Passa ai contenuti principali

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte seconda.

Il Settecento. I




     Dalla seconda metà del seicento si hanno notizie unicamente della fabbrica fuori dalla Porta del Colle che era passata, a partire dal 1742 sotto la direzione di Catervo Ferrini. Come apprendiamo dalle Notizie di Domenico Assortati, Catervo Ferrini, originario di Tolentino, giunse a Monte Milone per lavorare presso la vaseria Mariani. Il Ferrini, così come sua moglie Marianna Crocetti, viene più volte nominato nel manoscritto, laddove l'autore ci narra alcuni tratti salienti della loro vita come, ad esempio, quando Marianna si accasò con un tal Niccola Agostino Mariani … di condizione Vasaro qui in Monte Milone. Vi ebbero due figli cioè Domenico, e Maria: Il primo morì giovane e la seconda si unì in matrimonio con un tal Giuseppe Mucci ... Alla suddetta Marianna mancò il detto marito, e volendo continuare la Vasaria fece venire da Tolentino un lavorante, che si chiamava Catervo Ferrini, ed essendo Giovane buono, e di bello aspetto, lo prese come marito, non ci ebbe figli, e questi donò la Vasaria a Francesco Verdinelli figlio di Giuseppe Maria e Piera Coniugi, ed essendo morto il detto Francesco i suoi figli Serafino e Giovanni mantennero il negozio, ma assai ristretto[1].
     Come risulta da un rogito notarile del 1761 il Ferrini si trasferì da Tolentino a Monte Milone prima del 1743[2], anno in cui prese in moglie Marianna. Quest'ultima, nel 1729, aveva sposato in prime nozze Nicola Agostino Mariani e, da questa unione, nacquero Maria e Francesco[3]. Non conosciamo la data precisa della morte di Nicola Agostino[4] ma questi viene nominato come vasaio in un verbale del Consiglio Comunale del 1739 dove, in data 29 ottobre, venne stabilita la quota dovuta da ciascun mercante o artista per pagare la tassa delle spese occorse in occasione del passaggio delle milizie estere nello Stato Pontificio. Da questo elenco emerge inequivocabilmente che esisteva in paese un solo vasaio, Nicola Agostino Mariani, e che questi venne tassato di uno scudo e mezzo più degli altri[5]. Da un altro verbale, del 23 agosto 1742, veniamo a conoscenza dell'esenzione da una sopracolletta imposta per il passaggio delle truppe estere concessa a Marianna Crocetti in quanto suo marito Nicola Agostino Mariani era passato da questa a miglior vita[6].
     Queste notizie ci consentono, innanzitutto, di collocare l'inizio dell'attività del Ferrini, come direttore della fabbrica della Porta del Colle, negli anni 1742-1743, oltre poi a sgombrare il campo da qualsiasi incertezza sul passaggio della vaseria dai Mariani a Ferrini[7], dubbio rimasto insoluto dal tempo del Boldorini[8]. È difficile, tuttavia, stabilire con sicurezza le modalità con cui il Ferrini divenne proprietario del caseggiato che ospitava la fabbrica e che poi lasciò in eredità al figlio adottivo Francesco Verdinelli. Sappiamo, tuttavia, che durante la vita di Nicola Agostino Mariani la vaseria era costituita da un insieme di piccole case, tra le quali una con annesso un terreno di piccole dimensioni, che una volta era del quondam Mastro Agostino Mariani, che possedeva detto Terreno, e Casetta assieme colle rimanenti Case annesse alla detta Casetta e Terreno le quali sono da non molti anni in quà passate in dominio cioè il detto Terreno, e casetta del detto [Vincenzo] Mucci o già Giuseppe suo Zio, di cui è erede detto Vincenzo, e le Case rimanenti passarono in dominio Catervo Ferrini, e poi nell'Erede di questo Sig. Francesco Verdinelli Ferrini[9].
     Alla morte di Nicola Agostino questi immobili vennero ereditati dal figlio Francesco, ad eccezione della Casetta e Terreno acquistati precedentemente da Giuseppe Mucci suo cognato. Francesco era sposato con una certa Rosa Dolcinati ma non avendo avuto figli, lasciò in eredità la vaseria al Convento di S. Francesco di Monte Milone con il quale, peraltro, aveva contratto numerosi debiti. Morto Francesco i frati del Convento, giudicando il legato poco vantaggioso, rinunciarono all'eredità accollando così il peso dei debiti gravanti sulla stessa alla moglie del defunto Francesco[10].
     Per quanto i documenti a nostra disposizione non spieghino appieno la questione, si sa che insorse una lite tra Catervo Ferrini e la vedova del figliastro che fu costretta, dietro sentenza della Curia Pretorale, alla vendita, mediante asta pubblica, di una casa lungo la via della Porta del Colle - probabilmente una parte consistente del caseggiato adibito a fabbrica - che si aggiudicò il Ferrini stesso nel 1770[11].
     Certamente la causa del diverbio con Rosa Dolcinati fu l'utilizzo dell'immobile adibito a vaseria. Si ha infatti notizia, da un documento del 1784, che il Ferrini dovette spostare la sua attività di vasaio in un altro fabbricato, di proprietà dei fratelli Assortati, ubicato vicino la Chiesa Collegiata di S. Biagio poiché, nonostante fosse riuscito ad acquistare una consistente porzione della vaseria, mancava una parte essenziale della stessa, la casa con l'orto di proprietà del Mucci: Gli antenati ... del Ferrini godevano tutte le Case fuori della Porta del Colle di Monte Milone con una picciola quantità d'ottanta canne in circa di Terreno annesso, e in dette case c'era la fabbrica di Coccie, ma ordinarie. Non per vendita volontaria, mà per subasta fattasi da un creditore, fù da dette Case smembrata una Casetta con detto Terreno, perloché volendo [il Ferrini] ampliare detta fabrica ripulirla, e ridurla a fine Maioliche, e mancandogli in dette case il commodo necessario, fu obbligato di prendere in affitto dai Signori Assortati una Casa posta vicino alla Chiesa della collegiata, ed ivi istruire detta Fabrica.[12]
     Pochi anni dopo il matrimonio con Marianna, il 7 aprile 1746, Catervo Ferrini rivolse una supplica al Consiglio comunale per ottenere il permesso di porre un macinetto da colori sul vallato presso il mulino del fiume Potenza: Il nostro vasaro fa istanza d'un sito in Potenza per ponervi un macinetto da colori a tutte sue spese, offerendo alla nostra Comunità per il puro sito di pagare ogni anno una Libra di cera, se pare dargliene la permissione ed abbracciarne il projetto[13]. La richiesta venne accolta lo stesso giorno con l'onere, per il vasaio, di pagare una libbra di cera all'anno: Direi che si accordasse al suddetto vasaro quanto richiede coll'annuo canone di Libbra una Cera per anni quindici...[14]
     Negli anni seguenti l'attività della vaseria dovette aumentare di parecchio, vista la crescente domanda di prodotto che veniva esportato anche in altre città della Marca[15]. Il Ferrini dovette allora ampliare il suo giro di affari tanto che qualche anno dopo chiese al Consiglio comunale il permesso per collocare un secondo macinetto da colori. La risoluzione con cui viene concesso al vasaio il permesso di collocare questo secondo macinetto è del 12 agosto 1753: … sopra la supplica di Catervo Ferrini da Tolentino, che da molti anni in qua esercita l'arte di Vasaro in questa nostra Terra. ... Vedendosi ogni giorno più crescere i prezzi delle robbe, specialmente delle cocce, che si fabbricano dall'Oratore in questa nostra Terra, pare dovere, che anche questa nostra comunità restringa i suoi arbitrij, e cresca le sue risposte; Onde sarei di senso, che venisse accordato all'Oratore di metter l'altro macinetto ogni qual volta paghi a questa nostra Comunità l'annua risposta di scudi tre per Macinetto, altrimenti gli si faccia levare anche l'altro[16].
     Con una parziale rettifica del del 26 ottobre 1753 si decise che avendo fatto istanza Catervo Ferrini Vasaro per la facoltà di porre a sue spese un'altro Macinetto nel fiume Potenza, direi che gli si accordasse per Anni quindici con condizione, che nel termine di Anni tre debba dare al nostro Publico una credenza di Majolica bianca, per la quale intende di far uso del nuovo macinetto[17].
     Da un altro documento del 1783 apprendiamo che Il Fù Sig. Catervo Ferrini da molti e molti anni a questa parte introdusse in Monte Milone … la Fabrica di Majolica, giacché prima esercitava la professione di Vasaro lavorando coccie sottili, e grossolane con ritenere anche varij Giovani Lavoranti, chi di Rota e chi di altro mestiere. Dopo introdotta la detta Fabrica di Majolica dovette accrescere Lavoranti, anche Pittori, e la seguitò fino alla morte[18].
     Due, a nostro avviso, i dati rilevanti che emergono dai documenti sopra citati. Il primo è che nella vaseria venivano prodotti oggetti in maiolica, bianca o dipinta, continuando una produzione già iniziata almeno un secolo prima o, forse, ancora più indietro nel tempo, come testimonierebbero alcuni frammenti rinvenuti nelle diverse demolizioni operate nel centro antico del paese. L'altro è che questa produzione doveva essere quantitativamente consistente, se la fabbrica utilizzava più di un macinetto da colori, e la domanda di prodotto proveniva anche, come visto, da altri centri limitrofi. Malgrado ciò nessun pezzo conosciuto è tuttora riconducibile alla produzione del Ferrini.
     In effetti, nella seconda metà del Settecento, la produzione ceramica montemilonese risente, a grandi linee, dell'andamento economico generale della Marca: si hanno infatti alcuni importanti sviluppi da porre in relazione al momento favorevole che l'economia regionale stava attraversando in questi anni. Il meccanismo di crescita messo in moto dall'attivazione del porto franco di Ancona nel 1732, sebbene si limitasse, principalmente, ad un coinvolgimento dell'agricoltura, da sempre principale risorsa della regione, in quello che è stato definito un accentuato processo di mercantilizzazione[19], oltre ad interessare la proprietà terriera dell'entroterra maceratese negli anni successivi, portò ad un relativo benessere la cui influenza arrivò a lambire anche le manifatture esistenti nelle varie province o quelle che, dietro questo impulso, andavano pian piano nascendo[20].
     Il caso del Ferrini, come abbiamo visto, appare sotto questo punto di vista abbastanza eloquente ma già pochi anni prima della sua morte, nel 1770 circa, una nuova fabbrica si era affiancata a quella della Porta del Colle. Nacque per opera di Marco Caprari, probabilmente già occupato nella fabbrica del Ferrini[21], che invogliato da questa favorevole congiuntura economica, si staccò dall'antica vaseria fondandone una nuova, insieme col fratello Gaetano, nel quartiere di S. Bartolomeo e producendo oggetti ordinari in terracotta dato che non disponeva ancora di nessun macinetto col quale fabbricare i colori. Nonostante alcune difficoltà economiche iniziali[22], l'attività dei Caprari dovette sollevarsi ben presto da una penosa situazione economica se il 13 luglio 1776 Marco avanzò una supplica al Consiglio di Credenza affinché gli venisse consentito di apporre un macinetto da colori presso il pubblico vallato. Il permesso gli venne accordato il giorno successivo ridondando ciò in vantaggio della nostra popolazione[23]. Nonostante il Caprari avesse iniziato una produzione di oggetti in maiolica, certamente più qualificata della precedente, si trovò costretto poco tempo dopo a chiudere nuovamente la fabbrica. Successivamente, nel 1782, cominciò ad operare in un altro immobile, quello ubicato vicino alla Chiesa Collegiata di S. Biagio, di proprietà del cognato dei fratelli Assortati, chiedendo ancora al Consiglio di Credenza il permesso per impiantare un secondo macinetto da colori. La risoluzione consiliare, nuovamente favorevole al Caprari, è del 15 dicembre 1782[24]. La sua attività di vasaio presso la fabbrica della Collegiata durò fino al 1789, anno in cui gli Assortati decisero di affidare la vaseria a Luigi Venanzoli. Quest'ultimo avrebbe garantito una produzione migliore e sicuramente in grado di competere con quella del Verdinelli dato che, come vedremo, aveva lavorato per diversi anni sotto la sua direzione. Il Caprari dovette allora cercare un altro immobile nel quale aprire una nuova fabbrica che, con molta probabilità, è possibile identificare con quello di via del Borgo, passato successivamente al Rosati.
     L'uso dei macinetti da colori e le altre notizie desunte dai verbali dei Consigli Comunali dimostrano come nel decennio 1770-1780 vi fossero già a Monte Milone due fabbriche le quali producevano maiolica bianca. Delle due la principale era quella ereditata da Francesco Verdinelli Ferrini, sia per il numero dei dipendenti che per la qualità del prodotto: ...Francesco Verdinelli Ferrini della stessa professione ed allievo del ... Sig. Catervo, il quale ha seguitata la ... Fabrica di Majolica con lode Universale avendola accresciuta, ed accrescendola giornalmente tanto rapportato alla quantità, che qualità, si di lavoro, che di colore, e Pittura anche a smalto di maniera che ha un esito considerabile per tutta la Provincia, mandandone quantità di some per le fiere e mercati dei luoghi della Provincia, e concorrendo l'istessi Provinciali in Monte Milone per farne provista ... nella stessa Terra di Monte Milone è stata aperta da un anno circa a questa parte altra Fabrica di Majolica, che camina sotto il nome di Marco Caprari ma presentemente può dirsi esser andata affatto in decadenza, poiché al presente sono in bottega due soli Lavoranti, i quali non lavorano altro, che coccie ordinarie e grossolane ...[25]
     I pezzi usciti dalla fornace del Verdinelli, oltre a contraddistinguersi per l'eleganza delle forme, dovevano la loro bellezza soprattutto al fatto di essere decorati con pittura a smalto. L'utilizzo di questa tecnica, riscontrabile in Italia nella seconda metà del secolo soltanto nelle produzioni di pochissimi altri centri, viene frequentemente sottolineato dalle numerose carte rintracciabili negli archivi e relative all'attività del vasaio montemilonese. Per una fabbrica di maioliche riuscire in un siffatto tipo di produzione costituiva una meta ambita, alla quale non si arrivava se non mediante esperimenti lunghi e costosi. Nel caso del Verdinelli il possedere una vaseria molto grande, con un giro di affari ampio già ai tempi del Ferrini, costituirono le premesse ideali che gli consentirono, negli anni tra il 1778 e il 1783, di potersi dedicare all'apprendimento di questa tecnica che, stando sempre alle fonti disponibili, riuscì a perfezionare fino al punto di poter competere con altri centri di produzione molto più noti del nostro.
     Catervo Ferrini morì nel 1778 e, come apprendiamo dal testamento[26], lasciò in eredità tutti i suoi beni al figlio adottivo Francesco Verdinelli, con la vedova Marianna Crocetti usufruttuaria.



[1] D. Assortati, Notizie o sieno Relazioni delle Case, e Famiglie antiche, e moderne di Monte Milone scritto da Domenico Assortati l'anno 1823 e seg., manoscritto, Monte Milone 1823-1824, c. 28v. Il volume è conservato presso l'Archivio della "Corporazione del Melograno" di Pollenza (in seguito A. C. M. P.) con il n. 831 di protocollo. Il testo, che raccoglie numerose notizie sulle famiglie di Monte Milone, venne scritto negli anni 1823-1824 e riporta alcune interessantissime testimonianze di un contemporaneo sui fabbricanti di maiolica a Monte Milone. Questo particolare interesse dell'Assortati per i maiolicari è probabilmente giustificato dal fatto che anch'egli, insieme ai fratelli Giacomo, Francesco e Antonio, fu comproprietario, a partire dal 1782, di una fabbrica diretta da Marco Caprari. Sulla figura dell'Assortati, possiamo riportare alcune brevi notizie, gentilmente forniteci da Fabio Sileoni: "Domenico Assortati (M. Milone 1757-1833) apparteneva ad una delle più antiche e facoltose famiglie di Monte Milone. Abbiamo notizia di un tale Cecco di Ser Antonio da Sorti (villaggio nei pressi di Sefro (MC), da cui deriva appunto il cognome Assortati), stabilitosi in M. Milone fin dagli inizi del XVI sec. Domenico, uomo di genio e cultura versatile, nel corso della sua esistenza ricoprì le principali cariche pubbliche del Comune, Cittadino di Consiglio, Savio Municipale, Presidente della Commissione Acque e Strade, membro di varie Congregazioni Religiose, ecc. Appassionato diarista e raccoglitore di memorie locali, ha lasciato numerosi manoscritti riguardanti la cronaca, il costume, il governo e le attività intraprese dai nostri avi, fonti interessantissime per ricostruire la storia pollentina del XIX secolo." Sull'argomento cfr. F. Sileoni, La Croce e la Vanga, Pollenza 2003.
[2] A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4189.
[3] Si noti che l'Assortati riporta alcuni dati errati, quali il nome del figlio di Nicola Agostino Mariani o, come avremo modo di vedere più avanti, la data in cui Catervo Ferrini si trasferì a M. Milone (c. 32v) e, ancora, il fatto che definisce in un primo momento il Ferrini come lavorante(c. 28v) e poi garzone (c.32v).
[4] Manca, nell'Archivio Parrocchiale della Chiesa di S. Biagio, il Registro dei Morti relativo agli anni 1738-1750.
[5] Archivio Storico Comunale di Pollenza (in seguito, A.S.C.), Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1739-1745, cc. 318v, 319r e v.
[6] Ibidem, c. 67r.
[7] Francesco, figlio di Nicola Agostino Mariani, nato nel 1731, non era ancora maggiorenne quando la madre sposò in seconde nozze il Ferrini. È pertanto difficile attribuirgli un ruolo rilevante nell'attività della vaseria, essendo morto nel 1756 appena venticinquenne e le cui redini erano state assunte oramai dal padrigno.
[8] A don Nazzareno Boldorini, parroco della chiesa di Rambona in Pollenza, si devono, oltre alle importanti notizie rinvenute sulle fabbriche di ceramica a Monte Milone nei secc. XVI e XVII, una sommaria ricostruzione della parte relativa al '700, operata mediante ricerche nei volumi dei verbali dei consigli comunali, nonché la scoperta, presso l'Archivio di Stato di Roma, di tutto il materiale riguardante il Verdinelli e la privativa pontificia per la fabbricazione della maiolica. Quasi tutte le notizie da lui raccolte vennero poi a formare la base di un breve saggio, pubblicato parecchi anni dopo la sua morte avvenuta nel 1959 in A. Valentini (a cura di), La ceramica di Pollenza. Quattro secoli di creatività, Pollenza 1998, pp. 23-26, dal titolo Piano di lavoro per la ricerca di notizie sull'industria ceramica in Monte Milone (Pollenza).
[9] Archivio di Stato di Roma (in seguito, A. S. Roma), Camerale III, b. 1439.
[10] A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 3953.
[11] Ibidem.
[12] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[13] A.S.C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1746-1755, c. 6v.
[14] Ibidem, c. 7r.
[15] A. S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4292. Da questo atto notarile risulta che le maioliche venivano esportate in altri paesi come, ad esempio, Recanati.
[16] A. S. C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1746-1755, c. 213r e v.
[17] Ibidem, cc. 215r e v, 216r.
[18] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.
[19] D. Fioretti, Persistenze e mutamenti dal periodo giacobino all'Unità, in S. Anselmi (a cura di), "Storia d'Italia - Le Regioni dall'Unità ad oggi - Le Marche", Torino 1987; sull'argomento si può utilmente consultare anche A. Caracciolo, Le port franc d'Ancône. Croissance et impasse d'un milieu marchand, Paris 1965.
[20] A. Caracciolo, L'economia regionale negli anni della costituzione del porto franco di Ancona, in S. Anselmi (a cura di) "Economia e società: le Marche tra XV e XX secolo", Bologna 1978; cfr. pure A. Caracciolo, Le grandi fasi di sviluppo dell'economia delle Marche negli ultimi secoli. (Elementi di una ricerca su fonti demografiche), in "Studia Picena", XXXI (1963).
[21] Circostanza questa abbastanza verosimile in quanto il Caprari era nato a Monte Milone e quella della Porta del Colle era l'unica fabbrica esistente all'epoca nel Comune.
[22] Da un atto notarile del 28 novembre 1772 apprendiamo che Marco, a' fine di assimersi da debiti da se contratti, per li quali è stato anche ristretto in queste Carceri Pretorali vende a suo padre Nicola una casa, che esso Marco comprò da Anton Niccola Andreani al presente ridotta ad uso di Vasaria posta dentro questa Terra in Contrada di S. Bartolomeo... A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4392.
[23] A.S.C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1769-1779.
[24] Ibidem, vol. 1780-1790.
[25] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439. Il documento è datato 3 settembre 1783.
[26] A. S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4291.

Commenti

Più seguiti

Urbanistica ed Edilizia nel Centro Antico di Pollenza dal 1800 ad Oggi.

Disegni ed immagini del centro antico prima dell’epoca contemporanea al Museo Comunale di Pollenza [1] .         Possiamo affermare con certezza che tutte le trasformazioni urbanistiche ed edilizie avvenute negli ultimi due secoli nel centro antico di Pollenza risultano documentate. Di quasi tutto ciò che è scomparso, o si è trasformato, nel tessuto edilizio originario, possediamo una documentazione costituita da foto o disegni, per la maggior parte raccolti dal pittore pollentino Giuseppe Fammilume, o da progetti originali di edifici pubblici ed altro materiale relativo alla loro costruzione appartenenti all’Archivio Storico Comunale [2] . È quindi possibile una ricostruzione completa di tutte le trasformazioni urbanistiche ed edilizie che hanno riguardato l’agglomerato urbano all’interno delle mura castellane anche ricorrendo ad una mappa catastale degli inizi dell’800 [3] che, tuttavia, rappresenta molto bene anche la situazione nell’ultimo qua...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte prima.

  Case, ville, torri colombaie   I. Introduzione [1]        Se esiste un tipo di edificio che ha sempre esercitato in me un fascino particolare questo è sicuramente la casa – torre – colombaia [2] . Questo tipo di costruzione rappresenta senza dubbio una delle espressioni più interessanti dell’architettura rurale anche se, paradossalmente, in pochi conoscono la sua reale funzione. Era essenzialmente un fabbricato per l’allevamento dei piccioni formato da una torre isolata o facente parte di un aggregato edilizio più complesso: in quest’ultimo caso rappresentava l’elemento architettonico qualificante sia in quanto primo nucleo di successive aggregazioni di corpi di fabbrica o in quanto parte di una dimora rurale o villa progettate in funzione della colombaia stessa o delle quali la colombaia costituiva, in base a precise scelte non solo architettoniche, il volume dominante.      In realtà l’allevamento di piccioni che in esse...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte terza.

  Case, ville, torri colombaie   VII. Il cinquecento.   La seconda fase nella diffusione di torri colombaie trova un importante riscontro nell’evoluzione della normativa statutaria, a partire dalla fine del ‘400, dove, tra i testi indagati, quasi tutti riportano, nelle regioni del Centro e Nord Italia, norme molto precise sulla caccia al colombo e sulle colombaie oltreché, in alcuni casi, notizie molto rilevanti sulla loro funzione e ubicazione. Si può dire che tutti i comuni più importanti di queste regioni dispongono di regole sulla tutela dei colombi e delle colombaie, spesso anche comuni molto piccoli, dove il termine torre, associato all’allevamento dei colombi, compare molto più frequentemente rispetto agli statuti dei secoli precendenti. Per questo periodo si può affermare con certezza, vista l’abbondanza di fonti, che si tratta ancora di case torri, che seguono schemi tipologici oramai collaudati, o di ville con la torretta sopra il tetto ma, anche, di u...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte seconda.

  Case, ville, torri colombaie   V. Ut copia et fertilitas palumborum habeatur.   Mancando un quadro cronologico preciso sulla diffusione delle torri colombaie, a partire dal basso medioevo in avanti, appare difficile tracciare un’evoluzione del fenomeno da un punto di vista temporale e allo stesso modo, mancando dati sufficienti sulla loro collocazione geografica nello stesso periodo, risulta altrettanto difficoltoso stabilire in quali zone ci fu una maggiore presenza di questi edifici. Un punto di partenza, però, è senz’altro quello che potrebbe derivare da una catalogazione delle costruzioni superstiti effettuata per zone geografiche come, ad esempio, quella pur incompleta contenuta sulla collana del C.N.R. sulle dimore rurali. Ancora, per i periodi successivi, si potrebbe attingere alla documentazione riportata dai catasti, laddove esistenti, come è stato fatto in maniera quasi sistematica per le Marche, sotto l’impulso di Sergio Anselmi, ed i cui risultati so...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte sesta.

  La crisi di metà Ottocento. La decorazione in blu e in verde.               Il secondo quarto del secolo è segnato dal netto passaggio ad una nuova generazione di maiolicari. Scomparvero infatti, in poco meno di un decennio, tutti quegli uomini che alcuni anni prima avevano saputo creare, con il loro ingegno, un'industria stabile e fiorente, fonte di guadagni e di benessere per il piccolo centro della Marca.             Antonio Venanzoli morì nel 1838 e il fratello Lorenzo l'anno seguente. A questi successero nella direzione della fabbrica due dei sette figli di Antonio, Ignazio e Niccola. Felice Rosati morì nel 1840 lasciando in eredità la fabbrica ai suoi tre figli maschi Gaetano, Generoso e Giuseppe. Lo stesso anno veniva a mancare Giuseppe Ranieri mentre il fratello Francesco morì, qualche anno dopo, nel 1846. La loro fabbrica passò ai tre nipoti ex sorore ...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Prima parte.

Introduzione      Come più volte ho avuto modo di dire o scrivere, fino ad oggi non è mai stata pubblicata una vera e propria storia della ceramica di Pollenza. Esiste certo il “Piano di Lavoro” del Boldorini, punto di partenza di tutti gli studi fino ad ora realizzati su questo argomento, ma si trattava unicamente di una serie di appunti, basati sull’ampia ricerca archivistica da lui effettuata negli anni ’40-‘50 dello scorso secolo, che non aveva però l’ambizione di definirsi una storia di questa attività. Neanche io ho mai voluto addentrarmi nell’impresa, nonostante le numerose ricerche realizzate, in quanto speravo di approfondire maggiormente l’argomento, soprattutto in relazione alla produzione delle varie fabbriche che si sono succedute nel corso dei secoli. Tuttavia sono giunto alla conclusione che sia meglio pubblicare quanto ho scritto, alcuni anni or sono, anziché lasciare tutto in un cassetto. Tale studio, sebbene costituisca una ricerca palesemente ...

Urbanistica ed Edilizia nel Territorio di Pollenza dal 1800 ad Oggi.

Disegni ed immagini del territorio prima dell’epoca contemporanea al Museo delle Memorie Patrie Pollentine.             Il presente post, che raccoglie il materiale di una conferenza, organizzata dalla locale Società Operaia e patrocinata dall’Amm.ne Comunae, tenutasi a Pollenza il 28 novembre 2010, tratta di alcune delle trasformazioni avvenute a partire dall’800 in campo urbanistico ed edilizio nel nostro comune. È il seguito di “Urbanistica ed Edilizia nel Centro Antico di Pollenza dal 1800 ad Oggi”, qui pubblicato in data 26 luglio ‘19, e tenta di raccontare alcune delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, le più rilevanti, avvenute extra moenia nel territorio comunale. Ciò attraverso una serie di foto e disegni, conservati per la maggior parte presso l’Archivio Storico Comunale di Pollenza, che raccontano e documentano come erano certe zone o certi edifici prima dell’epoca contemporanea.    ...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza.

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza. Il Settecento. II      Francesco Maria Verdinelli nacque nel 1760 [1] a Monte Milone da Giuseppe Maria Verdinelli e Piera Perini. Il padre, piccolo possidente terriero [2] , lo avviò alla professione di ceramista, probabilmente già in giovane età, mandandolo a lavorare presso la fabbrica della Porta del Colle, l'unica allora esistente all'interno del territorio comunale, dove il proprietario Catervo Ferrini, non avendo avuto figli, ebbe presto modo di affezionarsi ad un giovane pieno di talento e iniziativa, fino al punto di deciderne l'adozione e di lasciargli successivamente in eredità tutti i suoi beni.      Francesco ereditò, dunque, la fabbrica appena diciottenne, insieme ad altri beni, ma con la condizione di venirne in possesso soltanto dopo la morte della vedova Marianna Crocetti [3] . Fino a quella data Francesco sarebbe dovuto restare nella condizione di lavorante stipendiato e sotto...

L'industria della ceramica in provincia di Macerata tra la fine dell'800 e gli inizi del '900.

Alcune note sull’industria della ceramica in provincia di Macerata tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.                Ritengo interessante esporre, in queste brevi note, un quadro certamente non esaustivo dei centri di produzione di oggetti in ceramica, nella provincia di Macerata, nel periodo che va dalla fine dell’800 ai primi anni del XX secolo. Dai documenti esaminanti, due statistiche, un bollettino ed altro materiale documentario della Camera di Commercio, emerge la presenza di numerose botteghe, sparse in maniera quasi uniforme su tutto il territorio, dalla costa fino alle località montane, ed un solo centro, Pollenza, che poteva vantare la presenza di piccole fabbriche , come venivano definite all’epoca, con una produzione di una certa consistenza e qualità. Le prime occupavano da 1 a 6 lavoratori e producevano ceramica d’uso, oggetti e stoviglie ordinari in terracotta, destinata perlopiù al commercio locale. Quelle di Pollenza pr...
  Un progetto inedito di Giuseppe Valadier per Fano.                 Si conserva, presso l’Accademia di San Luca a Roma, un progetto di Giuseppe Valadier per la liscia ed i molini del tabacco presso il Ponte Astalli di Fano, costituito da una tavola a china ed acquerello, non datata e senza titolo, delle dimensioni di 288 x 441 mm [1] (fig. 1).   Fig. 1. Giuseppe Valadier. Progetto per i mulini del tabacco e la liscia presso il porto di Fano, pianta, prospetto e sezione . Roma, Accademia di San Luca, Fondo Valadier , ASL 2863. Da  http://lineamenta.biblhertz.it:8080/Lineamenta/1033478408.39/1035196181.35/1046533224.67/Sh-p0ixSc/view         Tale disegno è relativo alla zona di Fano compresa tra Porta Giulia ed il canale Albani e rappresenta un sistema per fornire forza motrice al mulino del tabacco collocato in prossimità del Ponte degli Astalli e della parte terminale del Canale...