Passa ai contenuti principali

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte ottava.

 Fabbriche e fabbricanti di ceramica a Monte Milone.

Le vicende, i personaggi, la cronologia e l’ubicazione delle fabbriche.

 

 

            I testi che seguono, pubblicati qui per la prima volta, costituiscono un approfondimento della parte generale, contenuta nei precedenti capitoli, relativo ad un arco temporale compreso tra la metà del XVIII sec. e gli inizi del XX, dove ho cercato di esaminare, per ogni singola fabbrica, alcuni aspetti legati alle vicende dei ceramisti che le fondarono o ne furono i direttori e, soprattutto, di fornire un quadro cronologico con la successione degli stessi. Una sintesi può essere facilmente consultata nella tabella con il titolo “Cronologia delle fabbriche”. L’ultimo aspetto preso in considerazione è l’ubicazione di queste ultime nel contesto urbano, laddove è possibile indicare, nella maggior parte dei casi, l’esatta collocazione[1]. Ho individuato, con alcune brevi note previe, tutti questi immobili su una mappa catastale antica riprodotta alla fine del testo[2].

  

Marco Caprari

             Marco Caprari nacque a Monte Milone il 26 aprile 1749[3] da Nicola, di professione falegname[4], e dovette apprendere l'arte del vasaio presso la fabbrica del Ferrini, in quanto l'unica esistente in quel periodo nel Paese. Successivamente, staccatosi da questa vaseria, iniziò una propria attività di fabbricante di ceramica, probabilmente intorno al 1770, producendo oggetti ordinari in terracotta dato che non disponeva ancora di nessun macinetto col quale fabbricare i colori. In quell'anno, infatti, acquistava insieme al fratello Gaetano una casa in quartiere S. Bartolomeo confinante da un lato con la casa di Giovanni Battista Pucciarelli, sul retro un orto, la strada pubblica e da un altro lato la casa di Giovanni Battista Palmesiani, da Antonio Nicola Andreani e Marco Ramaccini[5] per adibirla a fabbrica di ceramica.

            Da un altro atto notarile del 28 novembre 1772 apprendiamo tuttavia che Marco, a' fine di assimersi da debiti da se contratti, per li quali è stato anche ristretto in queste Carceri Pretorali vende a suo padre Nicola una casa, che esso Marco comprò da Anton Niccola Andreani al presente ridotta ad uso di Vasaria posta dentro questa Terra in Contrada di S. Bartolomeo... [6]

             Il Caprari dovette sollevarsi ben presto da questa penosa situazione economica, aiutato certamente dai fratelli Assortati i quali, pochi anni dopo, gli misero a disposizione una piccola casa, con orto annesso, situata presso la Porta del Colle e confinante con gli immobili dove il Ferrini, in precedenza, aveva svolto la sua attività di vasaio[7]. Ciò avvenne, con molta probabilità, nel 1776 se il 13 luglio dello stesso anno il Caprari avanzò una supplica al Consiglio di Credenza affinché gli venisse consentito di apporre un macinetto da colori presso il pubblico vallato:

 ... Marco Caprari Vasajo ... chiede di metter un macinetto da macinar colori nel nostro pubblico Vallato col canone ogni anno di pagare libbre due di Cera Bianca. [8]

 Il permesso gli venne accordato il giorno successivo:

            Accordarei a Marco Caprari Vasajo di poter porre il macinetto nel nostro Vallato colle condizioni, ed obblighi espressi nella Supplica ridondando ciò in vantaggio della nostra popolazione.

             Nonostante il Caprari avesse iniziato una produzione di oggetti in maiolica bianca, certamente più qualificata della precedente, si trovò costretto poco tempo dopo a chiudere nuovamente la fabbrica. Ma questo periodo di inattività dovette essere abbastanza breve se, nel 1782, cominciò ad operare nuovamente in un altro immobile, quello ubicato vicino alla Chiesa Collegiata di S. Biagio, di proprietà del cognato dei fratelli Assortati, chiedendo ancora al Consiglio di Credenza il permesso per impiantare un secondo macinetto da colori. La risoluzione consiliare è del 15 dicembre 1782:

             Marco Caprari di professione Vasajo Oratore Umilissimo delle Signorie Loro Ill.me, ... perché vogliano compiacersi concedergli un sito per ivi collocare un altro Macinetto ad uso di Vasaro, obbligandosi il medesimo mantenere il sito secondo il costume, e pagare ancora a questa Illustrissima comunità la Solita cera. ...

            Accordarei a Marco Caprari l'apposizione dell'altro Macinetto a condizione di dover dare a capo a tre anni la credenza, conforme ha dato l'altro Vasaro Ferrini con ponere il detto Macinetto in distanza, che non debba pregiudicare ai Macinetti precedentemente accordati al Ferrini, e che intanto paghi la Regalia in cera di altre due libbre, e si ponghi in una distanza che non pregiudichi ai terreni della Comunità.[9]

             Già si è avuto modo di parlare della qualità delle maioliche realizzate dal Caprari che, stando ai giudizi dei contemporanei, dovevano essere abbastanza grossolane e comunque inferiori a quelle di Francesco Verdinelli Ferrini. Altri documenti degli anni successivi ribadiscono lo stesso giudizio, come in un Atto in causa di vera scienza rilasciato da alcuni cittadini montemilonesi nel 1784, dove si asserisce che ... vicino alla Chiesa Collegiata vi è un'altra Fabrica di Vasaria di coccie [oltre a quella del Verdinelli] ma molto inferiore, che si esercita da un certo Marco Caprari ...[10], o in un altro documento del 1785 dove si può leggere che il Caprari ... spaccia maiolica ordinaria assai, e ... la vende a prezzo vile ...[11]

            La sua attività di vasaio presso la fabbrica della Collegiata durò fino al 1789, anno in cui gli Assortati decisero di affidare la vaseria a Luigi Venanzoli. Quest'ultimo avrebbe garantito una produzione migliore e sicuramente in grado di competere con quella del Verdinelli dato che aveva lavorato per diversi anni sotto la sua direzione. Il Caprari dovette allora cercare un altro immobile nel quale aprire una nuova fabbrica che è possibile identificare con quello di via del Borgo, passato successivamente al Rosati. Dai carteggi relativi alla disputa per i macinetti nel vallato del fiume Potenza apprendiamo, infatti, che i diritti di prendere acqua dal mulino, acquisiti da Marco Caprari, passarono a felice Rosati. Pur non avendo una conferma definitiva possiamo affermare, per quanto attiene ai carteggi sul molino del Potenza, che questi appartengono all'epoca in cui il Rosati era vivente ed operante e ciò fa ritenere la fonte abbastanza attendibile.

            Non sappiamo con certezza fino a quando il Caprari esercitò la professione di fabbricante di maioliche ma sicuramente, nei primi anni dell'800, abbandonò l'attività per abbracciarne un'altra, come risulta da una lista di spese del Convento di S. Francesco di M. Milone risalente al 1808, dove leggiamo che erano dovuti 88 baiocchi a Marco Caprari fornaio per la cocitura del pane[12].

            Morì a Monte Milone il 4 marzo 1821[13].

 

 

 

Fabbrica di via Santa Maria.

             Intorno al 1850 all'attività delle quattro fabbriche presenti nel comune di Monte Milone si aggiunse quella di una quinta, della cui esistenza si era persa sino ad oggi ogni memoria, per opera di alcuni lavoranti già alle dipendenze di altri opifici del paese. In un atto notarile del 24 settembre 1863[14] possiamo leggere infatti di un tale Pacifico Sileoni possidente e fabricatore di majolica, domiciliato e dimorante in questo comune. Lo stesso atto è relativo all'acquisto, da parte del Sileoni, di una porzione di casa, ubicata nel quartiere di S. Maria, Contrada Vicinatello al Numero civico centonovantadue, di proprietà del fratello Domenico[15]. Da un allegato all'atto veniamo pure a sapere che sulla casa gravava, dal 20 maggio 1854, un'ipoteca contro Sileoni Pacifico di Sebastiano, e Rosati Beniamino Fabricatori di Majolica domiciliati in Monte Milone ed in favore di Vincenzo di Bartolomeo Moroni Possidente domiciliato pure in Monte Milone. In virtù di Sentenza proferita dal Tribunale di Prima Istanza sedente in Macerata in figura di Tribunale di Commercio nell'Udienza del giorno 10 Maggio 1854 portante condanna solidale dei suddetti Sileoni e Rosati al pagamento di scudi trenta ... Dagli atti contenuti nel fascicolo processuale del Tribunale di prima istanza di Macerata[16] scopriamo che la condanna avvenne per una cambiale non pagata del 17 giugno 1852. Se ne deduce che prima di quella data i due già esercitavano l'attività di fabbricanti di Maiolica e, considerato che il loro nome non appare nel Ruolo dei Contribuenti del 1850[17], l'inizio dell'attività di questa fabbrica risale con certezza al 1851 o ai primi mesi dell'anno successivo.

            Pacifico Sileoni aveva appreso l'arte del vasaio presso la fabbrica dei fratelli Ranieri mentre Beniamino Rosati in quella dello zio, Felice Rosati, come risulta dall'elenco degli operai delle fabbriche del 1830. La loro attività dovette tuttavia cessare momentaneamente prima del 1857, poiché il loro nome non risulta tra quello dei fabbricanti di maioliche nel ruolo dei contribuenti per la tassa di esercizio delle arti e del commercio dello stesso anno[18].

            Inesistenti le notizie relativamente agli anni fino al 1861 quando, dalla Statistica Minerale apprendiamo che la "quinta fabbrica", situata all'interno del paese e con fornace a funzionamento permanente, era passata sotto la direzione di Serafino Nardi e Niccola Rossetti[19]. Di quest'ultimo sappiamo soltanto che aveva lavorato sin da giovane presso la fabbrica di Serafino Verdinelli.

            Il proprietario dell'immobile era, ricordiamolo, ancora Pacifico Sileoni che seguitava a praticare nel 1863 l'attività di fabbricante di maiolica. Non è facile districarsi in questo groviglio di nomi e di date ma un certo chiarimento ci viene fornito da un documento di quattro anni successivo, l'elenco delle fabbriche nel 1865[20], dove risultano essere direttori della vaseria Serafino Nardi e Compagni. Fra i soci del Nardi doveva essere, dunque, anche il Sileoni e probabilmente i maiolicai sopra citati e, forse, altri vasai di cui non conosciamo il nome. Sta di fatto che alle tormentate vicende della fabbrica nei primi anni della sua esistenza fece seguito un periodo abbastanza stabile dopo che il Nardi ne assunse la direzione.

            Negli anni seguenti dovettero entrare a far parte della vaseria i nipoti di Serafino: questi seguitarono l'attività insieme allo zio tanto che uno di loro, Luigi, il 25 aprile 1871 acquistò la fabbrica da Pacifico Sileoni e dalle sorelle comproprietarie[21].

            Nel 1872 avvenne la divisione del patrimonio della famiglia Nardi. Dal relativo atto notarile[22] veniamo a conoscenza che Giuseppe ricevette dai fratelli Luigi, Benedetto e Marino la quota a lui spettante su parte dei beni comuni: quanto del negozio tuttora esistente ed utile della Fabbrica di Majoliche, e ne fece in favore dei fratelli cedenti ogni opportuna e finale quietanza ... Ciò dimostra che Luigi, pur figurando come unico acquirente nell'atto di acquisto della fabbrica, era comproprietario della stessa insieme ai fratelli[23]. L'attività di questi ultimi nella fabbrica dovette tuttavia essere di secondo piano rispetto al ruolo svolto da Luigi che ne era direttore e figurava sempre come proprietario negli atti ufficiali. Inoltre i pochi pezzi firmati a nostra conoscenza riportano sempre le sue iniziali. Anche nella "Statistica degli Operai" del 1878[24] Luigi figura come proprietario dell'opificio in cui, stando alle notizie riportate sulla scheda, lavoravano 18 persone dai 10 ai 60 anni in orari variabili dalle 8 alle 14 ore giornaliere. Sempre dallo stesso documento apprendiamo che la fabbrica era situata all'interno del paese con sei locali posti in favorevole posizione e in condizioni igieniche definite buone.

            La breve vita di questa vaseria si concluse verso la metà degli anni '80. Quando venne venduta, nel 1886, non aveva più la stessa destinazione d'uso e viene definita nel rogito notarile semplicemente come casa[25]. È in questo periodo che l'attività di Luigi Nardi si trasferì nella fabbrica di via del Borgo lasciata libera dai fratelli Rosati che avevano oramai cessato la loro attività.

 

 

 

Fabbrica di via del Borgo.

             Felice Rosati (M. Milone 21.11.1775 - 23.11.1840) acquistò la fabbrica di via del Borgo il 28 settembre 1807. Dall'atto notarile[26] risulta inequivocabilmente che l'immobile aveva già destinazione di vaseria come dimostra la descrizione dello stesso, una casa ...ad uso di vasaria co' suoi stigli, ed ordegni, annessi, e connessi, posta entro questa Terra nel Quartiere di S. Salvatore, confinante da un lato colla casa di Francesco Bilola, da altro lato coll'orto, degli Eredi Romagnoli, e da altri due lati la Strada pubblica... e che non era utilizzato dal proprietario, tale Giuseppe del fu Tommaso Paglioriti, in quanto questi risiedeva ad Osimo pur essendo originario di Monte Milone.

            Se si eccettua la breve parentesi dell'utilizzo, in affitto, dell'immobile presso la Porta del Colle, l'attività della fabbrica Rosati resta documentata sin dal 1806, dalla statistica delle fabbriche del 1808, dove risulta che venivano impiegati tre lavoranti, compreso il proprietario e due operai. Stando a quanto asserisce il Corona[27] Felice Rosati[28] apprese l'arte del vasaio presso la fabbrica di Francesco Verdinelli: la notizia è confermata dallo scritto dell'Assortati sulle botteghe agli inizi del XIX secolo.

            Come le altre fabbriche coeve in territorio di M. Milone, ad eccezione di quella degli eredi Verdinelli Ferrini, anche questa ebbe nel primo quarantennio del secolo un periodo di eccezionale floridezza economica. Lo testimoniano alcuni atti notarili dell'epoca dai quali risulta l'acquisto di alcuni immobili e il pagamento di molti dei debiti contratti per l'avviamento della fabbrica che subì, inoltre, due ampliamenti nell'arco di un biennio. Il primo, nel giugno 1824, con l'acquisto di un orto[29] l'altro, nel settembre 1825[30], con l'acquisto di una casa, confinanti entrambi con la vaseria. Oltre a ciò va fatto notare come dalle iniziali cinque persone occupate si passò ai 26 uomini impiegati, tra lavoranti e garzoni, intorno al 1830[31].

            Felice Rosati lasciò tutti i suoi beni immobili[32] ai tre figli maschi Gaetano, Generoso e Giuseppe con la raccomandazione, contenuta nel primo testamento, che debbano essere Attenti, e vigilanti all'andamento della Fabbrica di Majoliche. Oltre agli immobili però, i tre fratelli ereditarono anche parecchi debiti contratti dal loro genitore per far fronte agli ultimi pagamenti per 400 scudi al Reale Collegio di S. Clemente di Spagna in Bologna, in saldo del prezzo di un fondo rustico acquistato nel 1827, e per la ristrutturazione dell'immobile dove aveva sede la fabbrica di maioliche, per un importo di 300 scudi, avendo creato un censo in favore della Collegiata di S. Biagio di M. Milone nell'aprile del 1833[33]. Come si può leggere da un Decreto del Governatore di Treia del 1845, la situazione economica degli eredi Rosati dopo la morte del padre era non certo delle migliori:

             Non ostante l'indefessa cura usata dai Figli Gaetano, Generoso, e Giuseppe (questo morto ab intestato addì 1° Settembre 1844) pel buon andamento della fabbrica di Majoliche, pure e per l'incaglio dello smercio delle loro manifatture, e per imprevedute circostanze non giunsero non solo a dimettere totalmente le primitive passività, ma ne dovettero creare delle nuove per l'andamento della fabbrica stessa; cioè scudi 460 con Pietro Cicconi negoziante di M. Milone per piombi e stagni somministratigli in varie epoche, ed altro debito per gli stessi Generi col Sig. Agostino Mignardi negoziante in Macerata"[34].

             Per uscire da questa gravosa situazione economica i due fratelli furono costretti a vendere il terreno in C.da Vaglie nonché, onde assicurare la dote alle due sorelle ancora nubili, a porre un'ipoteca sui restanti beni, due case e la fabbrica, a favore delle stesse e della madre usufruttuaria. Ancora, lo stesso atto notarile[35], riporta la seguente descrizione della vaseria:

             Fabbrica di Majoliche posta ... in Contrada Traversa di S. Francesco, Quartiere di S. Salvatore ai Civici Numeri 250:244: e 244a: con orto annesso, ed in fondo dell'orto magazzeno confinante d'avanti la Strada detta la Traversa di S. Francesco, da un lato la strada detta Borgo S. Salvatore...

             Relativamente all'attività di maiolicai di Gaetano (M. Milone 26.01.1815 - 26.06.1885) e Generoso (M. Milone 11.03.1819 - 23.03.1890) questa continuò con molta probabilità fino al 1850 circa e successivamente, continuarono a praticare la fabbricazione delle maioliche alternandola con altre attività. Sappiamo infatti dalla Statistica sullo stato degli opifici e dei negozi del 1848[36] e dall'Elenco dei Commercianti del 1849[37] che, a queste date, i Rosati esercitavano ancora l'attività di ceramisti, ma già nel 1850 il loro nome non compare più fra quelli dei fabbricanti di maioliche di M. Milone nel Ruolo dei contribuenti per la tassa di esercizio delle arti[38]. Dall'altro Ruolo del 1857[39] apprendiamo che Generoso Rosati esercitava in quell'anno l'attività di caffettiere.

            Nello stesso anno i fratelli Rosati vendettero la vaseria ai due cognati Pasquale Nardi e Mariano Luchetti [40] per restituire le doti alle sorelle e per le quali, precedentemente, era stata posta un'ipoteca sullo stesso immobile. Ciò nonostante i Rosati seguitarono la loro attività di maiolicai, sia pur in modo discontinuo, come dimostrano altri documenti degli anni successivi. Innanzitutto la statistica del 1861[41] nella quale riappare il nome di Generoso Rosati come esercente di una fabbrica di stoviglie che, a differenza delle altre a carattere permanente, aveva la fornace a carattere temporario ovvero funzionante saltuariamente. Si hanno poi ulteriori notizie della fabbrica nei documenti relativi al Concorso a Premi del 1879, organizzato dalla Camera di Commercio ed Arti di Macerata[42], al quale Generoso Rosati partecipò, esponendo stoviglie diverse in majolica e ottenendo la medaglia di bronzo nella classe terza, quella dei prodotti in ceramica. Fra gli stessi documenti si conserva anche una lista degli oggetti esposti con i relativi prezzi di vendita, scritta di proprio pugno dal Rosati, che ci fornisce un interessante quadro della produzione di oggetti di uso comune della sua fabbrica:

 

Pollenza 16/8/79.

Robba per l'esposizione di Macerata.

 

                                    Piatti bianchi                         alla dozzena                          £ 1,50

                                    Piatti colorati                            idem                                               £ 1,40

                                    Mezzi reali bianchi       idem                                   £ 3,00

                                    Reali Colorati                           idem                                               £ 6,00

                                    Servizi da Camera Liscio                                        £ 1,75 l'uno

                                    Servizio scannellato                                                £ 2,00 idem

                                    Terine da 6 persone bianche                                              £ 1,00 idem

                                    Terine da 4 persone idem                                       £ 0,80 idem

                                    Barattoli per tabaco

                                    opure altri capi di robba                                        £ 1,00 idem

                                    Cuccoma per latte                                                   £ 0,35 idem

                                    Pezzi piccoli per uso d'ospedale                                         £ 0,15 idem

                                    Bucalette                                                                  £ 0,25 idem

                                    Catino da comodo                                                   £ 0,70 idem

                                    Orinale da comodo                                                  £ 0,80 idem

                                    Orinale doppio                                                                    £ 0,80 idem

                                    Catino per uso da far-

                                    macista da due litri                                                 £ 0,60 idem

                                    Vasetti da chiesa per uso di compagnia                           £ 0,60 idem

                                    Vasi da fiori al paglio                                                         £ 0,80 idem

 

                                                                                                                      Rosati Generoso

 

            Quasi tutti i termini utilizzati nell'elenco sono facilmente comprensibili eccetto alcuni arcaismi o parole in gergo quali reale, che lo scrivente usa con il senso di piatto grande, terina, ovvero zuppiera e cuccoma, caffettiera.

            L'attività dei Rosati come maiolicai continuò fino agli anni intorno al 1880. L'ultimo documento in cui Generoso viene definito fabbricatore di maioliche è un atto notarile del 16 novembre 1880[43] mentre Gaetano, stando ancora ad un atto notarile del 1884, esercitava la stessa professione a quella data[44].

            Dobbiamo comunque ricordare che nel 1872 l'immobile in cui aveva sede la fabbrica di via del Borgo era passato sotto l'intera proprietà di Pasquale Nardi. che, come l'ex comproprietario Mariano Luchetti, non era un fabbricante di maiolica[45]. I Rosati tennero quindi la fabbrica in affitto fino al termine della loro attività quando, dopo il 1880, subentrò Luigi Nardi, cugino di Pasquale, come direttore. Non conosciamo la data precisa del passaggio dai Rosati al Nardi, ma questa avvenne prima del 1886, anno in cui Luigi vendette l'immobile di via S. Maria[46]. Quest'ultimo, morendo nel 1888 e non avendo eredi diretti, lasciò i suoi beni ai nipoti[47], fra cui Alessandro, che gli successe come direttore della vaseria. Nel 1892 venne rinnovato il contratto di affitto per ulteriori sette anni e per una somma di 1200 lire per tutto il settennio[48], con la possibilità di prorogarlo di anno in anno una volta scaduto il termine.

            L'opificio ebbe un destino simile a quello di quasi tutti gli altri nel paese, chiudendo definitivamente agli inizi del nostro secolo, come risulta da una lettera[49] del Sindaco del Comune di Pollenza, al Presidente della Camera di Commercio di Macerata del 1908, inviata in occasione della Statistica delle fabbriche di terraglie, maioliche e porcellane di quell'anno:

 

Mentre assicuro la S. V. Ill.ma di aver provveduto al recapito della circolare trasmessami col foglio a margine, alla Ditta Venanzoli, le restituisco quella della Ditta Nardi Alessandro che da qualche anno ha chiuso l'esercizio".

 

 

Fabbrica presso la Porta del Colle. Le vicende dalla metà dell’800.

 

Sappiamo già che Serafino Verdinelli e sua moglie Aloisia Fedeli decisero di vendere la fabbrica presso la Porta del Colle, nel 1853, al possidente montemilonese Vincenzo Moroni. L'atto di compravendita[50] riporta un particolare interessante, che vale la pena di citare,  e cioè che dell'immobile viene più volte definito casamento ad uso di fabbriche di majoliche, tanto da far pensare che il Verdinelli, nell'ultimo perido della sua attività condivise l'edificio con un altro fabbricante. La perizia di stima, allegata all'atto notarile, parla tuttavia di fabbricato ad uso di fabbrica di majolica. Questo documento fornisce un'interessante descrizione relativa alla sua conformazione interna ed alla sua ubicazione in ambito urbano:

             È situato questo fabbricato nell'esterno di Monte Milone però a pochissima distanza dal Paese in Contrada Porta del Colle al N. Civico 436 ... È elevato a tre Piani compreso il sotterraneo ... nel quale trovasi Num. 6 vani, quali servono di legnaia, e per l'uso occorrente alla suddetta Fabbrica. Nel Piano Terreno a livello della strada vi sono N. 8 vani compreso quello ove esiste la fornace, e quello d'ingresso, gli altri servono per lavorare la Majolica, per dare il colore alla medesima, per conservare gli altri oggetti occorrenti alla Fabbrica, come per battere la creta, per conservare la nocchia, per carbonara, etc. Nell'ultimo Piano vi sono tre cameroni, per uso di asciugare i lavori di Majolica ed altri due vani, uno per uso di studio, ed altro per ingresso al vano suddetto.

 

Figura 1. Rilievo delle fornaci della fabbrica della Porta del Colle, disegnato nel 1889 dal perito Egidio Nardi.

            Il maiolicaio che divise la fabbrica col Verdinelli, qualora fosse vera questa circostanza, altri non poté essere che Niccola Benedetti. Fu questi infatti, come attestano alcune statistiche dell'epoca, il successore di Serafino: ma la sua attività come direttore di vaseria non iniziò in quella della Porta del Colle. Il Ruolo dei Contribuenti del 1850 infatti, primo documento in cui viene nominato fra i maiolicai montemilonesi, ci informa che esercitava in uno stabile nell'interno del Comune, che possiamo individuare quasi con certezza come quello di via del Borgo, momentaneamente lasciato libero dai fratelli Rosati. Dallo stesso Ruolo sappiamo inoltre che il Benedetti, come tutti gli altri, fabbricava mezza maiolica, aveva tre dipendenti e un capitale di 100 scudi. Il fatto che non sia presente nell'Elenco a Stampa dei Commercianti della Provincia del 1849 ci porta con sicurezza a datare l'inizio della sua attività nel 1850.

            Qualche anno dopo, nel 1856, in quello che potremmo definire il periodo forse peggiore, a livello economico, per le fabbriche montemilonesi, non riuscirà per i pochi guadagni realizzati a pagare la Tassa per l'Esercizio delle Arti e del Commercio: due anni dopo otterrà la grazia, da parte del Delegato Apostolico di Macerata, vedendosi condonata, come era successo per altri maiolicai, la metà dell'importo da pagare.

            Superato questo periodo di crisi restò attivo ancora per diversi anni, sicuramente fino al 1865, come documenta l'elenco dei fabbricanti di maiolica di Pollenza che avrebbero dovuto partecipare all'Esposizione Provinciale di Macerata in quell'anno.

            Il suo successore presso la vaseria della Porta del Colle fu Antonio Farroni. L'unica notizia che possediamo sulla sua attività di maiolicaio ce la fornisce la Statistica del 1878[51], dalla quale risultano impiegati nel suo opificio 14 operai, dai 10 ai 60 anni, in 5 locali posti in favorevoli condizioni igieniche.

            Nel dicembre del 1887 cedette la fabbrica al genero, Nazzareno Monti, ed alla figlia Adelaide per 1750 lire. Dall'atto di compravendita apprendiamo che furono i signori acquirenti immessi al possesso fin dal 1° Gennajo 1887 ... avendo il Sig. Farroni cessato dall'esercizio di detta Fabbrica, che è passata ai cessionari coniugi, fin dalla detta epoca ...[52].

            Soltanto un anno dopo il Monti partecipò alla Mostra Provinciale Operaia di Camerino, in qualità di fabricatore di maioliche, ottenendo la menzione onorevole nella Classe VIII, Sez. I, comprendente Prodotti per famiglia, Utensili di metallo e terracotta[53].

            Nazzareno era nato a Monte Milone nel 1853 da Niccola[54], con molta probabilità lo stesso che insieme a Sante Monti si era trasferito a Fabriano, dopo il 1860, per andare a lavorare nella fabbrica Miliani. Anche lo stesso Nazzareno alcuni anni dopo, nel 1881, si era trasferito a Fabriano dove poté completare la sua formazione come vasaio[55]. Pertanto appare lecito affermare che, una volta tornato al paese di origine per rilevare la fabbrica del suocero, portò con se parte delle esperienze maturate a Fabriano così come il suo genitore fece qualche anno prima quando, partendo da Pollenza, portò con se molto del repertorio allora in uso nelle fabbriche del paese. Ciò spiegherebbe, ad esempio, la produzione pollentina di terraglia ad uso inglese molto simile, come noto, a quella che si cominciò a produrre nella città di Fabriano intorno alla metà del XIX secolo.

            Molti degli oggetti realizzati nella fabbrica Monti sono contrassegnati dai marchi "N. Monti-Pollenza" o "La Croix-Pollenza".

            Dobbiamo infine ricordare che la vaseria Monti rimase attiva fino al 1920 circa e che, negli ultimi anni, si avvalse della collaborazione del pittore Giuseppe Fammilume[56].

 

 


Fabbrica presso la Collegiata.

             L'attività di Luigi Venanzoli come direttore della fabbrica presso la Collegiata ebbe inizio nel 1789, lo stesso anno in cui gli venne concesso il permesso per impiantare i macinetti da colori presso il molino del fiume Potenza. Non gli mancò, in questa occasione, l'appoggio di alcuni notabili del paese, sicuramente contrari alla privativa del Verdinelli, gli stessi che nell'ambito del Consiglio Comunale favorirono l'accoglimento della supplica, quali l'Assortati e il Marchetti, Gonfalonieri, o il Catoni, consigliere. Leggiamo infatti dal verbale del consiglio dell'11 marzo 1789[57]:

             Accorderei ... il poter prender l'acqua nel publico Vallato a Luigi Venanzoli per poterla condurre nel macinetto, ch esso desidera porre ne beni di questa Comunità, che presentemente ritiene in enfiteusi a terza generazione Mascolina il Sig. Antonio Maria Lazzarini, al quale domandi il suo consenso, ed intanto volendo servirsi dell'acqua del Vallato paghi ogni anno alla Comunità il canone di libre due cera Bianca lavorata, e nel resto se l'intenda coll'enfiteuta suddetto.

             Francesco Marchetti e Giuseppe Catoni erano in qualche maniera legati al Venanzoli per essere comproprietari dell'immobile, adibito a fabbrica di maioliche, che lo stesso occupava, il medesimo stabile utilizzato fino a poco tempo prima dal Caprari, situato presso la Chiesa Collegiata di S. Biagio. Francesco Assortati era invece, come sappiamo, ancora interessato, insieme ai fratelli, agli affari della vaseria, nonostante non figurasse ufficialmente come proprietario.

            Altre preziose notizie sulla famiglia Venanzoli, sulle loro origini e sul negozio di vasaria, ci vengono fornite dal manoscritto di Domenico Assortati[58]:

             Casa Venanzoli. La Famiglia Venanzoli deriva da un tal Bartolomeo di Osimo, il quale partitosi dalla sua Patria andette a fare il Vasaro in Ancona, ma da onta della sua professione, andatogli male il suo negozio, lasciò la d.a Città di Ancona, e si portò in Tolentino, ove si accasò con una Vedova Tolentinate, da essa naque Luigi Padre degli Odierni Fratelli Venanzoli. Il detto Luigi pertanto esercitava l'arte di Vasaro, conforme lo faceva Catervo Ferrini Tolentinate, il quale era in qualità di garzone nella Vasaria, che qui teneva aperta Niccola Mariani, Marito di Marianna Crocetti Sorella Carnale del detto Gregorio, fuori la Porta detta del Colle, ora aperta dalli Figli Verdinelli, ed abbisognando egli lavoranti, fece quà venire li surriferiti Catervo e Luigi, e ciò fù nel 1750. Morto il suddetto primo Marito, ed essendo giovane di bell'aspetto il detto Catervo, si unì in matrimonio colla sua padrona Marianna, e così seguitata la Vasaria col Nome di Ferrini, come più diffusamente si dirrà a suo luogo.

            Il detto Luigi adunque era bravo lavorante ... Finché visse il detto Ferrini, fù nella sua Bottega, dopo continuò con i due suoi figli nella medesima professione sotto Francesco Verdinelli lasciato Erede dal detto Ferrini: disturbatosi credette iniziare[?] una nuova bottega, non ostante che il detto Verdinelli avesse ottenuto dal Pontefice Pio VI una privativa di Vasi a guisa di Majolica per anni 10, se non erro. Aperto detto negozio, e venutogli a seconda de suoi desideri, sminuiva il denaro al Verdinelli, quale coll'arco teso gli procurava prendere il detto Venanzoli in fallo, come gli riuscì, e frà le altre volte, una fù nella Fiera dopo le Pentecoste in Treja, che molto lo disestò. Morto il Verdinelli, terminata la detta privativa si dette tutto l'impegno per accrescere il negozio, ed assistito dai suoi Figli, ha potuto in poco tempo eguagliare il negozio Ferrini. Intanto comprò una Casa, ..., ed è quella dove abitano presentemente poi l'altra alla medesima contigua ... e finalmente morto il Sig. Giuseppe Catoni marito di Settimia mia Sorella senza successione, la medesima avendo avuto da Noi per porzione di dote la Casa ...; la detta Sorella ricevuta detta casa per conto di sua dote dall'Erede proprietario Sig. Francesco Marchetti la medesima la di poi venduta al Venanzoli per il prezzo di scudi 1100 ... alla moneta che valeva in quell'epoca. La detta Casa è quella dove oggi i Fratelli Venanzoli tengono il negozio di Vasaria, nella quale antecedentemente al matrimonio di essa Sorella vi era il negozio Ferrini Verdinelli situata nel quartiere S. Maria da tré lati le strade, e dall'altro le mura castellane. I Figli pertanto avuti detto Luigi da Francesca sono, Giuseppe ... Lorenzo che è attuale capo di Bottega assistente alla medesima è bravo lavorante, avendo molto contribuito nel principio del negozio a suo Padre, ed è nubile. Antonio, ma di poca abilità in detta professione, è solamente buono nelli lavori di stampa, conforme a suo Fratello Giuseppe ...

             Quanto narrato dall'Assortati trova una parziale conferma nel rogito notarile, stipulato il 15 gennaio 1801[59], con il quale i Venanzoli acquistarono la fabbrica:

             Settimia vedova Catoni ... una casa da cielo a terra con orto annesso nello stato, che di presente si ritrova posta, e situata entro questa Terra in Contrada S. Maria ovverosia presso da tre lati le strade publiche dall'altro le mura Castellane, ... , liberamente vendono, ed alienano in favore del Sig. Luigi del quondam Bartolomeo Venanzoli, e delli Sig.ri Lorenzo ed Antonio Figli ... per il prezzo di scudi mille, e cento.

             Luigi Venanzoli morì nel 1810 lasciando in eredità la sua porzione di fabbrica ai due figli Antonio e Lorenzo, come si può leggere nel suo testamento:

             Nel restante de miei Beni tutti, mobili, ed immobili, ..., ovunque posti, e situati, ed acquistati colle comuni fatiche, ed industrie tanto mie, che de sopradetti miei Figli Lorenzo, ed Antonio pratticate, ed esercitate nel giro del Negozio della Fabrica di majoliche, quali Beni, secondo un calcolo approssimativo da me fatto ascender possono al verosimile valore di lire Italiane Sedicimilaseicentocinquanta...[60].

             Dalla statistica del 1808 risultavano impiegati nella fabbrica dei Sig.ri Fratelli Lorenzo, ed Antonio, tre lavoranti compresi li Proprietarij, un Pittore à smalto, Cinque operaj, mentre dall'elenco degli operai delle fabbriche del 1830, risultavano occupate nell'opificio 12 persone.

            Antonio Venanzoli morì nel 1838 lasciando in eredità[61] la sua parte della vaseria ai sette figli maschi Venanzo, Giacomo, Ignazio, Alessandro Pio, Celestino e Niccola. Lorenzo morì il 25 febbraio dell'anno successivo e, non avendo eredi diretti, lasciò i suoi beni agli stessi nipoti[62].

            La fabbrica continuò la propria attività sotto la direzione di Ignazio: è questo il nome che maggiormente figura nei documenti ufficiali dell'epoca, statistiche o ruoli dei contribuenti. Così nell'Elenco a stampa dei Commercianti della Provincia del 1849[63] e nei Ruoli del 1850[64] e 1858[65]. Dalla Statistica degli Operai del 1878[66] apprendiamo che la fabbrica di maioliche di Ignazio Venanzoli occupava 15 operai maschi dai 12 ai 60 anni in 5 locali dislocati in posizione favorevole.

            Null'altro conosciamo della figura di Ignazio a parte il fatto che, nel 1867, fu tra i fondatori della "Società operaia di Mutuo Soccorso" di Pollenza e che ne resse, provvisoriamente, la presidenza.

            Morì il 3 marzo 1879, all'età di 67 anni, e gli successe nella direzione della vaseria il figlio Giovanni.

            Giovanni Venanzoli (M. Milone 22.08.1846 - 21.09.1900) è certamente il più importante fra i maiolicai che operarono a Pollenza nella seconda metà del XIX secolo, colui che più degli altri fabbricanti ottenne meriti e riconoscimenti anche in ambito nazionale, nonostante l'epoca in cui visse ed operò non riconobbe, forse, tutto il suo valore.

            Il suo esordio avvenne nel 1879 con il concorso a premi, organizzato dalla Camera di Commercio di Macerata, dove espose Stoviglie di majolica e oggetti di terracotta il cui elenco venne stilato sulla carta intestata della ditta "Giovanni Venanzoli fabbricatore di maioliche Pollenza"[67]:

 

Li 29 Agosto 1879.

Elenco degli articoli di maiolica che si consegnano nella Camera di Commercio per l'Esposizione provinciale di Macerata, e prezzi rispettivi

 

6

Piatti grandi     filettati celeste bianchi

Dozzena

£ 1

70

²

6

  id   mezzani               id

"

"  1

40

²

4

  id       id         filettati orange

"

"  1

60

²

2

  id       id         bianchi

"

"  1

40

²

2

  id   ordinari   filettati orange

"

"  1

30

²

2

  id       id        colorati bleu

"

"  1

50

²

12

  id       id        diversi

"

"  1

15

²

3

  id   mezzoreali figurati

Ciascuno

"  1

45

²

1

Insalatiera reale figurata

"

"  =

70

²

1

       id          id                   bianca

"

"  =

50

²

1

       id        mezzana               id

"

"  =

40

²

1

       id        cupa grande     colorata

"

"  =

50

²

1

       id          id        id        bianca

"

"  =

40

²

1

       id          id    mezzana  colorata

"

"  =

30

²

1

       id          id        id        bianca

"

"  =

25

²

2

       id        piccole colorate

"

"  =

14

²

2

Fruttiere 1a  bianca 1a colorata

"

"   4

=

²

1

Servizio da Camera a fascione orange

"

"   2

50

²

1

              id                     id        bleu

"

"   2

25

²

1

              id                 bianco ordinario

"

"   1

90

²

3

Brocco - Catino - Orinale bianco

Tutto

"   1

70

²

1

Bidè vernice ordinaria

Ciascuno

"   2

30

²

1

Vaso grande

Paio

" 12

 

²

2

  id   piccoli

"

"   4

50

²

1

Lampada da giardino a Bronzo

Ciascuna

"   4

 

²

1

      id             id          rossa

"

"   4

 

²

1

      id             id          grezza

"

"   1

 

²

1

Portaritratto dorato

"

"   1

40

²

 

        id          a bronzo

"

"  =

70

²

 

        id          rosso

"

"  =

70

²

 

        id          grezzo

"

"  =

40

 

Macerata 29 Agosto 1879

Giovanni Venanzoli espositore

 

 

            Tra gli oggetti dell'elenco riconosciamo con sicurezza alcuni pezzi molto comuni appartenenti al repertorio della fabbrica Venanzoli o degli altri opifici pollentini della generazione precedente a quella di Giovanni che, essendo agli esordi, dovette presentarsi al concorso con un serie di oggetti, dalle forme oramai collaudate, ma prive ancora della sua impronta personale. Fra questi oggetti appaiono sicuramente i servizi da camera, vaso, brocca e catino, che sono stati descritti nel capitolo sulla seconda metà dell’800. A questo periodo appartengono anche i pezzi riportanti il marchio impresso in pasta, "GIOIA", l'acrostico nel quale Giovanni volle accostare l'iniziale del suo nome a quelle del padre Ignazio e del nonno Antonio.

            Dall'elenco dei premiati apprendiamo che la ditta Giovanni Venanzoli risultò prima nella Sezione III, Ceramica, ottenendo la medaglia d'argento e un premio di £ 20.

            Soltanto due anni dopo, nel 1881, il Venanzoli partecipò all'Esposizione Italiana di Milano ottenendo la menzione onorevole nella Sezione XII, quella della ceramica e vetraria.

            Nel 1884 prese parte alla Mostra Nazionale di Torino ottenendo analogo riconoscimento. Sulla scheda per la domanda di ammissione, presentata alla Giunta Distrettuale di Macerata, possiamo leggere una breve descrizione degli oggetti da esporre, costituiti da alcuni articoli di maiolica pitturati uso antico ... e sospensioni per fiori in maiolica[68].

            A quest'ultima esperienza fece seguito un breve e infruttuoso rapporto d'affari con un commerciante torinese, tale Emilio Paradisi, incaricato di vendere i pezzi spediti per l'esposizione. Come si può leggere da un carteggio dell'epoca[69], il Venanzoli non solo non riebbe indietro i pezzi inviati per la mostra e tantomeno il ricavato dalle vendite ma, avendo spedito un ulteriore carico di ceramiche nel dicembre 1884, ancora nel giugno 1888, non avendo avuto riscontri sul materiale inviato, dovette rivolgersi al presidente della Camera di Commercio di Macerata che, in una lettera al Paradisi, così scriveva:

             Il Sig. Venanzoli Giovanni di Pollenza si è rivolto a questa Camera per riavere i prodotti da esso esposti a cotesta Esposizione del 1884. Il detto Venanzoli asserisce che tutti gli oggetti ad esso spettanti furono da lei ritirati e che le diede incarico di venderli. Assicura inoltre che il 10 dicembre 1884 Le spedì da Loreto un collo contenente parecchi sotto bicchieri e sotto bottiglie fatturati ad uso antico e che in proposito non ha avuto notizie di sorta. Il detto Venanzoli ha necessità più che altro di riavere non più tardi del 20 corrente i piatti grandi e mezzani e piccoli di quelli figurati dovendo esporli alla Mostra Operaia di Camerino che si aprirà il 24 di questo mese.

 Quanto alla partecipazione alla Mostra Operaia di Camerino, cui si fa riferimento nella lettera, il Venanzoli decise all'ultimo momento di non prendervi parte in quanto non si arrivò ad un accordo fra gli organizzatori ed alcuni dei partecipanti sulle modalità e spese per il trasporto dei manufatti da esporre.

            Stando alle notizie forniteci dal vasaio Nazzareno Benedetti, Giovanni Venanzoli si avvalse della collaborazione del pittore Guido Bianchedi. Non conosciamo i limiti temporali della sua attività nella bottega dei Venanzoli ma, con molta probabilità, vi entrò a far parte dopo che suo padre Niccola cedette la fabbrica di maioliche ad Antonio Bellini. Difficile pure, allo stato attuale, isolare lo stile delle sue decorazioni fra quelle che riportano i pezzi realizzati da Giovanni Venanzoli. Della sua opera ci resta tuttavia un disegno della fabbrica (figura 2), raffigurante il suo interno, che, anche in base ad una dichiarazione resa da Ignazio Venanzoli[70], risulta essere molto fedele a quella che doveva essere la reale situazione del laboratorio al momento. Anche nell'immagine sacra sulla parete di fondo, sopra la scritta "W S. ATONIO AVVOCATO DI POLLENZA", è possibile riconoscere una stampa del Santo con veduta di Monte Milone sullo sfondo, della quale esistono ancora alcuni esemplari nel paese, particolare questo che sembra fugare ogni dubbio sul valore documentario del disegno stesso. Importanti, ai fini del presente studio, sono gli oggetti raffigurati sulle scaffalature laterali, tutti di uso comune, sui quali ci soffermeremo. La scena sembra infatti contenere una selezione della produzione minore della fabbrica e tutti i pezzi in essa rappresentati sono diversi a seconda degli scaffali dove possiamo notare 6 tipi diversi di brocche, 3 diverse ciotole, 5 tipologie di boccali, 3 di vasi, 4 di piatti, 3 di bottiglie, un albarello in fase di lavorazione e 2 contenitori da cucina di cui uno per il caffè.

 

Figura 2. Guido Bianchedi, disegno raffigurante l’interno della Fabbrica Venanzoli alla fine dell’XIX sec. Pollenza, Museo Comunale.

            Dopo la morte di Giovanni, avvenuta nel 1900, la fabbrica continuò la propria attività sotto la denominazione "Ditta Giovanni Venanzoli - Pollenza": i pezzi realizzati in quest'ultimo periodo sono riconoscibili per il marchio impresso in pasta, riportante la stessa dicitura.

            Nel 1905 ebbe luogo la prima Esposizione Regionale Marchigiana, che si tenne a Macerata nei mesi di agosto e settembre, dove la Ditta partecipò nel gruppo 7°, Classe 31, maioliche e porcellane, ottenendo la medaglia d'oro.

            Alla stessa manifestazione l'erede di Giovanni, Ignazio, espose nella sezione Arte Antica cinquanta pezzi di maiolica delle antiche fabbriche di Pollenza[71]. Questi oggetti, prodotti con molta probabilità dalla stessa vaseria Venanzoli tra la fine del settecento ed i primi anni dell'ottocento, suscitarono un certo interesse tanto che Anselmo Anselmi, sulla Nuova Rivista Misena, volle scrivere, al riguardo, la seguente nota:

             Nella Esposizione di Macerata, tenutasi nel 1905, nella sezione dell'Arte Antica, figurarono 50 pezzi di Maioliche di questa antica fabbrica Venanzoli che furono di grande interesse e come tali segnalate anche dal Comm. Tesorone, Dir. del Museo Artistico Industriale di Napoli. Nessuno, che si sappia, essendosi occupato di registrare questa fabbrica nell'istoria ceramica marchigiana, faccio un pubblico appello a qualche erudito del luogo perché si accinga a raccoglierne le ignorate memorie, e quando ciò non avvenga, cercherò di farlo io stesso.[72]

             Che le antiche ceramiche pollentine esposte a Macerata nel 1905 furono realmente di grande interesse lo dimostra il fatto che, qualche anno dopo, nel 1913, venne notificato ad Ignazio Venanzoli, dalla Regia Soprintendenza ai Monumenti delle Marche e Abruzzi, il vincolo storico artistico in quanto la collezione di antiche majoliche pollentine (?) da lui posseduta, ha importante interesse, ed è quindi sottoposta alle disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 della legge 23 giugno 1912, n. 688[73].

 

 

 

Fabbrica del Vicinato Lungo.

             Volendo conoscere la data in cui i fratelli Francesco e Giuseppe Ranieri fondarono la loro fabbrica, ci si imbatte nella difficoltà di non avere un atto notarile che documenti il periodo in cui venne acquistato o affittato l'immobile. Basandoci ancora su quanto asserito dall'Assortati e dal Corona [74], Francesco aveva lavorato dal Verdinelli ed è presso la sua fabbrica che si formò come maiolicaio. Questa circostanza potrebbe essere avvalorata dal fatto che la sorella, Rosa Ranieri, sposò uno dei pittori della fabbrica Verdinelli Ferrini, Pietro Bianchedi: ciò a dimostrazione di un rapporto di stima o di amicizia che poteva essersi formato quando i Ranieri erano ancora lavoranti presso Francesco Verdinelli, visto che il matrimonio risale a prima della morte di quest'ultimo avvenuta nel 1803.

            Una prima data certa dell'esistenza della vaseria dei Ranieri viene dalla Statistica del 1808[75], relativa al triennio 1806 - 1808, dalla quale apprendiamo che la fabbrica di Gianfrancesco Ranieri era attiva con un lavorante, che è il proprietario un pittore à smalto tre operai. Ancora, sugli esordi della fabbrica, possiamo trarre alcune utili informazioni dal manoscritto dell'Assortati[76]:

             Casa delli Fratelli Ranieri unita alla Bottega di Vasaria. La detta Casa una volta era della Famiglia Galli, come ho detto, il Sig. Pietro la vendette a Catervo Salvucci, e da questo fù venduta alli Fratelli Ranieri. Prima che fosse abitata essa Casa dalla Famiglia Galli era il Convento delle Monache dette di Santa Maria Madalena della Regola Francescana Zoccolantesca ... Prima che fusse essa casa convento lo dimostra il Vano della Rota trovato dalli Fratelli Ranieri, e poi si ricava dalle memorie che si conservano, e da me lette nei libri di questo Monastero, quali monache si chiamavano di S. Maria Madalena, o pure delle scudelle, perché sopra la porta del Parlatorio verso la Casa di Luigi Cecalone ancora vi si trovano esse scudelle ...

             Il documento più importante tuttavia, ai fini della ricostruzione delle vicende di questa fabbrica nella prima metà dell'Ottocento, è senza alcun dubbio il testamento[77] di Francesco Ranieri dove lo stesso parla delle origini, dello sviluppo dell'opificio o di chi gli succederà nella direzione e proprietà:

 ... qualora i Fratelli Giambattista, Felice e Niccola del fù Pietro Bianchedi miei nipoti durante l'affitto della mia Fabbrica di Majoliche concluso fin dalli primo ottobre 18quarantadue, 1842 abbino esattamente e scrupolosamente adempito a ciascheduna condizione nominatamente in esso contratto Loro imposta, e dopo compito il septennio possano dimostrare e provare di avere puntualmente pagato l'annua corrisposta a forma di contratto, e di avere ristituito in tante buone valute d'oro e di argento li scudi trecento loro consegnati in generi di Fabbrica ed in denaro; conforme determino e voglio, che sia in di loro proprietà, perché intendo ad esso pur allora di donare tanto la detta Fabbrica di majoliche attrezzi aviamento stigli e diritto delle acque per le macinette sul vallato del fiume Potenza con tutto ciò che ha relazione alla Fabbrica medesima, quindi le tre case N.° civico        la prima delle quali fù acquistata con vitalizio del fù Sebastiano Ranieri mio zio, la seconda della fù Giovanna Presuttini N.° civico        la terza del fù Francesco Parrucci N.°.        con l'espressa condizione risolutiva però che sulle medesime case suindicate e su quella ancora così detta della Fornace attualmente di proprietà del Ven. Ospedale di Monte Milone sia imposta in perpetuo a vantaggio e comodo della mia casa di abitazione N°. civico 172, 173, 174, la servitù ...

             I Ranieri, dunque, iniziarono la loro attività agli inizi del secolo, affittando un immobile che nel 1845 era di proprietà del Ven. Ospedale di Monte Milone. Questo edificio viene definito della fornace e, pertanto, non può che essere il primo nucleo della fabbrica. La stessa venne ampliata tre volte con l'acquisto di altrettante case confinanti ovvero, nello specifico, con la casa posta vicino la fornace, al numero civico 171, nel 1818[78], con la casa al numero 170 nel 1820[79] e con un'altra casa confinante di cui non conosciamo ne l'ubicazione precisa ne l'anno di acquisto in quanto non è stato possibile reperire l'atto di compravendita. Va anche in questo caso rilevato come i predetti ampliamenti costituiscono la dimostrazione più evidente di un periodo estremamente florido nella produzione della maiolica da parte dei Ranieri.

            Alcuni atti notarili[80] dell'epoca dimostrano che la fabbrica, oltre ad appartenere ai due fratelli Francesco e Giuseppe, era altresì di un terzo fratello sacerdote, il canonico don Gioacchino, che, stando a quanto scriveva l'Assortati, era un bravo lavorante ed aiutava i propri fratelli nella loro attività. Vale la pena di citare ancora un passo del manoscritto dove ci vengono fornite ulteriori preziose notizie sull'opificio del Vicinato Lungo e non solo:

             I ... Fratelli Ranieri son Figli delli conjugi Antonicola Ranieri e Maria .... Dal matrimonio di essi Conjugi Ranieri sono, Rosa maritata con un tal Pietro Bianchedi di Faenza, quà capitato a dipingere le Vasa nella Bottega Verdinelli, ed hanno una buona figliolanza. Antonia Consorte di Tommaso Piccioni Archibugiere, e bravo lavorante di forno, .... Il Canonico Don Gioacchino dopo esser stato tenuto in Seminario di Macerata ... Morti i suddetti Genitori, e ritornato in Patria, ha dato saggio della sua applicazione nei Studj: ha fatto dei Panegirici, ha composto quaresimali; nelle circostanze richiesto, si presta a fare dei belli discorsetti, in somma dà sempre più a conoscere il suo talento ed il profitto delle sue fatighe. Di più ajuta i suoi Fratelli nel negozio della Vasaria col far delle forme, ed altro occorrente. Ha fatti tre grandi Crocifissi, due dei quali si vedono nell'Oratorio novellamente eretto; in somma fà conoscere la quatratura della sua mente, per cui industriandosi ha molto guadambiato e guadambia .... Li altri due fratelli hanno preso in loro Consorti due sorelle, che sono le Bartolelli ...: Giuseppe prese la più piccola Mariuccia, dalla quale sono nati tre figli, ed uno morto. Francesco prese Francesca e dalla quale [...] figli nacquero, e tutti fino ad ora morti .... Il detto Francesco dopo che riunissi colli suoi Fratelli attendendo al Detto negozio di Vasaria, ha fatto delli molti acquisti anche in terreni, ed al presente ha una buona entrata.[81]

             All'inizio del 1809, iniziò la lunga disputa, che durò più di venti anni, tra i vasai di Monte Milone e gli affittuari del molino sul fiume Potenza, sull'utilizzo dell'acqua del vallato, indispensabile forza motrice anche per le macinette da colori dei maiolicai. La questione, che in un primo momento sembrò coinvolgere tutte le fabbriche, venne ad interessare per un certo periodo soltanto quella dei Ranieri. Una lettera[82] del Podestà di Monte Milone al Prefetto del Musone del 2 marzo 1809 seguì una petizione presentata dal mugnaio Carassai allo stesso Prefetto:

             In ricontro della Petizione a Lei umiliata da questo Molinaro Carassai ... mi faccio un dovere di riscontrarla colla presente, che nessun riclamo si è à me dedotto contro il Molinaro stesso per parte dei Vasai, che in addietro anno ritenuto, e ritengono tuttora presso questo publico Molino i Macinetti perli Colori. La questione si restringe col solo Ranieri, che vuole apporre un macinetto nuovo. Fin dai 3 del passato Febrajo chiamai à discorso il Molinaro Carassai ed il vasaro Ranieri. Fù combinato unitamente circa al sito ove si sarrebbe collocato il nuovo macinetto, ma per non aver avuto in ordine il Ranieri tutti gli attrezzi necessarij non ha potuto finora adattare al sito stabilito il suo macinetto. Sono peraltro con essa nell'intesa che quando farrà al caso andarò io stesso in persona al Molino ad oggetto, che il Ranieri ottenga l'Intento, senza che peraltro resti pregiudicato ne l'interesse del Molinaro, ne quello de macinanti de Grano, e frumentone per il qual'uso principalmente ed essenzialmente resta istituito il Molino...

             L'accordo tra il mugnaio e il Ranieri durò poco tempo. Meno di due anni più tardi ricominciarono infatti le lagnanze dei maiolicai Montemilonesi contro il Carassai ed il subaffittuario Domenico Rampichini che impedivano nuovamente il funzionamento dei macinetti. Scriveva infatti il Prefetto Villata, al Podestà del Municipio di Monte Milone, nel 18 gennaio 1811[83]:

             Sul reclamo avanzato da codesti Fabbricatori di Majolica a carico del Molinaro Domenico Rampichini, che si permette di rendere immacinanti i Molinelli di loro proprietà inservienti alla triturazione dei colori situati in codesto Vallato, ella si compiacerà di far diffidare il nominato Molinaro a non impedire ai Petenti il libero uso di detti molinelli, e che siano in tutte le parti osservate le disposizioni data dal mio predecessore Cav. Gaspari nella visita annuale del 1808.

            Come era avvenuto due anni prima il Carassai ed il Rampichini si accordarono nuovamente con gli altri due fabbricanti allora esistenti nel comune, Venanzoli e Rosati, ma il Ranieri si rifiutò di sottostare alle richieste dei due mugnai e preferì, con tenacia e determinazione, agire per via legale.

            Il Carassai, nonostante avesse concordato alcuni anni prima col Ranieri la posizione del macinetto rispetto al mulino, si giustificava, in una lettera al Prefetto del 5 febbraio 1812[84], con le seguenti ragioni, non prive di tendenziosità e contraddizioni:

             L'affittuario Carassai si fà un dovere di far conoscere alla Prefettura il danno, che può arrecare detti Molinelli alla Popolazione, non meno, che allo stesso Regio Demanio, e suo Affittuario nella circostanza, che è poca aqua nel Vallato di detto Molino, poiché detti Fabbricatori si fanno lecito di deviar via le aque stesse, che dal Molinaro con grave spesa, e proprie fatiche vengono condotte nel suddetto Vallato del Fiume Potenza, non per altro oggetto, che per macinare grani, e formento nel detto Molino per commodo della Popolazione, e non maj per commodo di particolari Fabricatori di coccie, le quali non apportano neuna utilità al Principe, ne alla Popolazione, perché si lavorano in tanti altri luoghi. Tanto più ancora, che la Direzzione Demaniale nei Capitoli normali di un tale affitto non ha ingiunto al Carassai verun obbligo di somministrar le Aque per detti Molinelli, che anzi ... ha espresso, non potersi da alcuno in verun conto deviarsi l'aque dal Vallato, prima che sieno giunte al Molino, come appunto accade per detti Molinelli, che sono di sopra al Molino, e se questi vorranno servirsi di detta Aqua, dovranno farlo con ordine, ad intesa del Molinaro, e quando che non porti pregiudizio per la macinazione come praticano li due Fabbricatori migliori della Majolica di detto luogo, li Fratelli Venanzoli, e Felice Rosati, i quali contribuiscono alla spesa che occorre al Molinaro per introdurre l'aqua in detto Vallato.

             Gli affittuari del molino pretendevano dunque il pagamento per l'utilizzo dell'acqua del vallato che, tuttavia, dovevano concedere gratuitamente in via delle servitù imposte dal Comune nei decenni precedenti. È su questi diritti che i maiolicai basavano le loro ragioni nel pretendere l'uso gratuito dell'acqua del vallato, come possiamo leggere in una lettera dei Fratelli Ranieri al Podestà datata 29 gennaio 1812[85]:

             Ranieri Giuseppe e Francesco Fabbricatori di Majoliche espongono al Sig. Podestà, e Municipalisti  del suddetto Comune, come per diritto antichissimo, cedutogli gratuitamente dalla Comunità, e confermatogli premurosamente nell'ultima visita personale, dal Sig. Prefetto di Macerata, avendo essi nel Vallato del fiume Potenza li mulinelli per macinare le vernici necessarie per la costruzzione delle suddette Majoliche. L'in ora esercente Molinaro Rampechini Domenico, non ostante la ripresione fattagli dal Sig. Podestà, dietro altro loro vocale ricorso, seguita prepotentemente disprezzando ogni autorità, a fermare li prelodati Mulinelli, toglier parate, ropper condotti, e minacciar perfino di gettarli nel fiume non ad altro motivo, se non perché gli è stata negata una quantità di Majoliche che tutto giorno a capriccio, e senza discrezzione addimandava. Li esponenti ne ritraggono un gravissimo danno, e sarebbero costretti chiuder la Fabbrica, se non ne facessero li troppo giusti risentimenti: tutte anzi le altre Fabbriche dipenderebbero dal solo arbitrio del Mulinaro, e però da esso o la felicità, e la miseria di una quasi intera Popolazione.

             Questa vertenza, documentata da un lungo carteggio del quale si sono riportate soltanto le parti più significative, si concluse momentaneamente nel 1812 a favore dei fratelli Ranieri. La questione, tutt'altro che risolta, riesplose pochi anni dopo, come abbiamo già visto nelle pagine precedenti, coinvolgendo tutte le fabbriche del paese.

            Relativamente alla figura di Francesco Ranieri ed agli usi, sulla cui liceità preferiamo non esprimerci, di altri montemilonesi dell'epoca, riportiamo un episodio abbastanza curioso, desunto da un documento del 30 dicembre 1815, che parla di una singolare supplica del vasaio all'amministrazione comunale:

             Il Consigliere ... Foglietti ha riferito, che un tal Francesco Ranieri di M. Milone col pretesto di essere molto lontana la di lui abitazione dalla Porta del Paese, ne vorrebbe tenere aperta un altra, onde sortire dalle Mura Castellane.

            Egli suppone non potere altrimenti perfezionare i lavori necesarj alla fabbrica di Majolica che debbono eseguirsi ad aria aperta.

            Interpellato l'Amministratore Comunale, si mostra contrario alla domanda, e prende anzi motivo, che si ordini la chiusura di altri fori abusivamente fatti nelle mura Castellane. Al voto del Magistrato si unisce ancora quello del generale Consiglio come dalla Risoluzione annessa.

            In questo stato di cose si propone alla Congregazione di risolvere in massima, che sia vietato a persona di fare delle aperture nelle Mura Castellane.

 Risoluzione

            La Congregazione anche sul riflesso d'impedire i furti notturni nelle Campagne ormai troppo frequenti, crede giusto, che sia rinnovato il divieto di non fare alcuna apertura nelle Mura Castellane. Queste sono sacre, intangibili, e di pubblica proprietà. ... Arbitraria, recente è stata l'innovazione fatta dal Ranieri, e da qualcun'altro che ha abusato delle circostanze de' tempi.

            Insussistente si dichiara il motivo, che questa misura adottata dal Ranieri sia necessaria per la fabbricazione delle Majoliche. Si eseguiscano pure i lavori ad aria aperta: non per questo l'artefice non può recarsi al luogo destinato per la Porta del Paese, che non è grandissimo, come si è praticato in addietro, e come pratticano altri Fabbricanti.

            Queste porte private infine danno luogo ai contrabandi, si elude il pagamento del Dazio Consumo ...[86]

 

            La famiglia Bianchedi, originaria di Faenza, è presente a Monte Milone già da prima del 1794 quando, in un atto notarile[87], si nomina Pietro del fu Antonio Bianchedi da Faenza abitante da più anni in questa Terra di Monte Milone. Come sappiamo, la sua presenza nel comune era dovuta al fatto che Francesco Verdinelli Ferrini lo chiamò a lavorare come pittore presso la sua fabbrica, avendo ottenuto la privativa per la fabbricazione della maiolica. Morto il Verdinelli passò a lavorare presso la fabbrica dei fratelli Ranieri suoi cognati. Quest'ultima circostanza è confermata dall'Elenco dei Lavoranti del 1830 ma non sappiamo quando, con precisione, avvenne il passaggio: forse dopo il 1810, allorché gli eredi Verdinelli chiusero momentaneamente la vaseria, o, più probabilmente, dopo la morte di Francesco Verdinelli stesso avvenuta nel 1803. Dal suo matrimonio con Rosa Ranieri, sorella di Francesco e Giuseppe, nacquero Giambattista, Felice e Niccola che proseguirono l'attività degli zii.

            Molto poco conosciamo dell'attività di maiolicai dei fratelli Bianchedi ma sappiamo che direttore della fabbrica fu Niccola, da prima del 1830, come dimostra ancora l'Elenco dei Lavoranti di quell'anno. Il suo nome, infatti, figura sempre negli atti ufficiali che riguardano la vaseria. Così nell'Elenco a Stampa dei Commercianti nella Provincia di Macerata del 1849[88], nel Ruolo dei Contribuenti per l'Esercizio del Commercio e dell'Industria dell'anno 1857[89] o nell'elenco delle ditte partecipanti all'Esposizione Maceratese del 1865[90]. In una dichiarazione, resa dai fratelli Bianchedi nel 1851[91] e relativa alla tassa sul commercio per l'anno 1850, leggiamo che gli stessi espongono di essere possessori di una fabrica di Majoliche ordinarie, avendo nella medesima una sola fornace, e soli quattro lavoranti compresi i detti tre fratelli proprietari, non avendo in giro più di un centinaro, e mezzo di scudi per detta fabrica. Se è legittimo dubitare dei dati forniti nella dichiarazione, perché finalizzata all'ottenimento di riduzioni sulle tasse, alcuni atti relativi al Ruolo del 1857, invece, dimostrano come la fabbrica dovesse trovarsi in un periodo davvero difficile dal punto di vista economico. Niccola infatti, diventato nel frattempo unico proprietario della vaseria[92], oltre che alcune vicissitudini familiari, era afflitto da numerosi debiti, come si può leggere in una lettera del Municipio di Monte Milone al Delegato Apostolico datata 19 settembre 1857[93]:

             Non è che troppo veridico lo stato attuale infelicissimo dell'Istante Niccola Bianchedi, il quale oltre alla sfortuna di avere sordi-muti due figli, trovasi disestatissimo nelli suoi affari economici. In riflesso di che sarei di subordinato parere, venisse dall'Eccellenza V. Reverendissima presa in considerazione la sua istanza che compiegata rispingo.

             Ancora,a testimonianza di questa penosa situazione, un'altra lettera[94] di pochi giorni prima, sempre al Delegato Apostolico di Macerata, inviata dal canonico Bonomi, curato dell'Insigne Chiesa Collegiata di S. Biagio:

            Niccola Bianchedi di Monte Milone di professione Cocciaro, oratore umilissimo dell'Eccellenza V. R.ma supplica perché in vista della miseria, in cui si trova, voglia degnarsi assolverlo dalla tassa sull'arti e mestieri, a cui non può soddisfare per la sua impotenza. Padre disgraziato di due infelicissimi figli sordo-muti educati dalla carità del Municipio nell'Istituto di Roma incapaci a procurarsi il proprio sostentamento, occupa di continuo le sue braccia per mantenerli col fabricare majoliche, dalle quali non solamente non ricava qualche guadagno, ma di più trovasi gravato da debiti.

             La supplica del Bianchedi venne accolta dal Delegato Apostolico che gli concesse la grazia di  pagare, com'egli aveva richiesto, la metà dell'imposta dovuta[95].

            Nonostante i problemi economici del proprietario la vaseria continuò il proprio lavoro tanto che nel 1861, nella Statistica Minerale, figura ancora attiva con una fornace a carattere permanente[96]. Quattro anni dopo il nome di Niccola Bianchedi appare nell'elenco delle ditte partecipanti all'Esposizione Provinciale di Macerata[97]. Particolare questo che lascia supporre una certa ripresa economica della fabbrica la quale, successivamente al 1862, iniziò a produrre oggetti in terraglia, riconoscibili per il marchio TBP impresso in pasta.

            La mancanza di notizie certe sull'opificio del Vicinato Lungo fino al 1878 non ci dà la possibilità di documentare questo periodo di circa tredici anni. Sappiamo tuttavia che fu in quest'arco di tempo che la vaseria venne ceduta in affitto ad Antonio Bellini, che figura come direttore della stessa nella Statistica degli Operai del 1878[98]. Dal documento emerge che la fabbrica occupava 14 operai dai 10 ai 60 anni dalle 8 alle 14 ore giornaliere e in "cinque buoni locali". Null'altro conosciamo sulla figura del Bellini e sulla sua produzione. Stando a quanto asserisce il vasaio Benedetti gli successe nella direzione della fabbrica un certo Nobili Pirro, l'ultimo direttore della vaseria che chiuse, con molta probabilità, agli inizi del XX secolo.

            L'immobile, che era rimasto di proprietà della famiglia Bianchedi[99], venne venduto nel 1908[100] da Francesco, uno dei due figli maschi di Niccola, ad Aristide Marocchi di professione muratore.

            Francesco e Guido, i due figli sordomuti di Niccola Bianchedi, continuarono a svolgere la professione degli avi, appresa presso la bottega del padre. Il primo si trasferì a Castellamonte, dove seguitò a praticare la professione di ceramista[101], mentre il fratello, pittore, continuò a vivere a Pollenza, lavorando nella vaseria di Giovanni Venanzoli[102].

 

 

 

CRONOLOGIA DELLE FABBRICHE

 

 

PORTA DEL COLLE

 

Metà ‘600 fino al 1742

Famiglia Mariani

Dal 1742 al 1778

Catervo Ferrini

Dal 1778 al 1803

Francesco Verdinelli Ferrini

Dal 1803 al 1806

Antonio Verdinelli

Dal 1806 al 1816

Giovanni Verdinelli

Dal 1810 al 1816

Inattiva

Dal 1816 al 1853

Serafino Verdinelli e Aloisia Fedeli

Dal 1854 al 1865

Niccola Benedetti

Dal 1866 al 1887

Antonio Farroni

Dal 1887 al 1920

Nazzareno Monti

 

 

COLLEGIATA

 

Dal 1782 al 1789

Marco Caprari

Dal 1789 al 1810

Luigi Venanzoli

Dal 1810 al 1839

Antonio e Lorenzo Venanzoli

Dal 1839 al 1879

Ignazio Venanzoli

Dal 1879 al 1900

Giovanni Venanzoli

Dal 1900 al 1911

Ignazio Venanzoli

Dal 1911 al 1912

Biagio Biagetti e Gaetano Crocetti

 

 

VICINATO LUNGO

 

Inizi ottocento prima del 1808 al 1840 circa

Francesco e Giuseppe Ranieri

Dal 1840 al 1878 circa

Gianbattista, Felice e Niccola Bianchedi

Dal 1878 agli inizi del ‘900

Antonio Bellini e poi Pirro Nobili

 

 

VIA DEL BORGO

 

Inizi ottocento

Marco Caprari

Dal 1807 al 1840

Felice Rosati

Dal 1840 al 1850

Gaetano, Generoso e Giuseppe Rosati

Dal 1850 al 1856

Niccola Benedetti

Dal 1856 al 1880

Gaetano e Generoso Rosati

Dal 1886 circa al 1888

Luigi Nardi

Dal 1888 agli inizi del ‘900

Alessandro Nardi

 

 

VIA SANTA MARIA

 

Dal 1851 al 1860

Pacifico Sileoni e Beniamino Rosati

Dal 1861 al 1871

Serafino Nardi e Niccola Rossetti

Dal 1871 al 1886 circa

Luigi Nardi

 

 

 

 

 

UBICAZIONE DELLE FABBRICHE

 

All’interno delle mura.

 

1. Fabbrica di via Santa Maria.

 

Lungo la via che tuttora mantiene lo stesso nome e che, un tempo, veniva anche denominata il Vicinatello. All’interno dell’immobile è presente un orto che non viene indicato sulla mappa.

 

 

2. Fabbrica di via del Borgo.

 

Ubicata in parte lungo via del Borgo (ora via Leopardi) ed in parte lungo traversa San Francesco. Sulla mappa catastale è stato evidenziato l’orto, acquistato nel 1824, dove i Rosati realizzarono l’ampliamento dell’immobile.

 

 

3. Fabbrica presso la chiesa collegiata di San Biagio.

 

Era situata al termine di via del Vicinato Lungo (ora via XX Settembre) e prospettava, in parte, verso piazzetta della Collegiata (ora piazzale Marconi) L’immobile è stato demolito nel 1927 per ampliare lo spazio pubblico.

 

 

4. Fabbrica del Vicinato Lungo.

 

Ora via XX Settembre. Sulla mappa si possono distinguere chiaramente tutti gli immobili aggiunti, da parte dei fratelli Ranieri intorno agli anni 20 del XIX sec., a quello originario della fornace.

 

Figura 3. Mappa catastale di Monte Milone. Catasto Gregoriano. Archivio di Stato Macerata. Diritti Riservati.

 

Fuori dalle mura.

 

5. Fabbrica presso la Porta del Colle.

 

Ubicata extra moenia lungo l’attuale via Vaseria (l’antica via della Porta del Colle).

 

Figura 4. Mappa catastale di Monte Milone. Catasto Gregoriano. Archivio di Stato Macerata. Diritti Riservati.

Alessandro Nardi

[1] Sull'ubicazione delle fabbriche cfr.: Le vaserie nel contesto..., op. cit. pp. 18-21.

[2] Allo scopo verrà utilizzata una mappa catastale dei primi anni dell’800 che rappresenta fedelmente, anche per la seconda metà del ‘700, la conformazione planimetrica del centro storico di Pollenza. A.S. Macerata, Catasto Gregoriano.

[3] Arch. Parr. S. Andrea, Reg. Battesimi, vol. 1711-1797.

[4] A.S. Macerata, Rota, vol. 3772.

[5] A.S. Macerata, Arch. Not. Macerata, vol. 4390.

[6] A.S. Macerata, Arch. Not. Macerata, vol. 4392.

[7] È la casetta, di cui si è già parlato nelle pagine precedenti, che negli anni successivi fu oggetto di contesa tra gli stessi Assortati e Francesco Verdinelli; cfr. supra.

[8] A.S.C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1769-1779.

[9] A.S.C., Verbali dei Consigli Comunali, vol. 1780-1790.

[10] A.S. Roma, Camerale III, b. 1439.

[11] Idem.

[12] Ibidem.

[13] Arch. Parr. S. Andrea, Reg. Morti vol. 1790-1857.

[14] A. S. Macerata, Notarile Macerata, vol. 6147.

[15] L'edificio, come ci rivelerà un atto notarile successivo, è la fabbrica dove il Sileoni e il Rosati svolgevano la loro attività di maiolicai.

[16] A. S. Macerata, Tribunale di prima istanza di Macerata, b. 680.

[17] A. S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 959.

[18] A. S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 1482, f. 7.

[19] A. S. Macerata, Commissario Provinciale, b. 55, f. 303.

[20] A. S. Macerata, Camera di Commercio, bb. 91 e 92. È l'elenco dei partecipanti all'esposizione provinciale che si sarebbe dovuta tenere a Macerata nel 1865.

[21] A. S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 6155. Come anticipato nella nota 15 è questo l'atto che ci rivela la destinazione dell'immobile in contrada Vicinatello (l'attuale via S. Maria): "una casa da cielo a terra ad uso di fabbrica di Majoliche sita entro questo Comune di Pollenza, contrada Vicinatello, Quartiere Santa Maria, marcata col Numero Civico centonovantadue".

[22] Conservatoria dei RR. II. di Macerata, tit. 57 - 11494.

[23] Circostanza questa non smentita dal racconto del vasaio Nazzareno Benedetti che cita come proprietari della fabbrica Serafino, Benedetto e Luigi, dimenticando però Marino.

[24] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 45.

[25] Conservatoria dei RR. II. di Macerata, tit. 104 - 20701. Da questo atto si è potuti risalire all'esatta ubicazione in quanto riporta il numero di mappa dell'immobile che è il n. 645, sub. 1.

[26] A.S. Macerata, Notarile di Treia, vol 1289.

[27] G. Corona, Fabbriche di maioliche, op. cit.

[28] Il padre di Felice, Bartolomeo Rosati, appare fra i testimoni alla dettatura del testamento nuncupativo di Giuseppe Verdinelli, padre di Francesco, del 1804; A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4675.

[29] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1288.

[30] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1289.

[31] Cfr. supra.

[32] A. S. Macerata, Notarile di Treia, voll. 1323 e 1325.

[33] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1331.

[34] Idem.

[35] Ibidem.

[36] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica di Macerata, b. 1358.

[37] Elenco de' commercianti in stato attuale di mercatura nella provincia di Macerata, A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 1371, f. 1.

[38] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica di Macerata, b. 959.

[39] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica di Macerata, b. 1482.

[40] A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 6156.

[41] A.S. Macerata, Commissario Provinciale, b. 55, f. 303.

[42] A.S. Macerata, Camera di Commercio, bb. 95 e 96.

[43] A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 6165.

[44] Conservatoria dei RR.II. di Macerata, tit. 18474.

[45] A.S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 6156.

[46] Conservatoria dei RR.II. di Macerata, tit. 104 - 20701.

[47] Archivio Notarile Distrettuale di Macerata, notaio C. Curzi, vol. 8.

[48] Idem, vol. 12: Francesco, Raffaele, e Giuseppe Nardi fu Pasquale affittano e rilocano al ridetto Alessandro Nardi accettante: un Fabbricato ad uso di Fabbrica di Stoviglie con orto annesso, posto in Pollenza nella via del Borgo o Traversa San Francesco, distinto col Civico Numero 3, e di Mappa col numero 900 ... Rimangono compresi nel Fondo affittato i Macinetti da colori esistenti nel Vallato del Molino Natalini, e così tutti gli oggetti che esistono nel suddetto fabbricato, come le Tavole, Rote di lavoro, ad eccezione di una di nuovo modello acquistata e messa al posto dallo affittuario Nardi. Siccome pure rimangono esclusi dal contratto, perché di proprietà già dello affittuario Nardi, stante che ne sia stato pagato il valore o non sono stati trovati al cominciare del contratto di affitto, la Vistugia, i Tomboli o Caselle, gli attrezzi in ferro per fare la carbonella e calcinare il colore a pietra per macinarli, il colore macinato e suoi recipienti.

[49] A. S. Macerata, Camera di Commercio, b. 45.

[50] Idem.

[51] Idem, b. 45.

[52] A. Notarile Distrettuale, Notaio Curzio Curzi, Rep. 941 del 23 dicembre 1887.

[53] A.S. Camerino, Società Operaia di Mutuo Soccorso - Camerino, b. 1888 a.

[54] A.P.C., Registri dei Battesimi.

[55] È tuttavia da ipotizzare una breve esperienza del Monti presso la fabbrica Venanzoli, anteriore al 1887, come si rileva ancora dal "Racconto" del vasaio Nazzareno Benedetti.

[56] Sulla figura e l'opera dell'artista e restauratore pollentino Giuseppe Fammilume (1896 - 1952) si veda AA.VV., Giuseppe Fammilume, gli acquerelli, a cura di A. Valentini, Pollenza 1985.

[57] A.S.C., Verbali dei Consigli Comunali, Vol. 1780/1790, c. 151r e v.

[58] D. Assortati, Notizie..., op. cit., cc. 32v-33r.

[59] A.S. Macerata, Notarile Macerata, vol. 4673.

[60] A.S. Macerata, Notarile Treia, vol. 1268.

[61] A.S. Macerata, Notarile Treia, vol. 1324.

[62] A.S. Macerata, Notarile Macerata, vol. 1325.

[63] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b.1371, f. 1.

[64] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b.959.

[65] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b.1482. f. 7.

[66] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 45.

[67] A.S. Macerata, Camera di Commercio, bb. 95 e 96.

[68] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 87.

[69] Idem, bb. 51 e 85.

[70] Si tratta del figlio di Giovanni che in una lettera, volle attestare la veridicità dell'immagine riprodotta nel disegno: A.C.M.P., busta "Ceramica".

[71] Sul catalogo della mostra possiamo leggere la seguente dicitura: Maioliche delle antiche fabbriche di Pollenza (?...) Cinquanta pezzi - espone Venanzoli Giovanni di Pollenza.

[72] A. Anselmi, Il commercio delle maioliche di Castelli alla antica fiera di Senigallia, op. cit., p. 71, n.1.

[73] Della collezione Venanzoli perduta, crediamo, oramai irrimediabilmente, non si hanno più notizie certe dal 1913 ad oggi.

[74] G. Corona, Fabbriche di maioliche, op. cit.

[75] A. S. Macerata, Dipartimento del Musone, b. 22.

[76] D. Assortati, Notizie..., op. cit., cc. 34v-35.

[77] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1331.

[78] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1285.

[79] A. S. Macerata, Notarile di Treia, vol. 1271.

[80] A. S. Macerata, Notarile di Treia, voll. 1271 e 1285.

[81] D. Assortati, Notizie..., op. cit., cc. 34v-35.

[82] A. S. Macerata, Dipartimento del Musone, b. 5, f. 9.

[83] A. S. Macerata, Dipartimento del Musone, b. 22.

[84] Idem.

[85] A. S. Macerata, Dipartimento del Musone, b. 22.

[86] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 1383.

[87] A. S. Macerata, Notarile di Macerata, vol. 4480.

[88] A. S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 1371, f. 1.

[89] Idem, b. 1482, f. 7.

[90] A. S. Macerata, Camera di Commercio, bb. 91 e 92.

[91] A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 959.

[92] La circostanza non è documentata da nessun atto notarile ma è molto probabile che i fratelli, a questa data, gli avessero ceduto la fabbrica tramite scrittura privata, in quanto non appaiono più in nessuno dei documenti esaminati, compresi i testamenti, come proprietari.

[93] A. S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 959.

[94] Idem.

[95] Ibidem.

[96] A. S. Macerata, Commissario Provinciale, b.55, f. 303.

[97] A. S. Macerata, Camera di Commercio, bb. 91 e 92.

[98] Idem, b. 45.

[99] Ad eccezione dell'orto, di proprietà Nozzi.

[100] Conservatoria dei RR. II. di Macerata, tit. 15773.

[101] Idem.

[102] La notizia è tratta ancora dal "racconto" di Nazzareno Benedetti: cfr. supra.

Commenti

Più seguiti

Urbanistica ed Edilizia nel Centro Antico di Pollenza dal 1800 ad Oggi.

Disegni ed immagini del centro antico prima dell’epoca contemporanea al Museo Comunale di Pollenza [1] .         Possiamo affermare con certezza che tutte le trasformazioni urbanistiche ed edilizie avvenute negli ultimi due secoli nel centro antico di Pollenza risultano documentate. Di quasi tutto ciò che è scomparso, o si è trasformato, nel tessuto edilizio originario, possediamo una documentazione costituita da foto o disegni, per la maggior parte raccolti dal pittore pollentino Giuseppe Fammilume, o da progetti originali di edifici pubblici ed altro materiale relativo alla loro costruzione appartenenti all’Archivio Storico Comunale [2] . È quindi possibile una ricostruzione completa di tutte le trasformazioni urbanistiche ed edilizie che hanno riguardato l’agglomerato urbano all’interno delle mura castellane anche ricorrendo ad una mappa catastale degli inizi dell’800 [3] che, tuttavia, rappresenta molto bene anche la situazione nell’ultimo qua...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte prima.

  Case, ville, torri colombaie   I. Introduzione [1]        Se esiste un tipo di edificio che ha sempre esercitato in me un fascino particolare questo è sicuramente la casa – torre – colombaia [2] . Questo tipo di costruzione rappresenta senza dubbio una delle espressioni più interessanti dell’architettura rurale anche se, paradossalmente, in pochi conoscono la sua reale funzione. Era essenzialmente un fabbricato per l’allevamento dei piccioni formato da una torre isolata o facente parte di un aggregato edilizio più complesso: in quest’ultimo caso rappresentava l’elemento architettonico qualificante sia in quanto primo nucleo di successive aggregazioni di corpi di fabbrica o in quanto parte di una dimora rurale o villa progettate in funzione della colombaia stessa o delle quali la colombaia costituiva, in base a precise scelte non solo architettoniche, il volume dominante.      In realtà l’allevamento di piccioni che in esse...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte terza.

  Case, ville, torri colombaie   VII. Il cinquecento.   La seconda fase nella diffusione di torri colombaie trova un importante riscontro nell’evoluzione della normativa statutaria, a partire dalla fine del ‘400, dove, tra i testi indagati, quasi tutti riportano, nelle regioni del Centro e Nord Italia, norme molto precise sulla caccia al colombo e sulle colombaie oltreché, in alcuni casi, notizie molto rilevanti sulla loro funzione e ubicazione. Si può dire che tutti i comuni più importanti di queste regioni dispongono di regole sulla tutela dei colombi e delle colombaie, spesso anche comuni molto piccoli, dove il termine torre, associato all’allevamento dei colombi, compare molto più frequentemente rispetto agli statuti dei secoli precendenti. Per questo periodo si può affermare con certezza, vista l’abbondanza di fonti, che si tratta ancora di case torri, che seguono schemi tipologici oramai collaudati, o di ville con la torretta sopra il tetto ma, anche, di u...

LA CASA DEI COLOMBI. Parte seconda.

  Case, ville, torri colombaie   V. Ut copia et fertilitas palumborum habeatur.   Mancando un quadro cronologico preciso sulla diffusione delle torri colombaie, a partire dal basso medioevo in avanti, appare difficile tracciare un’evoluzione del fenomeno da un punto di vista temporale e allo stesso modo, mancando dati sufficienti sulla loro collocazione geografica nello stesso periodo, risulta altrettanto difficoltoso stabilire in quali zone ci fu una maggiore presenza di questi edifici. Un punto di partenza, però, è senz’altro quello che potrebbe derivare da una catalogazione delle costruzioni superstiti effettuata per zone geografiche come, ad esempio, quella pur incompleta contenuta sulla collana del C.N.R. sulle dimore rurali. Ancora, per i periodi successivi, si potrebbe attingere alla documentazione riportata dai catasti, laddove esistenti, come è stato fatto in maniera quasi sistematica per le Marche, sotto l’impulso di Sergio Anselmi, ed i cui risultati so...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte sesta.

  La crisi di metà Ottocento. La decorazione in blu e in verde.               Il secondo quarto del secolo è segnato dal netto passaggio ad una nuova generazione di maiolicari. Scomparvero infatti, in poco meno di un decennio, tutti quegli uomini che alcuni anni prima avevano saputo creare, con il loro ingegno, un'industria stabile e fiorente, fonte di guadagni e di benessere per il piccolo centro della Marca.             Antonio Venanzoli morì nel 1838 e il fratello Lorenzo l'anno seguente. A questi successero nella direzione della fabbrica due dei sette figli di Antonio, Ignazio e Niccola. Felice Rosati morì nel 1840 lasciando in eredità la fabbrica ai suoi tre figli maschi Gaetano, Generoso e Giuseppe. Lo stesso anno veniva a mancare Giuseppe Ranieri mentre il fratello Francesco morì, qualche anno dopo, nel 1846. La loro fabbrica passò ai tre nipoti ex sorore ...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Prima parte.

Introduzione      Come più volte ho avuto modo di dire o scrivere, fino ad oggi non è mai stata pubblicata una vera e propria storia della ceramica di Pollenza. Esiste certo il “Piano di Lavoro” del Boldorini, punto di partenza di tutti gli studi fino ad ora realizzati su questo argomento, ma si trattava unicamente di una serie di appunti, basati sull’ampia ricerca archivistica da lui effettuata negli anni ’40-‘50 dello scorso secolo, che non aveva però l’ambizione di definirsi una storia di questa attività. Neanche io ho mai voluto addentrarmi nell’impresa, nonostante le numerose ricerche realizzate, in quanto speravo di approfondire maggiormente l’argomento, soprattutto in relazione alla produzione delle varie fabbriche che si sono succedute nel corso dei secoli. Tuttavia sono giunto alla conclusione che sia meglio pubblicare quanto ho scritto, alcuni anni or sono, anziché lasciare tutto in un cassetto. Tale studio, sebbene costituisca una ricerca palesemente ...

Urbanistica ed Edilizia nel Territorio di Pollenza dal 1800 ad Oggi.

Disegni ed immagini del territorio prima dell’epoca contemporanea al Museo delle Memorie Patrie Pollentine.             Il presente post, che raccoglie il materiale di una conferenza, organizzata dalla locale Società Operaia e patrocinata dall’Amm.ne Comunae, tenutasi a Pollenza il 28 novembre 2010, tratta di alcune delle trasformazioni avvenute a partire dall’800 in campo urbanistico ed edilizio nel nostro comune. È il seguito di “Urbanistica ed Edilizia nel Centro Antico di Pollenza dal 1800 ad Oggi”, qui pubblicato in data 26 luglio ‘19, e tenta di raccontare alcune delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie, le più rilevanti, avvenute extra moenia nel territorio comunale. Ciò attraverso una serie di foto e disegni, conservati per la maggior parte presso l’Archivio Storico Comunale di Pollenza, che raccontano e documentano come erano certe zone o certi edifici prima dell’epoca contemporanea.    ...

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza.

LA CERAMICA DI POLLENZA. Parte terza. Il Settecento. II      Francesco Maria Verdinelli nacque nel 1760 [1] a Monte Milone da Giuseppe Maria Verdinelli e Piera Perini. Il padre, piccolo possidente terriero [2] , lo avviò alla professione di ceramista, probabilmente già in giovane età, mandandolo a lavorare presso la fabbrica della Porta del Colle, l'unica allora esistente all'interno del territorio comunale, dove il proprietario Catervo Ferrini, non avendo avuto figli, ebbe presto modo di affezionarsi ad un giovane pieno di talento e iniziativa, fino al punto di deciderne l'adozione e di lasciargli successivamente in eredità tutti i suoi beni.      Francesco ereditò, dunque, la fabbrica appena diciottenne, insieme ad altri beni, ma con la condizione di venirne in possesso soltanto dopo la morte della vedova Marianna Crocetti [3] . Fino a quella data Francesco sarebbe dovuto restare nella condizione di lavorante stipendiato e sotto...

L'industria della ceramica in provincia di Macerata tra la fine dell'800 e gli inizi del '900.

Alcune note sull’industria della ceramica in provincia di Macerata tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.                Ritengo interessante esporre, in queste brevi note, un quadro certamente non esaustivo dei centri di produzione di oggetti in ceramica, nella provincia di Macerata, nel periodo che va dalla fine dell’800 ai primi anni del XX secolo. Dai documenti esaminanti, due statistiche, un bollettino ed altro materiale documentario della Camera di Commercio, emerge la presenza di numerose botteghe, sparse in maniera quasi uniforme su tutto il territorio, dalla costa fino alle località montane, ed un solo centro, Pollenza, che poteva vantare la presenza di piccole fabbriche , come venivano definite all’epoca, con una produzione di una certa consistenza e qualità. Le prime occupavano da 1 a 6 lavoratori e producevano ceramica d’uso, oggetti e stoviglie ordinari in terracotta, destinata perlopiù al commercio locale. Quelle di Pollenza pr...
  Un progetto inedito di Giuseppe Valadier per Fano.                 Si conserva, presso l’Accademia di San Luca a Roma, un progetto di Giuseppe Valadier per la liscia ed i molini del tabacco presso il Ponte Astalli di Fano, costituito da una tavola a china ed acquerello, non datata e senza titolo, delle dimensioni di 288 x 441 mm [1] (fig. 1).   Fig. 1. Giuseppe Valadier. Progetto per i mulini del tabacco e la liscia presso il porto di Fano, pianta, prospetto e sezione . Roma, Accademia di San Luca, Fondo Valadier , ASL 2863. Da  http://lineamenta.biblhertz.it:8080/Lineamenta/1033478408.39/1035196181.35/1046533224.67/Sh-p0ixSc/view         Tale disegno è relativo alla zona di Fano compresa tra Porta Giulia ed il canale Albani e rappresenta un sistema per fornire forza motrice al mulino del tabacco collocato in prossimità del Ponte degli Astalli e della parte terminale del Canale...