La
crisi di metà Ottocento. La decorazione in blu e in verde.
Il
secondo quarto del secolo è segnato dal netto passaggio ad una nuova
generazione di maiolicari. Scomparvero infatti, in poco meno di un decennio,
tutti quegli uomini che alcuni anni prima avevano saputo creare, con il loro
ingegno, un'industria stabile e fiorente, fonte di guadagni e di benessere per
il piccolo centro della Marca.
Antonio
Venanzoli morì nel 1838 e il fratello Lorenzo l'anno seguente. A questi
successero nella direzione della fabbrica due dei sette figli di Antonio,
Ignazio e Niccola. Felice Rosati morì nel 1840 lasciando in eredità la fabbrica
ai suoi tre figli maschi Gaetano, Generoso e Giuseppe. Lo stesso anno veniva a
mancare Giuseppe Ranieri mentre il fratello Francesco morì, qualche anno dopo,
nel 1846. La loro fabbrica passò ai tre nipoti ex sorore, Giambattista, Felice e Niccola, figli della sorella Rosa
e del pittore Pietro Bianchedi.
Intanto
nei paesi limitrofi, sulla scia del successo conseguito dalle fabbriche
montemilonesi, alcuni ceramisti si orientarono ben presto verso una produzione
simile alla nostra. Così a Fabriano dove, nel 1834, Antonio Ronca aprì una
fabbrica di stoviglie di maiolica ad imitazione di quelle di Monte Milone[1]
o, anche, a San Severino dove nel 1837 il maceratese Stefano Ambrosetti
impiantò un'altra fabbrica di maioliche sul genere di quelle di Monte Milone[2].
Ciò contribuì ad instaurare un certo regime di concorrenza che in un primo
momento non sembrò influire più di tanto sull'andamento economico degli opifici
montemilonesi se ancora, nel 1836, erano vivi i rapporti commerciali degli anni
precedenti, soprattutto quelli che avvenivano tramite il porto di Ancona.
Questa
circostanza è testimoniata da una lettera inviata dal Priore di M. Milone al
Delegato Apostolico di Macerata, in occasione dell'epidemia di colera[3]
scoppiata in quell'anno nella città portuale, quando un cordone sanitario
disposto dalle autorità pontificie isolava il territorio anconitano dal resto
della regione. Quanto emerge dal documento è ovviamente la preoccupazione che
il momentaneo blocco delle vie di comunicazione potesse impedire il trasporto
delle maioliche verso Ancona ma, soprattutto, veniva lamentata l'impossibilità
per le fabbriche di rifornirsi di piombo e stagno, due elementi indispensabili
per la realizzazione dei colori, il cui protrarsi avrebbe comportato la
chiusura degli opifici stessi:
L'interdetto comercio colla città di
Ancona, e colle altre Città, e paesi, tanto della nostra Provincia che delle
limitrofe, è in procinto di arrecarci danni gravissimi.
La massima parte della Classe
operaria di questo Paese trae la sussistenza dalle quattro fabbriche di
Majoliche qui esistenti; mancando i piombi, ed i stagni che prendevano in
Ancona per comporre le vernici; mancando le comunicazioni per asportar fuori e
vendere le Majoliche dopo fatte, le fabbriche fra pochi giorni andranno a
chiudersi, e nel momento una quantità di Famiglie resteranno senza pane.[4]
Nel
periodo seguente la situazione delle vaserie rimase abbastanza stabile, tanto
che dalla statistica delle fabbriche del 1848[5]
non emergono mutamenti significativi rispetto al decennio precedente. Sono
ancora attivi infatti a quella data gli opifici di Ignazio Venanzoli, dei
fratelli Bianchedi, di Serafino Verdinelli e dei fratelli Rosati[6].
Lo stesso documento contiene anche una importante descrizione delle tecniche
adottate per la realizzazione delle maioliche, dei materiali utilizzati nonché
il calcolo analitico dei costi di esercizio e dei ricavi delle quattro vaserie
nel corso di un anno[7].
Stando
ai dati desumibili da un ruolo dei contribuenti per la tassa di esercizio delle
arti[8]
la situazione economica mutò consistentemente soltanto due anni dopo, quando il
capitale di ogni fabbrica, del quale
però le modalità di calcolo non vengono specificate, risultava all'incirca
dieci volte inferiore, ovvero oscillante tra i 100 e i 150 scudi, rispetto a
quello riportato nella statistica del 1848. Anche il numero degli occupati,
complessivamente 13 per i quattro opifici esistenti, appare ridotto di molto.
Fra i nomi dei direttori o proprietari delle fabbriche, inoltre, non compare
più quello dei fratelli Rosati che avevano momentaneamente sospeso la loro
attività di maiolicari lasciando la loro vaseria sotto la direzione di Niccola
Benedetti.
Questi
dati, della cui attendibilità è lecito dubitare poiché il divario con quelli
del 1848 appare realmente troppo accentuato, costituiscono tuttavia la
testimonianza di un momentaneo rallentamento nel commercio, prima avvisaglia di
un processo di regressione economica per l'attività delle vaserie, che, fatta
eccezione per un breve periodo di ripresa intorno agli anni dal 1852 al 1856,
si protrarrà fino al 1860 ed oltre.
Una
delle conseguenze di questa crisi fu senza dubbio il riflesso negativo sulla
produzione. Lo dimostrano alcune dichiarazioni, allegate al Ruolo, nelle quali
gli stessi maiolicari asserivano di fabbricare soltanto maioliche ordinarie o vasi di
mezza maiolica. Queste testimonianze sono indicative di una tendenza
generale, quella di indirizzarsi verso un mercato più vasto, con oggetti di uso
comune, mediante procedimenti di fabbricazione più semplici che consentivano un
maggiore contenimento dei costi. Il passaggio avvenne però gradualmente, a
partire dagli anni intorno al 1840 con l'abbandono della decorazione a smalto,
per compiersi nella sua interezza verso la metà del secolo quando i maiolicari
montemilonesi si orientarono definitivamente verso un repertorio più semplice e
qualitativamente inferiore, se paragonato a quello del primo quarto di secolo.
Negli anni che precedono il 1850, periodo di transizione verso uno stile quasi
completamente rinnovato, è possibile individuare due fasi distinte. La prima è
caratterizzata da una oramai stanca sopravvivenza di motivi tradizionali nei
decori, come quelli fitomorfici della rosa e i fiori sparsi, o nelle forme,
derivanti spesso da stampi di fine settecento o dei primi anni dell'ottocento
ai quali era stata apportata qualche leggera modifica. La seconda vide pian piano
scomparire questi motivi ai quali si sostituirono decorazioni più semplici,
spesso essenziali, non prive di una certa raffinatezza ma lontane, oramai,
dalle pregevoli realizzazioni di qualche decennio precedente.
Un'esemplificazione
di quanto sopra esposto, relativamente alla prima fase, si ha nei due pezzi
rappresentati nelle foto 1 e 2. Il vassoietto è decorato con i tipici filetti
in blu e la rosa centrale, ancora in monocromia blu, che era uno dei motivi più
diffusi, all'epoca, nelle 4 fabbriche. Quest'ultima è resa con poche veloci
pennellate, come le foglie che completano e bilanciano una composizione che ben
si differenzia da quella del vassoio policromo di inizio secolo già visto in
precedenza. La caffettiera ripropone lo stesso tipo di decoro e la forma
ricalca, sia pur con leggere modifiche, quelle di gusto rocaille della produzione di Francesco Verdinelli[9]
di fine '700. Questa permanenza del rococò nella prima metà dell'Ottocento
rappresenta un'altra anomalia della ceramica montemilonese. Se, infatti, si
hanno alcuni esempi di forme e decori neoclassici, a partire dalla produzione
del Verdinelli fino al primo trentennio del secolo XIX questo non portò mai ad
abbandonare la tradizione del barocchetto che si spense soltanto intorno al
1840: si continuò, in pratica ininterrottamente, a produrre oggetti in maiolica
con forme rococò, per le quali vennero usati spesso gli stessi stampi con
piccole modifiche, nel corso di un sessantennio circa. Non si tratta, quindi,
di un revival, come era avvenuto per altri centri di produzione ceramica
europei coevi, piuttosto la continuazione di uno stile che si era iniziato a
recepire nel secolo precedente.
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| Foto 1. Vassoietto in maiolica decorato alla rosa blu, dim. 24,5 x 16,5 cm. Monte Milone, 1835-1845. Pollenza, Museo Comunale. |
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| Foto 2. Caffettiera in maiolica decorata alla rosa blu, h cm 19, Monte Milone, 1835-1845. Pollenza, Museo Comunale. |
Con
la coppia di vasi da fiori della foto 3 si è già, invece, nella seconda fase.
Quello a destra, oltre alla tipica rosa blu di metà ottocento, presenta un
elemento nuovo, le anse a voluta che, probabilmente, venne utilizzato a Monte
Milone per la prima volta in questi anni. Dell'altro vaso, che presenta ancora
due manici zoomorfi, ci interessa sottolineare la decorazione del corpo, una
fascia a foglie e fiori alternati, che anticipa quelle della produzione negli
anni successivi.
| Foto 3. Vasi da fiori in maiolica, h cm 27 e cm 22. Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
Successivamente
a questi motivi decorativi se ne affiancarono di nuovi, quali il pesce o il
gallo, che diverranno anch'essi elementi ricorrenti nel repertorio dei
maiolicari pollentini nel terzo quarto del secolo (foto 4, 5, 6).
| Foto 4. Catino in maiolica decorato con il motivo del gallo, ø cm 32. Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
| Foto 5. Piatto baccellato in maiolica decorato con due pesci all'amo formanti una S, ø cm 37. Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
| Foto 6a. Trufa in maiolica decorata con il motivo del gallo, h cm 22. Monte Milone, fabbrica Gaetano, Generoso e Giuseppe Rosati, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
| Foto 6b. Trufa in maiolica decorata. Verso con il marchio dipinto dei Rosati. |
Si
assiste dunque, intorno al 1850, ad un profondo mutamento della produzione che,
da questo momento in poi, cominciò ad assumere quella particolare fisionomia i
cui tratti principali sono stati spesso,
erroneamente, considerati come identificativi delle realizzazioni di buona
parte del secolo XIX. Una delle caratteristiche fondamentali è senz'altro la
prevalenza del blu. È questo il colore con il quale venivano realizzate quasi
tutte le decorazioni in questo periodo. Piatti e catini, molto spesso
baccellati, presentano sul fondo, un elemento naturalistico mentre, sulla tesa,
ricorre quasi sempre un motivo a cerchi puntinati o a linee che si intersecano
formando dei rombi. Al bouchet tipico
della produzione di fine settecento e primi ottocento si era sostituito oramai
un semplice stelo reciso, con uno o due fiori e le foglie disposte secondo una
regola pressoché costante. I petali che compongono il fiore sono costituiti da
due o tre linee che ne determinano il contorno e da una campitura interna
disposta su metà della superficie. Quando il fiore è unico (foto 7) si
accompagna a due steli con foglie disposti sulla parte inferiore mentre, quando
i fiori sono due (foto 8), si ha un terzo stelo a foglie che li sovrasta al
centro. La foglia, spesso interamente campita, appare sempre con la punta che
piega verso l'esterno.
| Foto 7. Piatto baccellato in maiolica decorato con motivo floreale, ø cm 31. Monte Milone, metà XIX sec. Collezione privata. |
| Foto 8. Piatto baccellato in maiolica decorato con motivo floreale, ø cm 36. Monte Milone, metà XIX sec. Collezione privata. |
Vasi
e zuppiere si contraddistinguono per una decorazione a racemi o a festoni come
quello della foto 9. Anche il tipo di versatore della foto 10 fa la sua
comparsa intorno al 1850. Presenta un'ansa a nastro, il manico a staffa ed è
decorata a racemi blu uniti ad un motivo a raggiera, in blu e rosa, disposto
intorno al pippio. Quest'ultimo, di tipo zoomorfico, è ancora influenzato dai
modelli realizzati agli inizi dell'800 e dai quali, evidentemente era difficile
staccarsi.
| Foto 10. Versatore in maiolica, h cm 24. Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
Tra
i decori complementari, e fino alla metà del secolo, è ancora presente quello a
giro di foglie di origine settecentesca, come nel caso degli oggetti
rappresentati nelle foto 9, 12 e 13, o quello di tipo semplificato presente nel
vaso della fabbrica Rosati della figura 11.
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| Foto 11a. Vaso da fiori in maiolica, h cm 17. Monte Milone, fabbrica Gaetano, Generoso e Giuseppe Rosati, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
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| Foto 11b. Fondo del vaso con il marchio R della Fabbrica Rosati. |
Occorre però chiarire, almeno in parte, quanto già esposto nell’introduzione dove ho cercato di sottolineare come questi tipi di decori, sia pur molto diffusi nell’ambito della produzione di metà ottocento, non sono gli unici utilizzati, anche se per molto tempo sono stati considerati come unico tratto distintivo della ceramica di Monte Milone o di Pollenza. Per quanto appaia ancora un’impresa ardua individuare l’intera produzione di metà ottocento è possibile identificare un altro stile decorativo dello stesso periodo, che utilizza gli stessi motivi ma con colori verde ramina e manganese anziché blu cobalto. È quello presente nei pezzi delle foto 12 e 13. Il primo è un fonte battesimale in maiolica, mancante della base, che doveva essere molto simile a quella dei due vasi rappresentati nella foto 13. Sul corpo due giri di foglie simmetrici inquadrano la scena principale, che rappresenta il battesimo di Gesù nel Giordano, ed un decoro alla rosa in rosso sul verso (foto 12c e 12d). Il coperchio presenta ancora due giri di foglie simmetrici ed una fascia intermedia a fiori gialli. Il pomello è chiuso, in sommità, ancora con lo stesso giro di foglie (foto 12e). Gli altri sono una coppia di vasi con coperchio (foto 13a). In questo caso il giro di foglie, che è identico a quello del fonte battesimale, è presente solo nella parte bassa del corpo che è decorato con un ricco bouquet naturalistico contornato con lo stesso tipo di foglie del “giro” (foto 13b). A sottolineare le analogie stilistiche con il primo esempio i decori complementari presenti nel verso dei vasi (foto 13c), con fiori sparsi in celeste identici a quelli gialli della fascia sul fonte battesimale. La parte più bassa della base è marmorizzata con soprastante zona a fasce e filetti in giallo e verde. Sul coperchio è presente un altro bouquet naturalistico e fiori sparsi. Il pomello è chiuso, in sommità, con un fiore naturalistico in blu (foto 13d).
Riporto, infine, un altro oggetto
appartenente alla stessa famiglia di decori, una bottiglia in maiolica con
dipinta la data di fabbricazione 1853 (foto 14).
| Foto 12a. Fonte battesimale in maiolica (recto). Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
| Foto 12b. Fonte battesimale in maiolica (verso). Monte Milone, metà XIX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
| Foto 12c. Fonte battesimale in maiolica. Particolare del recto con la scena che rappresenta il battesimo di Gesù nel Giordano. |
| Foto 12d. Fonte battesimale in maiolica. Particolare del verso con il decoro alla rosa rossa con foglie verdi. |
| Foto 13b. Coppia di vasi in maiolica. Particolare del recto. |
| Foto 13c. Coppia di vasi in maiolica. Particolare del verso. |
| Foto 13d. Coppia di vasi in maiolica. Particolare del coperchio. |
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| Foto 14. Bottiglia in maiolica decorata con ramoscelli incrociati, in verde e manganese, le iniziali del proprietario e la data di fabbricazione. Monte Milone, 1853. Collezione privata. |
Da quanto finora esaminato, e per quanto non manchino elementi di qualità nella produzione, si può certamente affermare che le fabbriche di maiolica montemilonesi giunsero alla metà del secolo prive di quell'energia che aveva caratterizzato la loro attività nel corso degli anni precedenti. A determinare questo stato di cose contribuì certo la crescente concorrenza da parte di altri centri di produzione limitrofi, primo fra tutti Fabriano. Ma la causa principale va a nostro avviso ricercata nell'aver perduto l'occasione di creare solide premesse, per una reale crescita economica, quando le condizioni lo avrebbero consentito. Mancarono gli investimenti e, soprattutto, una vera e propria mentalità imprenditoriale. I guadagni servirono sempre all'acquisto di terreni, al cui sicuro frutto non si rinunciava per rischiare il denaro nell'attività e, in questo, i maiolicari furono di certo in linea con una mentalità che contraddistinse il carattere dell'economia provinciale e regionale di fine settecento e della prima metà dell'ottocento per la quale la richiesta fondamentale restava la terra, «onde nella Marca maceratese si sottolinea come unica possibilità di investimento il settore dell'agricoltura, e come prospettiva di commerciabilità e di guadagno il vario frutto della campagna»[10]. Mancò pertanto la capacità di attuare quella svolta decisiva che avrebbe consentito al piccolo centro marchigiano di mantenere i contatti con l'esterno che fino a quel momento l'avevano contraddistinto in un ambito territoriale il cui isolamento e marginalità andavano sempre più accentuandosi rispetto ai centri vivi dell'industria nazionale ed europea. Anche la ripresa che caratterizzò l'economia dello Stato Pontificio negli anni cinquanta, e di riflesso quella delle fabbriche montemilonesi, non costituì una reale premessa a futuri sviluppi nell'attività industriale come in altre aree più evolute della penisola. Il carattere degli opifici di Monte Milone rimase sempre prettamente artigianale e gli unici investimenti nell'attività riguardarono spesso, come alcuni documenti hanno dimostrato, soltanto le spese di riparazione degli immobili o delle fornaci, facilmente soggette a guasti queste ultime.
Statistica
delle Fabbriche. 1848.
Stato
distinto, e classificato
degli Opificj, e Negozj del Comune
di Monte Milone
Fabriche di Majoliche
Ogni fabbrica abbisogna per lo meno di
otto Vani compreso il Laboratorio, oltre i Sotterra nei per deposito dei
combustibili, Vasca, e Locale per battere con verghe di ferro la terra, Fornace
grande per cuocere le Majoliche, e piccola Fornacetta per la combustione dei
piombi, stagni, litargirio, manganese, e sale per la composizione dei colori.
Medio valore per un
fabbricato cossì Dottato ......... scudi
1.000
Stigli, e materiali
necessari per il primo impianto ...
" 300
Totale .....
scudi 1.300
Spesa per ogni Fornace, o
Cotta, come dicono quegli
del Mestiere
La creta di Cava carri cinque scudi 25
Piombo lb. 200 " 7
Stagno lb. 40 " 8
Arena di Perugia lb. 350 " 1.50
Litargirio lb. 30 " 1.50
Manganese lb. 10 " 10
Sale lb. 20 " 40
Legna peso 1.1/. di 115 once di pas-
setto Romano Lungo, oltre il 4° " 5.40
Nocchia Rub. 10 " 6
Spago lb. 4 " 24
Paglia per Ceste lb. 200 " 30
Mano d'opera " 10
Spese di ristauri " 2
Trasporto di materie necessarie per le
ver-
nici in barilozzi al Fiume Potenza, ove
si tengono i Capitelli per macinare, ed im-
pasto delle parti suddette " 40
Trasporti di Majoliche alle Piazze
di
Mercato "
3...
Spesa totale scudi 46.09.
Prezzo medio di ogni
Cotta
Ogni Cotta, a Fornace,
quando viene buona scudi 50.
Riassunto
Somma
prodotta da ogni Cotta scudi 50
Spesa " 46.09
Utile
netto scudi
3.91
Si
noti, che al detto utile deve aggiungersi il prezzo degli
alimenti,
e comodi della vita dei dodici Lavoranti per una
settimana,
poiché in ogni sei, o sette giorni si compie una
Cotta,
che a baj: 20 al giorno per ogni Lavorante, compre-
so
il soldo giornaliero, prezzo medio impostano scudi
2.40
al
giorno, che in ogni settimana, ossia in ogni Cotta " 14.40
Totale introito di
ogni Cotta scudi 18.31.
Si
noti eziandio, che in ogni mese si fanno da ogni Fabbrica
quattro
Cotte, quindi in ogni Anno Cotte 48 a scudi 3.91 per
Cotta,
importo netto di utile come sopra
scudi 187.68
Frutto
sul Capitale improntato di scudi 1300 al 7% " 91....
Utile
netto scudi 96.68
Li
scudi 18.31 consumati dai Lavoranti in ogni cotta per loro
alimenti,
abitazioni, e comodi propri ripetuti per 48 volte, im-
postano scudi 878.88
Annuo
utile ricavato dal Proprietario " 96.68
Frutto
sul Capitale d'impronto " 91....
Risultanza
totale scudi 1066.46
Essendo
quattro le Fabbriche di Majoliche complessivamente
mettono in giro in ogni anno un Capitale d scudi 4265.84.
[...]
D.
Marchetti S. G.
[1] Il
cav. Antonio Ronca di Fabriano comperava l'anno 1834 dal vescovo diocesano
Pietro Balducci il già convento delle cappuccine e vi apriva una fabrica da
stoviglie di Maiolica a imitazione di quelle di Pollenza (Monte Milone). O.
Marcoaldi, Guida e Statistica di Fabriano,
in G. Vanzolini, Istorie delle fabbriche
di majoliche metaurensi e delle attinenti ad esse, Pesaro, 1879, vol. II,
p. 93.
[2] La notizia è tratta da R. Paciaroni, L'arte della ceramica a Pollenza, in L'artigianato nelle Marche - Storia e
tendenze, p. 94.
[3] Sull'argomento si veda P. Sorcinelli, Condizioni igieniche e sanitarie: dalla
peste alla pellagra, in Economia e
società: le Marche tra XV e XX secolo, Bologna, 1978.
[4] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica,
b.1367.
[5] Idem, b. 1358.
[6] Va precisato che l'attività dei
fratelli Rosati subì un momentaneo rallentamento dovuto ai gravi problemi
economici che li porterà ad ipotecare la fabbrica nel 1845.
[7] Il documento è pubblicato alla fine di
questo capitolo.
[8] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica,
b. 959.
[9] Ci si riferisce qui alle tipologie di
oggetti, della Fabbrica Verdinelli, individuate da Erika Terenzi nel saggio La Maiolica …, cit.
[10] W. Angelini, Lineamenti di vita culturale e socioeconomica in Macerata nel primo
quarantennio dell'ottocento, in «Studi Maceratesi», vol. XIV, pag. 40.





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