Il Serbatoio dell’Acqua di Serrapetrona.Piccola Storia dell’Acqua a Pollenza.[1]
Il restauro di un edificio antico,
specie se di pregio, costituisce spesso l'occasione migliore per riscriverne la
storia o, comunque, capirne a fondo l'evoluzione, le stratificazioni che su di
esso si sono sovrapposte nel corso dei secoli. Ogni strato o sovrapposizione ci
racconta dell'epoca in cui è stato realizzato, lo ricolleghiamo a fatti noti
della storia del luogo, di un'area geografica più ampia, o può portare con sé
la memoria di vicende urbane delle quali il tempo ha spazzato via ogni ricordo.
Del resto il termine monumento, nel suo valore etimologico latino monumentum, (moneo: ricordo), serve a
designare un oggetto che tramandi la memoria di persone e di avvenimenti del
passato[2].
Ma se nel caso dell'edificio di valore architettonico questa occasione può
servire a riscrivere la storia del monumento stesso o a rivalutarne e capire
meglio i suoi caratteri stilistici, nonché la sua evoluzione, nel caso
dell'edilizia antica, la cui architettura di scarso pregio appare
essenzialmente finalizzata alla funzione che essa ha svolto per un certo numero
di anni, o legata a un certo evento, diventa naturale parlare forse più di
questa funzione, di questo evento, piuttosto che dell'edificio in sé il quale,
paradossalmente, finisce per assumere un'importanza minore rispetto ai fatti
che ricorda. Il manufatto, di scarso pregio architettonico, ma dalla funzione
importante per l'epoca ed il luogo in cui è nato, il monumento che assume
preminentemente un valore documentario, a discapito di quello artistico, in
quanto tramanda la memoria di vicende in certa misura storiche, se rapportate
ai luoghi ed alla comunità in cui si sono svolte. Da questo punto di vista, il
nostro edificio, di piccole rivoluzioni tecnologiche, e non solo, ne
rappresenta almeno due ed entrambe contribuirono a migliorare le condizioni di
vita dei nostri concittadini. La prima segnò l'arrivo dell'acqua potabile in
paese; la seconda, quello dell'acqua corrente nelle case.
Nondimeno il Serbatoio di Pollenza, pur non potendo essere considerato un edificio
di pregio architettonico, possiede un valore che va al di là di quello
puramente documentario, in quanto costituisce un interessante esempio di
edificio tecnologico della seconda metà dell'Ottocento, parte integrante di un
impianto più complesso, tuttora leggibile nella sua integrità fisica e la cui conformazione
era strettamente connessa alla funzione che, fino a tempi recenti[3],
svolgeva.
Questo impianto più complesso, di
cui il serbatoio faceva parte, era la condotta d'acqua potabile proveniente da
una sorgente di Serrapetrona[4],
una diramazione della rete idrica di Macerata realizzata e progettata nel 1891
dalla Società Italiana per Condotte
d'Acqua[5],
con sede in Roma. La direzione dei lavori venne affidata al pollentino Egidio
Nardi, perito comunale[6]
che riuscì a realizzare il serbatoio in tempi brevissimi e cioè tra il 7
settembre e il 2 dicembre 1891. L'edificio venne collocato nel punto più alto
di Pollenza, lungo via S. Bartolomeo (fig. 1), in un'area ricavata dalla demolizione di
due case a schiera. Non fu un inserimento dei più felici perché, di fatto, si
squarciò la cortina unitaria dell'isolato cinque-seicentesco, creando una
lacerazione tuttora ben visibile del tessuto storico. Ma l'importante era,
all'epoca, portare l'acqua in paese.
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Figura 1. La zona di via S. Bartolomeo dove venne inserito il nuovo edificio. Mappa catastale. Catasto Gregoriano. Archivio di Stato Macerata. Diritti Riservati.
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Fino a quel momento, chi risiedeva
all'interno delle mura si era dovuto approvvigionare d'acqua potabile da alcune
fonti pubbliche ubicate nelle vicinanze le quali, pur vicine all'abitato, erano
comunque scomode da raggiungere per la loro ubicazione lungo strade molto
ripide. Fu una svolta in certa misura epocale, quella del Serbatoio, che
rivoluzionò le abitudini rendendo la vita di tutti i giorni più facile.
Sulle fonti di acqua potabile a
Pollenza vale la pena di soffermarsi in quanto credo mai, fino ad ora, si è avuta
occasione di parlarne.
Come attestano alcuni documenti
dell'800, la fonte più importante era quella del Leone, di proprietà pubblica, alla quale attingeva quasi tutta
la popolazione all'interno delle mura in quanto la più vicina. L'altra fonte
comunale nelle vicinanze delle mura era quella delle Trocche, meno utilizzata perché più difficile da raggiungere;
c'era poi la fonte pubblica dell'Agrimalda,
poco in uso poiché l'acqua era di qualità mediocre.
Tutte e tre erano dotate di lavatoio. Molte altre ne esistevano nel territorio
comunale, meno importanti e strutturate in maniera più semplice. Alcune murate e dotate di cannella e conserva,
altre che sgorgavano direttamente dalla roccia. In tutto erano 25, che
ricorderemo brevemente, cominciando da Font'Angela,
da Fonte di Cegli (detta anche Fontecelli) e da Fonte di Monte Franco o Molino, tutte e tre pubbliche ma la cui
qualità veniva definita mediocre. Le rimanenti 19 erano di proprietà privata: Fonte del Morico, di Bagnolo, di Borromeo, Fonte di Papa, Fonte S. Unda, Fonte di
Malapiuma, di Tavola, Fonte la Cannella, due fonti dette di S. Lucia, Fonte alla Sgaruina, Fonte
della Rancia, di Rambona e quella
detta del Coppo di Rambona, una
sorgente in contrada Morazzano detta Papetto,
un'altra sorgente sempre in contrada Morazzano, la sorgente di Rio Maggiore e due sorgenti in
contrada Coldorso[7].
Ma torniamo al nostro serbatoio. La
sua conformazione originaria è quella desumibile dalle fig. 2 e 3: un unico
vano quadrato, leggermente seminterrato, con pilastro centrale e copertura
risultante dall'intersezione di quattro volte a botte, con le direttrici
parallele ai lati. Spezza la continuità della copertura una lunetta sopra lo
stretto vano di accesso. Un'anticamera, disposta verso la strada, serviva a
contenere le diverse attrezzature (fig. 4) per il funzionamento dell'impianto:
In una camera rettangolare situata
avanti il serbatoio saranno collocati gli apparecchi di misura e di presa.
L'acqua giunge in un pozzetto di mi.
0,50x0,45, ed alto 0,60, e da questo passa in un secondo delle stesse
dimensioni, detto di calma. Per mezzo di una pistola di misura lunga mi.
0,226 collocata nella parete del secondo pozzetto l'acqua passa nel serbatojo.
La pistola dovrà essere sottoposta ad un battente costante di mi. 0,279.
Tutte le murature saranno formate di mattoni a malta idraulica.
Per mezzo di un tubo del diametro di
mi. 0,040 munito di saracinesca si potrà scaricare il serbatojo:
altro tubo detto sfioratore serve per portare le acque esuberanti nella
chiavica.[8]
La struttura originaria presentava,
infine, una copertura a padiglione, in mattoni, tuttora esistente sotto il
solaio del piano superiore, poggiante direttamente sul riempimento della volta.
Contemporaneamente
al serbatoio vennero realizzate le fontane pubbliche:
Le fontanelle saranno costituite da
una vaschetta di ghisa da collocarsi a muro, munita di tubo sfioratore e di
borchia e boccaglio sia a getto libero, che a getto intermittente, da
collocarsi pure a muro da costruirsi secondo che è indicato nei tipi.[9]
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Figura 2. Pianta del Serbatoio sovrapposta al rilievo del preesistente con le tubature e gli altri elementi di carattere tecnologico. (Progetto originale conservato nel Comune di Pollenza) |
Figura 3. Sezioni del serbatoio. (Progetto originale conservato nel Comune di Pollenza) |
Figura 4. Il dispositivo per l'ingresso dell'acqua nel serbatoio che si trovava nell'anticamera. (Progetto originale conservato nel Comune di Pollenza) |
Le stesse fontanelle, vennero collocate in prossimità della porta del Colle
(fig. 5), della Porta S. Croce, della Porta Nuova, presso la Collegiata (fig.
6) e nella piazza Vittorio Emanuele[10]
davanti all'Ospedale.
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Figura 5. Disegno delle fontanelle in ghisa tuttora esistenti al centro storico di Pollenza. (Progetto originale conservato nel Comune di Pollenza) |
Figura 6. Disegno delle fontanelle in ghisa tuttora esistenti al centro storico di Pollenza.(Progetto originale conservato nel Comune di Pollenza) |
II
Nonostante l'arrivo dell'acqua in
Paese costituisse una svolta epocale - lo abbiamo visto - per la vita dei
cittadini, non mancarono le inevitabili polemiche che, pur muovendo
evidentemente da argomentazioni di carattere politico, al di là dall'essere
puramente strumentali appaiono in larga misura fondate. Tutta la vicenda ci è
nota da un volantino datato 3 dicembre 1891 e firmato da Alcuni cittadini indipendenti[11]:
Finalmente, dopo tanti anni di vano
desiderio, di deluse speranze anche Pollenza è provvista di un ACQUEDOTTO. Ed
in tesi generale, il principale intento è stato raggiunto. Ma a che prezzo,
santo Dio! Quanti errori, quante sciocchezze si sono compiute, quanto danaro
gittato senza una ragione! La vera vittoria di Pirro! …
Non vogliamo preoccuparci degli
errori di minore entità, quali sono la grottesca conformazione delle fontane,
la loro distribuzione sbagliata e non rispondente alla giustizia ed ai bisogni
di tutti gli abitanti, il danaro profuso inutilmente per il vantaggio di
qualche assessore affarista, e tante altre cosette di minore importanza. Ci
fermeremo sulle principali corbellerie. E per cominciare domanderemo: quale è
quel paese che costruendo un acquedotto, dispone le fontane fuori delle porte?
E se pure si è creduta utile questa disposizione, con qual criterio far passare
la conduttura nelle strade interne, se poi l'obbiettivo doveva essere di fuori?
… Non preoccupiamoci della sesta fontanta, perché non si sa perché sia stata
costruita.
Ma tante sciocchezze, tanti sbagli
sono ben poca cosa, perdonabilissimi nèi, a petto a quell'immane, terribile,
mostruosa pazzia della costruzione del serbatoio! (Leggi Fortezza).
Questa vasca del malanno costa in
tutto alle nostre tasche forse 12.000 lire …
L'acqua venendo direttamente dalla
sorgente sarebbe ascesa a qualunque altezza, in ogni abitazione del paese; oggi
in grazia del predetto recipiente, non può salire che al primo piano di poche
case, e al pianoterra delle altre. Così se, come è probabilissimo, parecchi
cittadini domandassero la concessione dell'acqua, come già fu loro dato il
diritto con precedente atto consiliare, non potrebbero ottenerla, ed i signori
della Commissione e della Giunta non avrebbero altra ragione da addurre che la
loro asinità e cocciutaggine.
Queste critiche non erano certo
immotivate, soprattutto l'ultima. Se, infatti, quelle relative al numero e alla
disposizione delle fontane potevano apparire pretestuose, il giudizio negativo
sulla scelta, da parte dell'Amministrazione Comunale, di realizzare il
serbatoio, si rivela in larga misura condivisibile. Neanche le ragioni addotte
per giustificare questa decisione, che dovevano essere quelle di un consistente
abbattimento dei costi di acquisto dell'acqua, appaiono convincenti. Infatti si
può leggere ancora nel volantino:
Un'unica ragione (la quale se fosse
plausibile, non potrebbe mai controbilanciare tanti danni) si adduce per
giustificare tante migliaia di lire così malamente dissipate. Si è detto: Col
serbatoio e col sistema del getto discontinuo, noi possiamo contentarci di
acquistare una quantità d'acqua non superiore ai 60 mc. mentre in realtà
usufruiremo di una quantità maggiore. L'esperienza dello scorso anno,
dall'ottobre 1890 ad oggi, basta da se a distruggere l'idea di questo grande
vantaggio. Se per un anno circa 30 mc. d'acqua sono stati sufficientissimi per
i bisogni del paese, come si potrà temere che una quantità d'acqua doppia di
quella derivata fino ad ora possa essere insufficiente?
In effetti, il progetto
commissionato alla Società Italiana
appare finalizzato alla realizzazione di un impianto destinato ad alimentare
unicamente le fontane pubbliche, non certo le utenze private, ed è naturale
chiedersi come potessero pensare gli Amministratori di portare l'acqua nelle
case con un impianto assolutamente inadatto allo scopo.
Altra testimonianza del clima
rovente nel quale i Pollentini si erano venuti a trovare a seguito della
costruzione del serbatoio e delle fontane, è la ben nota poesia di Pasicrate
Menichelli, La fonte della Porta de Sopre
se lamenta contro la jonta de Pollenza, dove il poeta si scaglia contro
l'Amministrazione Comunale del tempo proprio a causa di una della fontane
realizzate[12]:
Vérgene
vèlla chiara fresca e bbona.
Rriai
correnno da Serrapetrona,
E
mmè fô ditto che ffaccìa miraculi
Scintandu
cuminsò a famme l'ostaculi.
Nù
scriante vanusu 'npò sbrodatu,
Restò,
che non ce fece lu sticcatu.
Ssu
st'ardri siti, anche cervelli duri
A
ssoreme le tè come li fiuri;
Ma
qui ssa jonta, ssa befana razza
Me
smoe, me muta, roppe e me strapazza
Se
strapazzete a mme pura e 'nnocente
Cche
je farete a tanta pôra jênte?
No
strapazzete a mme, porca matina
No
mme faciate fa la vurattina!
Perché
sbarzamme via quanno statio
Proprio
a 'mmezzo lu Pinciu, ché pparìo
'Na
fantella, 'na spusa, 'na rijina,
E
tutti me dicia: quanto è ccarina!!
E
cce facio daèro la pomposa
Perché
de lu Pincittu ero la rosa.
E
lassateme ji per carità,
Nô
mme sbarzate più de qua e de là.
Perché
ffacete, o Jonta venedetta,
Gni
cosa per dispetto o per vennétta?
Perché
sprechete tantu malamente
tanti
quatrì ppê 'nnispittì la jente?
E
quantu durerà ssa grassa vigna
De
fa le côse pê la porca tigna?
Io
co 'nnisciuna l'ho pijata mai,
Se
l'ardri ce la pija, e cche cce fai!
Quante
gran teste stu Cummune allogghia
Più
dure de la pietra de la logghia!
Pure
vurria sapé cche j'agghio fattu
A
quessa Jonta de cervellu a gattu!!
Tutti
ho 'rlaato; e non è corba mia
sse
certe macchie non è jite via.
E
la pija co 'mme ssì gran margutti,
Co
'mme, che l'aggio sbessciolati a tutti!!
Per
me tutti m'è stati sembre cari…
Ho
sbessciolatu cà, muli e somari,
majali,
scimie, pecore, e paù,
Tutte
le vestie de Montemilù;
E
sse ce vè la Jonta a ttempo e loco,
Non
sulu je do a bbé, ma ce la ffoco.
Ma
io la virità gnà che je dica.
Jonta
de cucucciù, Cummune cara,
Io,
pé la parte mia, te parlo chiara,
Te
parlo propio come l'acqua pura,
Se
no mè vo' sintì, cchì se ne 'ncura?!..
Mittéte
a mménte po’ sta canzonetta,
Chè
cchì vennétta fa, vennétta spetta.
III
Svanita ogni speranza di avere acqua
corrente nelle case tramite l'acquedotto comunale, i nostri concittadini
dovettero perciò rassegnarsi ed attendere quasi quaranta anni prima di vedere
realizzato un nuovo impianto idrico, alimentato questa volta non più dalle
sorgenti di Serrapetrona, ma da quelle della vicina Fonte del Leone. Venne infatti realizzata una nuova conduttura fino
al vecchio serbatoio, che fu sopraelevato di un piano per potervi collocare una
nuova cisterna la cui quota altimetrica, in questo caso, era tale da consentire
la distribuzione dell'acqua nella quasi totalità delle abitazioni del paese,
fatta eccezione per quelle ubicate ai piani alti degli edifici circostanti il
serbatoio.
Il nuovo impianto fu inaugurato il
28 ottobre 1930 come si può leggere in una cronaca dell'epoca[13]:
Inaugurazione
del nuovo Acquedotto.
In occasione dell'anniversario della
celebrazione della Marcia su Roma anche Pollenza per ricordo di tale data ha
voluto inaugurare il nuovo acquedotto che servirà per dare ai cittadini più
agio di servirsi dell'acqua che era una delle deficienze tanto deplorate da tutti.
Precedute dalla Banda Cittadina tutte le associazione civili e religiose si
sono recate presso il vecchio serbatoio sopra il quale venne fabbricato il
nuovo e quivi il Prevosto Mons. Corrado Marinozzi diede la benedizione; poi
presso il giardino pubblico, luogo in cui perviene la conduttura dalla Fonte
Leone all'interno del paese e anche qui detto Sacerdote diede la benedizione.
Una fontana di acqua viva situata nel mezzo del giardino è testimone dell'acqua
pura che perviene da detta fonte
Questa nuova struttura al primo
piano venne realizzata in muratura di mattoni pieni, legati con malta
cementizia e poggiava sopra una soletta in cemento armato sorretta da travi
realizzate con lo stesso materiale. Era accessibile mediante una scaletta alla
marinara che conduceva ad una botola ubicata sulla copertura. Quest'ultima,
sempre in cemento armato presentava un rivestimento esterno in mattonelle di
graniglia chiare.
Il nuovo impianto, pur non
costituendo una soluzione definitiva, consentì, con tutti i suoi limiti, di
alimentare le utenze private per alcuni anni, fino alla fine degli anni '50
dello scorso secolo[14],
quando il problema dell'acqua a Pollenza venne risolto in maniera definitiva
con la costruzione del serbatoio attualmente in funzione lungo via Olivieri.
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[1] Questo testo rappresenta
una parte della pubblicazione del Comune di Pollenza: Alessandro Nardi, Il Restauro
del Serbatoio dell’Acqua di Serrapetrona a Pollenza, Pollenza, 2002.
[2] Cfr. Rosario Assunto, voce
"Monumento" in Enciclopedia
Universale dell'Arte, Venezia - Roma, 1964.
[3] Il serbatoio ha cessato di
funzionare nel dicembre 2001.
[4] Comune della provincia di
Macerata ubicato a circa 25 km da Pollenza.
[5] La Società Italiana per
Condotte d'Acqua era la principale impresa italiana per la realizzazione di
opere idrauliche. Venne fondata a Roma il 7 aprile 1880, dal Principe
Sigismondo Giustiniani Bandini insieme ad altri notabili romani e si distinse,
nei primi anni di attività, oltre che per le numerosissime condotte di acqua
potabile costruite, anche per la realizzazione, tra il 1882 ed il 1889, del
Canale Villoresi per l'irrigazione e la fertilizzazione della pianura lombarda
tra il Ticino e l'Adda, che rappresenta la più importante opera di ingegneria
idraulica dell'epoca. Attualmente la Società, confluita nel gruppo Ferfina,
rappresenta una delle principali realtà imprenditoriali in Italia e nel Mondo
per la realizzazione di opere idrauliche.
[6] Archivio Comunale di
Pollenza. Fondo Egidio Nardi, b. Acquedotto.
Egidio Nardi svolse numerosi incarichi di progettazione e direzione lavori a
Pollenza. Il suo archivio, dal quale sono tratte le notizie e i disegni
relativi alla prima fase della costruzione dell'immobile, venne donato da un
erede alla Corporazione del Melograno e costituisce la più importante fonte
documentaria di quasi tutte le opere realizzate nel nostro comune nella seconda
metà dell'800.
[7] Archivio di Stato di
Macerata, Delegazione Apostolica, bb. 819, 834, 1425. L'elenco delle fonti è
tratto da un quadro statistico del 1836.
[10] L'attuale Piazza della
Libertà.
[11] L'Acquedotto a Pollenza - Ai nostri Concittadini. Archivio Comunale
di Pollenza, Corporazione del Melograno, b. 42, prot. 1565.
[12] Questa fontana, come ci
ricorda la poesia del poeta dialettale Pasicrate Menichelli venne presto
rimossa e collocata altrove. Cfr., al riguardo, Cesare Froldi, Il Poeta Dialettale Pasicrate Menichelli,
Società Operaia di M. S., Pollenza, 2000.
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