riconducibile alla produzione del Verdinelli. Neanche fra quelle individuate dalla Terenzi come montemilonesi ne figura una assimilabile a questa. Cfr. E. Terenzi, La Maiolica …, cit.
[9] A.S. Macerata, Governatore Generale della Marca, vol. 507.
[10] Ibidem.
[11] Non escludiamo, tuttavia, la presenza di questo artista anche precedentemente alla morte di Catervo Ferrini poiché, come sappiamo, anch'egli volle ampliare la fabbrica e ridurla a fine maioliche.
[12] La citazione è tratta da un singolare acquerello, realizzato dal pittore G. Fammilume di Pollenza e pubblicato in A. Valentini (a cura di), La Ceramica … cit., con alcune brevi notizie raccolte dal Boldorini sull'industria Ceramica Pollentina.
[13] A.C.M.P., Busta 41, "Ceramica", prot. 1646.
[14] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[15] A.C.M.P., Busta 41 "Ceramica", Prot. 1253. Sulla stessa lettera appare una breve nota, scritta a penna dal Fammilume: la presente riguarda il piatto della fabbrica Verdinelli e dei frammenti di ceramica donati dal Signor Antonio Tamagnini al Melograno e da Remo Marinozzi. Il piatto, purtroppo, non è più presente fra gli oggetti conservati presso il Museo delle Memorie Patrie Pollentine.
[16] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[17] La Fabrica delle Maioliche, che si tiene dal detto Sig. Francesco Verdinelli Ferrini ... riesce di molto credito, per esser bella, e comoda, sicché da Paesi circonvicini, e dalla Provincia della Marca vengono, e mandano più persone ad accivirsene, per Credenze da Tavola, per Chicchere, Catini, Bronzini, Tazze, ed altri Generi fatti a vernice bianca, e dipinta a smalto. A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[18] Cfr., F. Cece, E. Sannipoli, Un'Opera Documentata della Fabbrica Francesco Verdinelli di Monte Milone, in "Gubbio Arte", XX, 2002, n. 1, pp. 29-33. In questo articolo viene dimostrata, con motivazioni a nostro avviso molto attendibili, l'esecuzione del corredo farmaceutico nella fabbrica del Verdinelli. Per una descrizione puntuale ed analisi storico-artistica dei pezzi cfr. pure C. Fiocco, G. Gherardi, Museo Comunale di Gubbio. Ceramiche, Perugia 1995, pp. 50, 214-235.
[19] Sull'argomento della maiolica montemilonese a terzo fuoco rimandiamo al saggio di Erika Terenzi, La maiolica di Monte Milone (Pollenza) decorata a smalto tra XVIII e XIX secolo, in "Faenza", LXXXIV, 1998, fascc. I-III, pp. 58-90. Sebbene in questo saggio non compaia una prova definitiva che gli oggetti presentati siano effettivamente attribuibili alla fabbrica Verdinelli, riconosciamo comunque alla dottoressa Terenzi, per alcune delle motivazioni da lei addotte, il merito della riscoperta di questa produzione come di quella del primo ottocento montemilonese.
[20] Erika Terenzi, La maiolica …, cit., pag. 73.
[21] Se per la seconda caffettiera nessuno metterebbe in discussione l’attribuzione ad una delle fabbriche esistenti a Monte Milone nel secondo quarto dell’800, non penso possano esserci dei dubbi ad attribuire la caffettiera decorata a terzo fuoco alla stessa produzione in quanto lo stampo è praticamente lo stesso di quello utilizzato alcuni decenni dopo.
[22] I due vasi sono stati venduti in un’asta del 2009 degli arredi di Palazzo Ricci Petrocchini di Pollenza.
[23] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[24] Ibidem.
[25] D. Assortati, Notizie ...,  cit., c. 32v.
[26] A. S. C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1780-1790, c. 151 r e v.
[27] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[28] D. Assortati, Notizie ..., cit., cc. 32v-33r.
[29] Ibidem.
[30] A.S. Macerata, Notarile Macerata, vol. 4673.
[31] Sull'argomento cfr. A. Caracciolo, Le grandi fasi ..., cit., p. 2 e segg.
[32] Idem, L'economia regionale ..., cit., p. 162.
[33] Nonostante la scarsa circolazione di moneta di fine Settecento il Venanzoli riuscirà ad accumulare un considerevole capitale di 16650 lire italiane pari a circa tre volte l'investimento fatto con l'acquisto della vaseria. A.S. Macerata, Notarile di Treia, vol 1268.

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