Il Settecento. I
Dalla
seconda metà del seicento si hanno notizie unicamente della fabbrica fuori
dalla Porta del Colle che era passata, a partire dal 1742 sotto la direzione di
Catervo Ferrini. Come apprendiamo dalle Notizie
di Domenico Assortati, Catervo Ferrini, originario di Tolentino, giunse a Monte
Milone per lavorare presso la vaseria Mariani. Il Ferrini, così come sua moglie
Marianna Crocetti, viene più volte nominato nel manoscritto, laddove l'autore
ci narra alcuni tratti salienti della loro vita come, ad esempio, quando Marianna si accasò con un tal Niccola
Agostino Mariani … di condizione Vasaro qui in Monte Milone. Vi ebbero due
figli cioè Domenico, e Maria: Il primo morì giovane e la seconda si unì in
matrimonio con un tal Giuseppe Mucci ... Alla suddetta Marianna mancò il detto
marito, e volendo continuare la Vasaria fece venire da Tolentino un lavorante,
che si chiamava Catervo Ferrini, ed essendo Giovane buono, e di bello aspetto,
lo prese come marito, non ci ebbe figli, e questi donò la Vasaria a Francesco
Verdinelli figlio di Giuseppe Maria e Piera Coniugi, ed essendo morto il detto
Francesco i suoi figli Serafino e Giovanni mantennero il negozio, ma assai
ristretto[1].
Come
risulta da un rogito notarile del 1761 il Ferrini si trasferì da Tolentino a
Monte Milone prima del 1743[2],
anno in cui prese in moglie Marianna. Quest'ultima, nel 1729, aveva sposato in
prime nozze Nicola Agostino Mariani e, da questa unione, nacquero Maria e
Francesco[3].
Non conosciamo la data precisa della morte di Nicola Agostino[4]
ma questi viene nominato come vasaio in un verbale del Consiglio Comunale del
1739 dove, in data 29 ottobre, venne stabilita la quota dovuta da ciascun
mercante o artista per pagare la tassa delle spese occorse in occasione del
passaggio delle milizie estere nello Stato Pontificio. Da questo elenco emerge
inequivocabilmente che esisteva in paese un solo vasaio, Nicola Agostino
Mariani, e che questi venne tassato di uno scudo e mezzo più degli altri[5].
Da un altro verbale, del 23 agosto 1742, veniamo a conoscenza dell'esenzione da
una sopracolletta imposta per il
passaggio delle truppe estere concessa a Marianna Crocetti in quanto suo
marito Nicola Agostino Mariani era passato
da questa a miglior vita[6].
Queste
notizie ci consentono, innanzitutto, di collocare l'inizio dell'attività del Ferrini,
come direttore della fabbrica della Porta del Colle, negli anni 1742-1743,
oltre poi a sgombrare il campo da qualsiasi incertezza sul passaggio della
vaseria dai Mariani a Ferrini[7],
dubbio rimasto insoluto dal tempo del Boldorini[8]. È
difficile, tuttavia, stabilire con sicurezza le modalità con cui il Ferrini
divenne proprietario del caseggiato che ospitava la fabbrica e che poi lasciò
in eredità al figlio adottivo Francesco Verdinelli. Sappiamo, tuttavia, che
durante la vita di Nicola Agostino Mariani la vaseria era costituita da un
insieme di piccole case, tra le quali una con annesso un terreno di piccole
dimensioni, che una volta era del quondam
Mastro Agostino Mariani, che possedeva detto Terreno, e Casetta assieme colle
rimanenti Case annesse alla detta Casetta e Terreno le quali sono da non molti
anni in quà passate in dominio cioè il detto Terreno, e casetta del detto [Vincenzo] Mucci o già Giuseppe suo Zio, di cui è
erede detto Vincenzo, e le Case rimanenti passarono in dominio Catervo Ferrini,
e poi nell'Erede di questo Sig. Francesco Verdinelli Ferrini[9].
Alla
morte di Nicola Agostino questi immobili vennero ereditati dal figlio
Francesco, ad eccezione della Casetta e
Terreno acquistati precedentemente da Giuseppe Mucci suo cognato. Francesco
era sposato con una certa Rosa Dolcinati ma non avendo avuto figli, lasciò in
eredità la vaseria al Convento di S. Francesco di Monte Milone con il quale,
peraltro, aveva contratto numerosi debiti. Morto Francesco i frati del
Convento, giudicando il legato poco vantaggioso, rinunciarono all'eredità
accollando così il peso dei debiti gravanti sulla stessa alla moglie del
defunto Francesco[10].
Per
quanto i documenti a nostra disposizione non spieghino appieno la questione, si
sa che insorse una lite tra Catervo Ferrini e la vedova del figliastro che fu
costretta, dietro sentenza della Curia Pretorale, alla vendita, mediante asta
pubblica, di una casa lungo la via della Porta del Colle - probabilmente una
parte consistente del caseggiato adibito a fabbrica - che si aggiudicò il
Ferrini stesso nel 1770[11].
Certamente
la causa del diverbio con Rosa Dolcinati fu l'utilizzo dell'immobile adibito a
vaseria. Si ha infatti notizia, da un documento del 1784, che il Ferrini dovette
spostare la sua attività di vasaio in un altro fabbricato, di proprietà dei
fratelli Assortati, ubicato vicino la Chiesa Collegiata di S. Biagio poiché,
nonostante fosse riuscito ad acquistare una consistente porzione della vaseria,
mancava una parte essenziale della stessa, la casa con l'orto di proprietà del
Mucci: Gli antenati ... del Ferrini
godevano tutte le Case fuori della Porta del Colle di Monte Milone con una
picciola quantità d'ottanta canne in circa di Terreno annesso, e in dette case
c'era la fabbrica di Coccie, ma ordinarie. Non per vendita volontaria, mà per
subasta fattasi da un creditore, fù da dette Case smembrata una Casetta con
detto Terreno, perloché volendo [il Ferrini] ampliare detta fabrica ripulirla, e ridurla a fine Maioliche, e
mancandogli in dette case il commodo necessario, fu obbligato di prendere in
affitto dai Signori Assortati una Casa posta vicino alla Chiesa della
collegiata, ed ivi istruire detta Fabrica.[12]
Pochi
anni dopo il matrimonio con Marianna, il 7 aprile 1746, Catervo Ferrini rivolse
una supplica al Consiglio comunale per ottenere il permesso di porre un
macinetto da colori sul vallato presso il mulino del fiume Potenza: Il nostro vasaro fa istanza d'un sito in
Potenza per ponervi un macinetto da colori a tutte sue spese, offerendo alla
nostra Comunità per il puro sito di pagare ogni anno una Libra di cera, se pare
dargliene la permissione ed abbracciarne il projetto[13].
La richiesta venne accolta lo stesso giorno con l'onere, per il vasaio, di
pagare una libbra di cera all'anno: Direi
che si accordasse al suddetto vasaro quanto richiede coll'annuo canone di
Libbra una Cera per anni quindici...[14]
Negli
anni seguenti l'attività della vaseria dovette aumentare di parecchio, vista la
crescente domanda di prodotto che veniva esportato anche in altre città della
Marca[15].
Il Ferrini dovette allora ampliare il suo giro di affari tanto che qualche anno
dopo chiese al Consiglio comunale il permesso per collocare un secondo
macinetto da colori. La risoluzione con cui viene concesso al vasaio il
permesso di collocare questo secondo macinetto è del 12 agosto 1753: … sopra la supplica di Catervo Ferrini da
Tolentino, che da molti anni in qua esercita l'arte di Vasaro in questa nostra
Terra. ... Vedendosi ogni giorno più crescere i prezzi delle robbe,
specialmente delle cocce, che si fabbricano dall'Oratore in questa nostra
Terra, pare dovere, che anche questa nostra comunità restringa i suoi arbitrij,
e cresca le sue risposte; Onde sarei di senso, che venisse accordato
all'Oratore di metter l'altro macinetto ogni qual volta paghi a questa nostra
Comunità l'annua risposta di scudi tre per Macinetto, altrimenti gli si faccia
levare anche l'altro[16].
Con
una parziale rettifica del del 26 ottobre 1753 si decise che avendo fatto istanza Catervo Ferrini Vasaro
per la facoltà di porre a sue spese un'altro Macinetto nel fiume Potenza, direi
che gli si accordasse per Anni quindici con condizione, che nel termine di Anni
tre debba dare al nostro Publico una credenza di Majolica bianca, per la quale
intende di far uso del nuovo macinetto[17].
Da
un altro documento del 1783 apprendiamo che Il
Fù Sig. Catervo Ferrini da molti e molti anni a questa parte introdusse in
Monte Milone … la Fabrica di Majolica, giacché prima esercitava la professione
di Vasaro lavorando coccie sottili, e grossolane con ritenere anche varij
Giovani Lavoranti, chi di Rota e chi di altro mestiere. Dopo introdotta la
detta Fabrica di Majolica dovette accrescere Lavoranti, anche Pittori, e la
seguitò fino alla morte[18].
Due,
a nostro avviso, i dati rilevanti che emergono dai documenti sopra citati. Il
primo è che nella vaseria venivano prodotti oggetti in maiolica, bianca o
dipinta, continuando una produzione già iniziata almeno un secolo prima o,
forse, ancora più indietro nel tempo, come testimonierebbero alcuni frammenti
rinvenuti nelle diverse demolizioni operate nel centro antico del paese.
L'altro è che questa produzione doveva essere quantitativamente consistente, se
la fabbrica utilizzava più di un macinetto da colori, e la domanda di prodotto
proveniva anche, come visto, da altri centri limitrofi. Malgrado ciò nessun
pezzo conosciuto è tuttora riconducibile alla produzione del Ferrini.
In
effetti, nella seconda metà del Settecento, la produzione ceramica
montemilonese risente, a grandi linee, dell'andamento economico generale della
Marca: si hanno infatti alcuni importanti sviluppi da porre in relazione al
momento favorevole che l'economia regionale stava attraversando in questi anni.
Il meccanismo di crescita messo in moto dall'attivazione del porto franco di
Ancona nel 1732, sebbene si limitasse, principalmente, ad un coinvolgimento
dell'agricoltura, da sempre principale risorsa della regione, in quello che è
stato definito un accentuato processo di mercantilizzazione[19],
oltre ad interessare la proprietà terriera dell'entroterra maceratese negli
anni successivi, portò ad un relativo benessere la cui influenza arrivò a
lambire anche le manifatture esistenti nelle varie province o quelle che,
dietro questo impulso, andavano pian piano nascendo[20].
Il
caso del Ferrini, come abbiamo visto, appare sotto questo punto di vista
abbastanza eloquente ma già pochi anni prima della sua morte, nel 1770 circa,
una nuova fabbrica si era affiancata a quella della Porta del Colle. Nacque per
opera di Marco Caprari, probabilmente già occupato nella fabbrica del Ferrini[21],
che invogliato da questa favorevole congiuntura economica, si staccò
dall'antica vaseria fondandone una nuova, insieme col fratello Gaetano, nel
quartiere di S. Bartolomeo e producendo oggetti ordinari in terracotta dato che
non disponeva ancora di nessun macinetto col quale fabbricare i colori.
Nonostante alcune difficoltà economiche iniziali[22],
l'attività dei Caprari dovette sollevarsi ben presto da una penosa situazione
economica se il 13 luglio 1776 Marco avanzò una supplica al Consiglio di
Credenza affinché gli venisse consentito di apporre un macinetto da colori
presso il pubblico vallato. Il permesso gli venne accordato il giorno
successivo ridondando ciò in vantaggio
della nostra popolazione[23].
Nonostante il Caprari avesse iniziato una produzione di oggetti in maiolica,
certamente più qualificata della precedente, si trovò costretto poco tempo dopo
a chiudere nuovamente la fabbrica. Successivamente, nel 1782, cominciò ad
operare in un altro immobile, quello ubicato vicino alla Chiesa Collegiata di
S. Biagio, di proprietà del cognato dei fratelli Assortati, chiedendo ancora al
Consiglio di Credenza il permesso per impiantare un secondo macinetto da
colori. La risoluzione consiliare, nuovamente favorevole al Caprari, è del 15
dicembre 1782[24].
La sua attività di vasaio presso la fabbrica della Collegiata durò fino al
1789, anno in cui gli Assortati decisero di affidare la vaseria a Luigi
Venanzoli. Quest'ultimo avrebbe garantito una produzione migliore e sicuramente
in grado di competere con quella del Verdinelli dato che, come vedremo, aveva
lavorato per diversi anni sotto la sua direzione. Il Caprari dovette allora
cercare un altro immobile nel quale aprire una nuova fabbrica che, con molta
probabilità, è possibile identificare con quello di via del Borgo, passato
successivamente al Rosati.
L'uso
dei macinetti da colori e le altre notizie desunte dai verbali dei Consigli
Comunali dimostrano come nel decennio 1770-1780 vi fossero già a Monte Milone
due fabbriche le quali producevano maiolica bianca. Delle due la principale era
quella ereditata da Francesco Verdinelli Ferrini, sia per il numero dei
dipendenti che per la qualità del prodotto: ...Francesco
Verdinelli Ferrini della stessa professione ed allievo del ... Sig. Catervo, il
quale ha seguitata la ... Fabrica di Majolica con lode Universale avendola
accresciuta, ed accrescendola giornalmente tanto rapportato alla quantità, che
qualità, si di lavoro, che di colore, e Pittura anche a smalto di maniera che
ha un esito considerabile per tutta la Provincia, mandandone quantità di some
per le fiere e mercati dei luoghi della Provincia, e concorrendo l'istessi
Provinciali in Monte Milone per farne provista ... nella stessa Terra di Monte
Milone è stata aperta da un anno circa a questa parte altra Fabrica di
Majolica, che camina sotto il nome di Marco Caprari ma presentemente può dirsi
esser andata affatto in decadenza, poiché al presente sono in bottega due soli
Lavoranti, i quali non lavorano altro, che coccie ordinarie e grossolane ...[25]
I
pezzi usciti dalla fornace del Verdinelli, oltre a contraddistinguersi per
l'eleganza delle forme, dovevano la loro bellezza soprattutto al fatto di
essere decorati con pittura a smalto. L'utilizzo di questa tecnica,
riscontrabile in Italia nella seconda metà del secolo soltanto nelle produzioni
di pochissimi altri centri, viene frequentemente sottolineato dalle numerose
carte rintracciabili negli archivi e relative all'attività del vasaio
montemilonese. Per una fabbrica di maioliche riuscire in un siffatto tipo di
produzione costituiva una meta ambita, alla quale non si arrivava se non
mediante esperimenti lunghi e costosi. Nel caso del Verdinelli il possedere una
vaseria molto grande, con un giro di affari ampio già ai tempi del Ferrini,
costituirono le premesse ideali che gli consentirono, negli anni tra il 1778 e
il 1783, di potersi dedicare all'apprendimento di questa tecnica che, stando
sempre alle fonti disponibili, riuscì a perfezionare fino al punto di poter
competere con altri centri di produzione molto più noti del nostro.
Catervo
Ferrini morì nel 1778 e, come apprendiamo dal testamento[26],
lasciò in eredità tutti i suoi beni al figlio adottivo Francesco Verdinelli,
con la vedova Marianna Crocetti usufruttuaria.
[1] D. Assortati, Notizie o sieno Relazioni delle Case, e Famiglie antiche, e moderne di
Monte Milone scritto da Domenico Assortati l'anno 1823 e seg., manoscritto,
Monte Milone 1823-1824, c. 28v. Il volume è conservato presso l'Archivio della
"Corporazione del Melograno" di Pollenza (in seguito A. C. M. P.) con
il n. 831 di protocollo. Il testo, che raccoglie numerose notizie sulle
famiglie di Monte Milone, venne scritto negli anni 1823-1824 e riporta alcune
interessantissime testimonianze di un contemporaneo sui fabbricanti di maiolica
a Monte Milone. Questo particolare interesse dell'Assortati per i maiolicari è
probabilmente giustificato dal fatto che anch'egli, insieme ai fratelli
Giacomo, Francesco e Antonio, fu comproprietario, a partire dal 1782, di una fabbrica
diretta da Marco Caprari. Sulla figura dell'Assortati, possiamo riportare
alcune brevi notizie, gentilmente forniteci da Fabio Sileoni: "Domenico
Assortati (M. Milone 1757-1833) apparteneva ad una delle più antiche e
facoltose famiglie di Monte Milone. Abbiamo notizia di un tale Cecco di Ser
Antonio da Sorti (villaggio nei pressi di Sefro (MC), da cui deriva appunto il
cognome Assortati), stabilitosi in M. Milone fin dagli inizi del XVI sec.
Domenico, uomo di genio e cultura versatile, nel corso della sua esistenza
ricoprì le principali cariche pubbliche del Comune, Cittadino di Consiglio,
Savio Municipale, Presidente della Commissione Acque e Strade, membro di varie
Congregazioni Religiose, ecc. Appassionato diarista e raccoglitore di memorie
locali, ha lasciato numerosi manoscritti riguardanti la cronaca, il costume, il
governo e le attività intraprese dai nostri avi, fonti interessantissime per
ricostruire la storia pollentina del XIX secolo." Sull'argomento cfr. F.
Sileoni, La Croce e la Vanga, Pollenza
2003.
[3] Si noti che l'Assortati riporta alcuni
dati errati, quali il nome del figlio di Nicola Agostino Mariani o, come avremo
modo di vedere più avanti, la data in cui Catervo Ferrini si trasferì a M.
Milone (c. 32v) e, ancora, il fatto che definisce in un primo momento il
Ferrini come lavorante(c. 28v) e poi garzone (c.32v).
[4] Manca, nell'Archivio Parrocchiale della Chiesa
di S. Biagio, il Registro dei Morti relativo agli anni 1738-1750.
[5] Archivio Storico Comunale di Pollenza (in
seguito, A.S.C.), Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1739-1745, cc. 318v, 319r
e v.
[7] Francesco, figlio di Nicola Agostino
Mariani, nato nel 1731, non era ancora maggiorenne quando la madre sposò in
seconde nozze il Ferrini. È pertanto difficile attribuirgli un ruolo rilevante
nell'attività della vaseria, essendo morto nel 1756 appena venticinquenne e le
cui redini erano state assunte oramai dal padrigno.
[8] A don Nazzareno Boldorini, parroco della
chiesa di Rambona in Pollenza, si devono, oltre alle importanti notizie
rinvenute sulle fabbriche di ceramica a Monte Milone nei secc. XVI e XVII, una
sommaria ricostruzione della parte relativa al '700, operata mediante ricerche
nei volumi dei verbali dei consigli comunali, nonché la scoperta, presso
l'Archivio di Stato di Roma, di tutto il materiale riguardante il Verdinelli e
la privativa pontificia per la fabbricazione della maiolica. Quasi tutte le
notizie da lui raccolte vennero poi a formare la base di un breve saggio,
pubblicato parecchi anni dopo la sua morte avvenuta nel 1959 in A. Valentini (a
cura di), La ceramica di Pollenza.
Quattro secoli di creatività, Pollenza 1998, pp. 23-26, dal titolo Piano di lavoro per la ricerca di notizie
sull'industria ceramica in Monte Milone (Pollenza).
[15] A. S. Macerata, Notarile di Macerata,
vol. 4292. Da questo atto notarile risulta che le maioliche venivano esportate
in altri paesi come, ad esempio, Recanati.
[19] D. Fioretti, Persistenze e mutamenti dal periodo giacobino all'Unità, in S. Anselmi
(a cura di), "Storia d'Italia - Le Regioni dall'Unità ad oggi - Le
Marche", Torino 1987; sull'argomento si può utilmente consultare anche A.
Caracciolo, Le port franc d'Ancône.
Croissance et impasse d'un milieu marchand, Paris 1965.
[20] A. Caracciolo, L'economia regionale negli anni della costituzione del porto franco di
Ancona, in S. Anselmi (a cura di) "Economia e società: le Marche tra
XV e XX secolo", Bologna 1978; cfr. pure A. Caracciolo, Le grandi fasi di sviluppo dell'economia
delle Marche negli ultimi secoli. (Elementi di una ricerca su fonti
demografiche), in "Studia Picena", XXXI (1963).
[21] Circostanza questa abbastanza verosimile
in quanto il Caprari era nato a Monte Milone e quella della Porta del Colle era
l'unica fabbrica esistente all'epoca nel Comune.
[22] Da un atto notarile del 28 novembre 1772
apprendiamo che Marco, a' fine di
assimersi da debiti da se contratti, per li quali è stato anche ristretto in
queste Carceri Pretorali vende a suo padre Nicola una casa, che esso Marco
comprò da Anton Niccola Andreani al presente ridotta ad uso di Vasaria posta
dentro questa Terra in Contrada di S. Bartolomeo... A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol.
4392.
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