Le fabbriche di maiolica e terraglia nella seconda metà dell’ottocento[1].
Intorno
al 1850 erano presenti, nel centro urbano di Pollenza, 4 opifici che possiamo
individuare in base al nome della via in cui erano collocate. Quello del
Vicinato Lungo (l’attuale via XX Settembre), quello di Piazzetta della
Collegiata (l’attuale Piazzale Marconi), quello di via Del Borgo (l’attuale via
Leopardi), ubicati all’interno delle mura castellane e l’ultimo presso la Porta
del Colle (l’attuale via Vaseria)[2].
In questo periodo una momentanea ripresa, che caratterizzò l'economia regionale
di metà secolo, diede un nuovo impulso all'attività delle vaserie che, intorno
al 1851-52, videro l'inizio di una breve parentesi di crescita che durò
all'incirca fino al 1856-57. Fu proprio in questi anni che alle quattro
fabbriche presenti nel comune se ne aggiunse una quinta, per l'iniziativa di
due o forse più vasai che fino a quel momento avevano lavorato negli altri
opifici del paese, fondata da Pacifico Sileoni e Beniamino Rosati in una casa
presso via S. Maria.
Di
questo periodo è la breve notizia contenuta nell'Almanacco Storico Statistico
Piceno[3]
del 1854 che mette in luce una situazione delle fabbriche ben diversa da quella
che esibiva un Ruolo dei Contribuenti
di soli quattro anni precedente[4]:
Esistono in Monte Milone vari
opifici, ed in particolare cinque fabbriche di maioliche, le quali impiegano
costantemente un cento braccianti.
Anche
il Nigrisoli nella sua “Rivista dei più importanti prodotti naturali e
manifatturieri dello Stato Pontificio” del 1857 parla, a proposito di Monte
Milone, di una fornace destinata alla fabbricazione di pregevole maiolica
bianca senza però specificare a quale si riferisse. Ma già a questa data la
condizione delle vaserie montemilonesi sembra di nuovo ripiombare pesantemente
in quella crisi, le cui prime avvisaglie si erano avute già intorno al 1850,
visto che delle cinque fabbriche ne rimanevano attive solo tre.
L'attività
di Serafino Verdinelli nella fabbrica presso la Porta del Colle si era
definitivamente conclusa verso il 1851-52 e, al suo posto, era subentrato Niccola
Benedetti che aveva lasciato l'immobile di via del Borgo nuovamente sotto la
direzione dei fratelli Rosati. Questi ultimi nel 1857, dopo aver venduto per
debiti la loro vaseria, sospesero di nuovo, momentaneamente, la loro attività
di maiolicai per riprenderla solo qualche anno dopo. Pertanto, a seguito di
queste vicende, le fabbriche ancora attive al 1857 risultavano essere le
seguenti: l'opificio del Vicinato Lungo, che rimaneva sotto la direzione dei
fratelli Bianchedi, quello della Collegiata, diretto dai Venanzoli e quello
della Porta del Colle, come anticipato, sotto la direzione del Benedetti. Per
quanto riguarda la fabbrica di via S. Maria questa chiuse momentaneamente per
poi essere riaperta intorno al 1861.
La
situazione al 1857 ci è nota grazie ad un altro Ruolo dei Contribuenti[5]
dal quale risultano soltanto tre fabbricanti di maiolica esistenti nel comune
nelle persone di Ignazio Venanzoli, Niccola Bianchedi e Niccola Benedetti.
Stando ad alcuni documenti dell'epoca[6]
emerge, per le tre fabbriche ancora attive, una situazione difficile nella
quale risulta gravoso persino il pagamento della tassa di 3,60 scudi da cui i
maiolicai, a seguito di alcune richieste presso il Delegato Apostolico,
riusciranno ad esimersi per metà dell'importo. Le stesse carte riportano un
elenco dei debitori morosi al pagamento della tassa di Esercizio per le Arti,
relativo al biennio 1855-1856, nel quale figurano sempre i nomi dei fratelli
Bianchedi, Ignazio Venanzoli e Niccola Benedetti.
Questo
stato di cose, stando ai dati contenuti nelle schede della Statistica Minerale
del 1861[7],
mutò in senso favorevole per i maiolicai soltanto quattro anni dopo, quando le
fabbriche tornarono ad essere in numero di cinque. Tra le notizie contenute in
questa statistica vale la pena citare la riapertura dell'opificio di via S.
Maria, sotto la direzione di Serafino Nardi e Niccola Rossetti e la ripresa
dell'attività di quello in via del Borgo, ancora per opera dei fratelli Rosati:
quest'ultima fabbrica è l'unica a figurare nel quadro statistico come avente
una fornace ad uso temporaneo, a differenza delle altre quattro a carattere
permanente.
Un'altra
conferma che il periodo successivo al 1860 fu sostanzialmente positivo per
l'industria ceramica locale è costituita dal fatto che venne aperta una sesta
fabbrica, la cui breve vita va collocata negli anni dal 1862 al 1864, per opera
di due vasai che fino a quel momento, con ogni probabilità, avevano lavorato
presso i fratelli Venanzoli[8].
Si tratta di Sante e Niccola Monti che nel 1865, forse attirati da più facili
guadagni, chiusero il loro opificio di Pollenza[9]
per trasferirsi a Fabriano dove trovarono occupazione come primi lavoranti
presso la fabbrica Miliani[10].
Questa circostanza fornisce, a nostro avviso, una spiegazione definitiva sulle
evidenti affinità che caratterizzarono buona parte della produzione fabrianese
e pollentina, soprattutto della fabbrica Venanzoli, nel periodo compreso tra
gli anni 1860 e 1880. È infatti noto che molti pezzi, fra i quali zuppiere, servizi
da camera, ecc., come quelli rappresentanti nelle foto da 9 a 14, riportano
indistintamente i marchi di Pollenza o Fabriano tanto che risulta molto spesso
difficile, in assenza di un tale riferimento, stabilire la loro provenienza.
Ciò dimostra che Sante Monti non solo era nativo di Pollenza, come si limita ad
affermare il Marcoaldi[11],
ma una volta partito dal paese di origine insieme a Niccola, portò con sé il
repertorio appreso sotto le dipendenze dei Venanzoli e utilizzato nella breve
esperienza pollentina.
Abbiamo già avuto modo di parlare, nel precedente capitolo, di alcuni dei caratteri che contraddistinguono la produzione nel periodo tra il 1850 e 1860. Questi continuarono a permanere nel repertorio di alcune fabbriche diversi anni ancora, come testimoniano la bottiglia in maiolica della foto 1, datata 1872, o la brocca della foto 2, datata 1873, mutando lentamente, fino a scomparire nell'ultimo quarto del secolo.
Foto 1. Bottiglia in maiolica con decoro floreale. Sul verso compare la data di fabbricazione, 1872. Pollenza, Museo Comunale. |
Foto 2. Brocca in terracotta, con parte anteriore maiolicata e decorata a giro di rose in blu dove compare la data di fabbricazione, 1873. Collezione privata. |
Questo passaggio si concretizzò, ad esempio, con
il graduale abbandono delle decorazioni complementari a giro di foglie, a
nastri geometrici, o dei bordi a trine, ai quali si sostituirono le fasce e le
filettature in blu e giallo: elementi, questi, già in uso nella produzione
della prima metà del secolo. I due pezzi raffigurati nella foto 3, un catino in
maiolica, e nella foto 4, una ricottiera sempre in maiolica, databili tra il
1860 e il 1870, rendono bene l'idea dell'evoluzione sopra descritta che porterà
alla realizzazione di oggetti con decori molto semplificati e costituiti
unicamente da fasce e filetti, come quelli delle foto 5, 6, 7, 8, realizzati
tra il 1870 e il 1890.
Foto 3. Catino in maiolica decorato, sul fondo, con il motivo a due fiori blu e doppia filettatura al bordo, realizzato tra il 1860 ed il 1870. Collezione privata. |
Foto 4. Ricottiera in maiolica decorata a trine e filetti con fascia centrale ocracea, realizzata tra il 1860 ed il 1870. Collezione privata. |
Foto 5. Vaso in maiolica a base ottagonale. Decorazione a fasce e filetti in blu, realizzato tra il 1870 ed il 1890. Pollenza, Museo Comunale. |
Foto 6. Bottiglia in maiolica. Decorazione a fasce e filetti in blu, realizzata tra il 1860 ed il 1870. Pollenza, Museo Comunale. |
Foto 7. Barattolo in maiolica. Decorazione a fasce e filetti in blu, realizzato tra il 1860 ed il 1870. Pollenza, Museo Comunale. |
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Foto 8. Bottiglia, borraccia, e piccola coppa in maiolica con decorazioni a fasce e filetti in blu ed ocra, realizzati tra il 1860 ed il 1870. Pollenza, Museo Comunale. |
Dopo
il 1860 alcune fabbriche, iniziando a riutilizzare la terraglia, misero a punto
nuove forme la cui sobrietà ed eleganza ben si adattavano al tipo di
decorazione a filetto blu. Tale produzione si affianca, senza sostituirla, a
quella in maiolica sopra descritta. Ci riferiamo principalmente alla vaseria
Venanzoli la quale, a partire da questo periodo, iniziò a produrre oggetti come
le zuppiere della foto 9, caratterizzate da un manico del coperchio a riccio su
foglie in rilievo e dalle anse a voluta ancora con il motivo della foglia in
rilievo[12].
Nello stesso periodo nascono anche la brocca, il catino e il vaso in terraglia
della foto 10, prodotti diffusissimi che continuarono ad essere realizzati fino
ai primi anni del '900, foto 11, 12 e 13, con varianti solo nelle decorazioni.
Degli stessi anni anche il versatore con ansa a nastro e manico a staffa della foto
14 o i pezzi residui di un servizio da caffè (foto 15) con la zuccheriera che
riporta, sul fondo, il marchio VENANZOLI. Il primo costituisce un'evoluzione di
quello già presentato nella foto 10 del precedente capitolo, di alcuni anni
precedente, e da questo si differenzia, non solo per il pippio cilindrico, ma
anche per l'aggiunta del motivo a rilievo della testa di leone che compare
nelle due giunture della staffa con il corpo. La zuccheriera ricalca forme già
presenti a M. Milone, e soprattutto a Pesaro, nella prima metà dell'800 e con
decori a fasce e filettature in rosso. Lo stesso oggetto presenta ancora la
testa di leone a rilievo, motivo che a partire da questi anni diventerà molto
diffuso e permarrà nel repertorio dei ceramisti pollentini fino alla fine del
secolo. Il marchio VENANZOLI è precedente a quello G.V. POLLENZA che verrà
utilizzato nel periodo sotto la direzione di Giovanni Venanzoli, dal 1879 al
1900.
Foto 9. Zuppiere in terraglia. Fabbrica Venanzoli, 1860-1900. Collezione privata. |
Foto 10. Brocca, catino e vaso da notte in terraglia. Fabbrica Venanzoli, 1860-1900. Collezione privata. |
Foto 11. Brocca in terraglia.Marchio G. V. Pollenza impresso in pasta sul fondo. Decorazione “alla margherita”. Fabbrica Giovanni Venanzoli. 1879 - 1900. Pollenza, Museo Comunale. |
Foto 12. Brocca, catino e vaso da notte in terraglia. Marchio La Croix – Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Porta del Colle sotto direzione Nazzareno Monti. Dopo 1887. Collezione privata. |
Foto 13. Catino in terraglia. Marchio La Croix – Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Porta del Colle sotto direzione Nazzareno Monti. Dopo 1887. Collezione privata. |
Foto 14. Versatore in terraglia. Ansa a nastro con teste di leone e manico a staffa. Marchio G. V. Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Giovanni Venanzoli. 1879 - 1900. Collezione privata. |
Foto 15. Pezzi residui di un servizio da caffè. Zuccheriera con teste di leone a rilievo e pomello del coperchio conico. Marchio VENANZOLI impresso in pasta. 1860-1879. Collezione privata. |
Nel
1862, nonostante questo rinnovamento della produzione, i maiolicai pollentini
preferirono non partecipare all'Esposizione che si tenne a Londra nello stesso
anno. Questa circostanza, documentata da una lettera del Sindaco al Prefetto di
Macerata in data 26 aprile, dimostra come i fabbricanti ritenessero, forse in
maniera esagerata, il loro prodotto non più competitivo, almeno rispetto a
quanto poteva essere stato qualche decennio precedente:
Nulla si è potuto mettere insieme in
questo Comune per prendere parte alla prossima esposizione di Londra. ...
Abbiamo quattro Fabbriche di Majoliche, ma non vi sono lavori ricercati.[13]
Nel
1865 la Camera di Commercio tentò di allestire una prima mostra provinciale di
prodotti locali, che si sarebbe dovuta tenere nella città di Macerata alla fine
di agosto. Ma quando l'organizzazione era già a buon punto scoppiò un'epidemia
di colera nella vicina Ancona che costrinse gli organizzatori, per ovvi motivi
di ordine sanitario, a rimandare la manifestazione[14].
Dall'elenco dei partecipanti apprendiamo che alla mostra avevano deciso di
aderire quattro vaserie di Pollenza esponendo Stoviglie diverse con saggio di creta[15]:
erano quelle dei fratelli Venanzoli, di Niccola Bianchedi, di Serafino Nardi e
Compagni e di Niccola Benedetti.
Sono
molto rare le carte che documentano le vicende degli anni tra il 1865 e il 1878,
tanto che di questo periodo non possediamo notizie sull'attività oltre a quelle
certe per cui la vaseria Bianchedi passò sotto la direzione di Antonio Bellini,
quella della Porta del Colle venne rilevata ed acquistata da Antonio Farroni e
la fabbrica di via S. Maria passò sotto la direzione e proprietà di Luigi
Nardi. La situazione al 1878, invece, è ben documentata dalla Statistica degli operai nelle fabbriche
della Provincia. Dal quadro relativo[16]
risultano attivi i quattro opifici di Ignazio Venanzoli, Luigi Nardi, Antonio
Farroni e Antonio Bellini, con 65 persone occupate. Il documento, oltre a
riportare un giudizio sostanzialmente positivo sulle condizioni igieniche dei luoghi di lavoro, contiene anche alcune osservazioni sullo stato di salute degli
operai e sulle malattie a cui più facilmente andavano soggetti:
Gli operai sono soggetti a malattie
reumatiche e coliche e paralisi saturnine. L'umidità a cui si espongono
lavorando sempre creta bagnata occasiona qualche male reumatico, la polverizzazione
e fusione dello stagno per le vernici occasiona qualche collica, e paralisi
saturnine.
Nel
1879 la Camera di Commercio di Macerata organizzò un Concorso a Premi aperto a diversi settori artigianali ed
industriali della provincia, fra cui la ceramica, al quale, nonostante
l'iniziale riluttanza, parteciparono due maiolicai pollentini. Si tratta di
Giovanni Venanzoli, succeduto al padre Ignazio, morto in quell'anno, e di
Generoso Rosati che aveva momentaneamente riaperto la vaseria di via del Borgo.
In una lettera inviata il 5 luglio 1879 all'amico Giuseppe Nozzi di Pollenza,
il Segretario della Camera esprimeva la sua preoccupazione per il fatto che,
ancora a quella data, nessuno dei vasai aveva fatto pervenire la domanda di
partecipazione al concorso che si sarebbe tenuto, meno di due mesi dopo, dal 30
agosto al 17 settembre:
Come forse avrai appreso dai diversi
manifesti a stampa che sono stati successivamente pubblicati nei diversi Comuni
della Provincia, questa Camera apre per il prossimo Agosto e nei primi di
Settembre un concorso a premi per diverse classi fra le quali è compresa la
Ceramica. Questa Camera vi comprese questa classe quasi esclusivamente per
cotesto Comune ove vi sono fabbriche di coccie di qualche importanza. Contrariamente
alle nostre speranze ancora nessuno dei vostri fabbricanti ha fatto domanda per
farsi espositore. Dal che ciò dipende? O il Sig. Sindaco ha mostrato poca
energia nel persuaderli, o i fabbricanti stessi son oltre ogni dire indolenti.
Non potresti tu adoperando la tua influenza e quella di qualche altro amico
scuotere tanta negligenza e persuadere questi fabbricatori a farsi espositori?
... Devi persuadere cotesti fabbricanti che non è necessario presentare oggetti
di speciale lavoro, ma oggetti che fabbricano tutti i giorni, ben inteso che
presentino insieme agli oggetti più comuni gli oggetti che sanno fare di
meglio, in poche parole sarebbe desiderabile mandassero una collezzione di
quanto fabbricano annualmente.[17]
La
risposta del Nozzi non si fece attendere e, in data 10 luglio così rispondeva
al Segretario:
Manderanno i fabbricatori di coccie
e qualche falegname degli oggetti all'Esposizione ... Questa è la promessa che
mi hanno fatto, e spero sapranno mantenere avendomi fatto vedere i lavori già
incominciati a tale scopo.[18]
Giovanni
Venanzoli ottenne la medaglia d'argento mentre il Rosati quella di bronzo.
Questo il parere espresso dalla giuria del concorso, pubblicato in un periodico
locale[19]:
Il sig. Venanzoli di Pollenza ci
presenta un insieme di stoviglie a buonissimi prezzi e tenuto conto che la
fabbrica è nel suo esordire non vi è che rallegrarsi e prognosticar bene per
l'incremento, che il Sig. Venanzoli saprà dare alla sua nascente industria -
Bene il Rosati nello stesso genere e pure di Pollenza.
L'ultimo
trentennio del secolo è caratterizzato da una certa stabilità economica e gli
anni tra il 1880 e il 1885 circa rappresentano il periodo in cui quel lento
processo di ripresa, iniziato venti anni prima, trova il suo culmine. A parte i
successi personali conseguiti da Giovanni Venanzoli, nelle esposizioni di
Milano del 1881 e di Torino del 1884[20],
anche le altre vaserie sembrano vivere in questi anni un momento di rinnovato
vigore nell'attività produttiva[21].
A determinare questo favorevole stato di cose fu soprattutto il nuovo
carattere, assunto in un periodo evolutivo durato all'incirca 30 anni che
potremmo definire, basandoci sulla classificazione proposta dal Sori[22],
di industrie di servizio ad una popolazione insediata «caratterizzate da un
forte vincolo locazionale con i luoghi del consumo», con una produzione di
stoviglie in terraglia e maiolica ad uso domestico.
L'andamento
positivo in questa fase, con una produzione annua di una certa consistenza ma
destinata oramai quasi per intero ad un mercato interno alla regione, dove
l'arretratezza ed inefficienza delle strutture distributive limitava le
possibilità di commercio alla rete delle fiere e dei mercati temporanei,
risulta anche dalle notizie riportate nel 1881 dal Corona[23]:
La principale fabbrica di Pollenza è
sempre quella di Giovanni Venanzoli ... Vi si fabbricano ordinariamente
svariati oggetti in maiolica bianca e colorata e occupa una ventina di operai
fra uomini, donne e ragazzi la cui mercede è presso a poco uguale a quella che
si paga in Fabriano. Possiede due forni a sistema antico rettangolare di cui
uno di un terzo più piccolo dell'altro. La produzione annua si può valutare a
circa 150.000 pezzi per un valore totale di £ 14.000. Questi prodotti vengono
smerciati nelle Provincie di Macerata, Ancona, Pesaro e Urbino, Ascoli e
Perugia.
La
relativa stabilità economica del periodo in questione era però destinata a
durare ben poco. La causa del declino va rintracciata, innanzitutto, nell'arretratezza
dei metodi produttivi, basati ancora su tecniche antiche, che ben presto non
avrebbero più consentito una competizione in campo commerciale con altre
industrie italiane più evolute. Riportiamo, in merito le seguenti due
testimonianze riferite alla provincia di Macerata, la prima del 1898, l’altra
del 1907:
Le industrie non sono molto fiorenti
[…] Nelle industrie delle fornaci per laterizi e terre cotte, la prov. di
Macerata vien terza nella Marca, ossia dopo quelle di Ascoli e di Pesaro […]
Oltre ai laterizi sono preparate anche delle stoviglie in molti piccoli
stabilimenti, i quali, se si faccia eccezione per quello di Alessandro Nardi,
nel comune di Pollenza, che occupa 14 operai, raramente danno lavoro a più di 3
operai. In quello di Giovanni Venanzoli, pure a Pollenza, si fabbricano
svariati oggetti di maiolica ordinaria, bianca e colorata.[24]
La fabbricazione di oggetti in
terraglie, esclusivamente di uso comune, si fa nei seguenti centri: Appignano
(che da sola ha dieci piccole fabbriche), Caldarola, Camerino, Castelraimondo,
Matelica, Montecassiano, Potenza Picena, Pollenza e Tolentino.
Tale lavorazione, che si esegue
esclusivamente a mano ed impiegando fornaci a fuoco non continuo, occupa
complessivamente 93 operai.
La fabbrica più importante e più
nota è quella esistente a Pollenza, di proprietà della ditta Venanzoli
Giovanni, la quale occupa dai 20 ai 24 operai[25].
In
un primo momento le vaserie pollentine, seguendo un destino comune peraltro a
moltissime manifatture della regione, riuscirono a sopravvivere, come già
visto, traendo la propria ragione di esistere da una domanda tutta interna al
territorio dove erano insediate o poco oltre: questo all'incirca fino al 1890.
Ma un siffatto meccanismo, il cui funzionamento era dovuto unicamente
all'«autarchica» chiusura della regione rispetto ai mercati esterni, cominciò a
vacillare quando ci si trovò di fronte ad una competizione commerciale vera,
quella con i prodotti di altre regioni, i cui costi facevano sì che le nostre
industrie non potessero reggerne la concorrenza. A determinare la decadenza e
l'inesorabile tramonto delle fabbriche pollentine contribuì in maniera
determinante il flusso commerciale di vasellame, prodotto industrialmente,
proveniente dal Nord Italia, il cui ingresso in regione venne facilitato dal
miglioramento delle vie di comunicazione esistenti o dalla realizzazione di
nuove vie fra le quali, non ultime, quelle ferroviarie il cui completamento
avvenne negli anni dal 1886 al 1891[26].
Nei
primi anni del secolo chiusero le vaserie di Via del Borgo e quella di Via XX
Settembre (ex Vicinato Lungo). Nel 1911 Ignazio Venanzoli, erede di Giovanni,
cedette l'attività al pittore Biagio Biagetti e a Gaetano Crocetti di Porto
Recanati i quali, appena dopo un anno, chiusero definitivamente la fabbrica
della Collegiata. Più longeva, invece, la fabbrica della Porta del Colle chiusa
dal Monti dopo la prima guerra mondiale, come si poteva leggere sulla stampa
locale:
Chiusura della fabbrica di terraglie
Anche l’ultima delle tante fabbriche
di maioliche e terraglie, che formavano un dì l’orgoglio del paese e tenevano
occupate tante famiglie, è stata temporaneamente chiusa dall’attuale
affittuario Biagetti.
E di tale provvedimento tanto più
dolorosi si risentono gli effetti in quanto che è venuto proprio nel cuore
dell’inverno, lasciando tante persone senza lavoro e quindi senza pane.
[an1] Fa pena il vedere i
poveri vasai occupati lungo le mura castellane a rompere pietre da servire per
l’imbrecciatura delle strade: occupazione umiliante ed estenuante.
Ci auguriamo che il lavoro verrà
ripreso quanto prima, sia pel bene del paese, come per l’onore della Ditta.[27]
La
produzione del periodo compreso tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 vede
un rinnovamento, soprattutto ad opera della fabbrica presso la Collegiata sotto
la direzione di Giovanni Venanzoli fino al 1900 e poi del figlio Ignazio, o di
quella della Porta del Colle ad opera di Nazzareno Monti a partire dal 1887,
sia nelle forme che nei decori ma anche per il graduale abbandono della
maiolica a favore della terraglia. Di questo periodo gli oggetti delle foto da 16
a 21.
Foto 16. Piatto in terraglia. Decoro a decalcomania. Marchio G. V. Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Giovanni Venanzoli. 1879 - 1900. Pollenza, Museo Comunale. |
Foto 17. Vasi da fiori in terraglia. Decorazioni policrome. Marchio G. V. Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Giovanni Venanzoli. 1879-1900. Collezione privata. |
Foto 18. Piatto in maiolica. Decoro con cigni su fondo blu. Marchio G. V. Pollenza impresso in pasta. Fabbrica Giovanni Venanzoli. 1879-1900. Collezione privata. |
Foto 19a. Gruppo plastico in maiolica. Decori policromi. Probabilmente Fabbrica Nazzareno Monti. Fine XIX, inizi XX sec. Collezione privata. |
Foto 19b. Gruppo plastico in maiolica. Verso. Decori policromi. Probabilmente Fabbrica Nazzareno Monti. Fine XIX, inizi XX sec. Collezione privata. |
Foto 21. Vaso in maiolica a smalto nero. L’attribuzione alla Fabbrica Nardi compare nell’inventario del Museo Comunale stilato da Giuseppe Fammilume. Fine XIX, inizi XX sec. Pollenza, Museo Comunale. |
Dopo
la morte di Giovanni la fabbrica continuò la propria attività, ad opera del
figlio Ignazio, sotto la denominazione "Ditta Giovanni Venanzoli -
Pollenza": i pezzi realizzati in quest'ultimo periodo sono riconoscibili
per il marchio impresso in pasta, riportante la stessa dicitura.
Nel
1905 ebbe luogo la prima Esposizione Regionale Marchigiana, che si tenne a
Macerata nei mesi di agosto e settembre, dove la Ditta partecipò nel gruppo 7°,
Classe 31, maioliche e porcellane, ottenendo la medaglia d'oro. Quanto agli
oggetti esposti, mancando un qualsiasi elenco negli archivi consultati, dovremo
limitarci a citare una breve descrizione riportata su un periodico maceratese
dell’epoca unitamente alla foto di un versatoio (figura 1) che appare insieme
all’articolo:
La ditta Giovanni Venanzoli di
Pollenza, rinnovatrice fortunata di questa industria pollentina, espone
svariati oggetti di maiolica bianca, e altri a colori di notevole pregio
artistico.[28]
![]() |
Figura 1. Foto di versatoio esposto alla mostra del 1905 e pubblicato su L’Unione |
Un versatoio quasi identico a quello esposto e
pubblicato nel 1905 è rappresentato nella foto 22.
Foto 22. Versatore in terraglia. Ditta Giovanni Venanzoli - Pollenza. 1905. Collezione privata. |
Vorrei
concludere questo breve excursus sull’industria della ceramica a Pollenza nella
seconda metà dell’800 con una memoria[29],
trascritta nel 1927 dal pittore Giuseppe Fammilume, che oltre ad essere una
testimonianza importante sull'attività delle fabbriche nell'ultimo periodo
della loro esistenza rappresenta l'unico «racconto» sulle vaserie di Pollenza
raccolto dalla viva voce di uno dei protagonisti, un vecchio vasaio di nome
Nazzareno Benedetti:
Anno 1927
Notizie varie sulle vasarie scomparse di Pollenza fornite al
pittore Giuseppe Fammilume
del vasaio pollentino Nazzareno Benedetti nato nel 1856.
Le notizie sono un po' sconclusionate e confuse.
Per varie ragioni si è creduto di scrivere seguendo parola
per parola del vasaio già carico di anni.
_____________
Vasaria di
Bianchelli [Bianchedi]
Nicola - nell'orto del signor Annibale Nozzi nel rione di S. Maria. Aveva 12
operai. Fabbricava tutti i generi di vasellami in maiolica. Pittori erano i
figli Francesco e Guido. Si chiuse con fallimento finanziario per la
concorrenza del vasellame di Mondovì che giungeva al paese anche su richiesta.
Vaseria
Nardi. Proprietari Serafino, Benedetto e Luigi. Aveva una quindicina di operai.
La fabbrica si trovava nella salita dell'Abside di San Francesco.
Vaseria di
Monti Nazzareno. Specializzata per il vasellame con rose e fiori plastici e
bassorilievi e con altre bizzarrie.
Vaseria
Venanzoli ne aveva una ventina di operai. Due fabbriche in uno stesso locale
terraglie e maioliche. Ha partecipato a varie esposizioni conquistando premi.
Filippo Fioretti era uno dei migliori. Pittore Guido Bianchelli.
------------------------------------------
Alcune notizie sui materiali fornite dallo stesso Benedetti
Il
materiale usato per la inventriatura o verniciatura usato in tutte le vaserie
era a base e stagno sale comune e rena di Perugia. Il piombo e stagno (un
quintale di piombo e 12 kg di stagno) venivano bruciato su una fornacetta poi
freddato indi carcinato come una farina di granturco infine mischiato con la
rena di Perugia e il sale comune.
Questa
composizione veniva nuovamente cotta fino a rendersi dura come la pietra poi si
stritolava con macinetto del molino di Potenza e con l'acqua si trasformava
liquida per darla poi ai vasi i quali venivano nuovamente cotti.
Per la
cottura della maiolica ci impiegava 24 o 25 ore invece per la
terraglia 3 giorni. Ai tempi di Nazzareno Benedetti i piatti venivano venduti a
£ 18 al cento - i rinali £ 1 e piatti grandi £ 1 ciascuno.
Altre notizie
La Vaseria
gestita dal Sign. Antonio Farroni detto Feroce successe a Monti Nazareno detto
anche questi feroce.
La Vaseria
di Antonio Bellini detto Frù passò a Nobili Pirrò e cessò senza eredi.
La Vaseria
di Venanzoli è stata viva presso la Collegiata nella parte della Cappella del
Sacramento.
La Vaseria
di Francesco Ranieri e di Rosati passò a Nardi.
Non vi fu
fra esse concorrenza di Prezzi. Solo che ciascuna cercava di trovare operai
migliori tantoché Monti Nazzareno associato a Nobili Antonio e Moroni Alfredo
quest'ultimo maestro elementare impiantarono la fabbrica di terraglie bianche
che è composta di terra di Vicenza e polvere di marmo di Bordenone
polverizzato. La fabbricazione stessa fu poi perfezionata da Venanzoli Giovanni
nella sua Vaseria la quale fu premiata all'esposizione di Macerata nel 1905 per
la buona qualità e lucidezza di smalto.
La
terraglia era bianca (terra di Vicenza) e la maiolica era creta locale. La
vernice per maiolica era composta da rena del lago di Perugia - Piombo - Stagno
- polvere di zaffera arsenico. Per la terraglia rena di S. Giovanni Valdarno
litargirio - borace - piccola dose di vetro macinato e sale pasterizio.
A Fioretti
Davide veniva pagato due centesimi per la fattura nelle ore straordinarie di
lavoro.
L'altare
dell'Immacolata (Chiesa inaugurata nel 1905) è stato cotto nella Vaseria di
Venanzoli.
La cottura
48 ore di fuoco a legna di quercia per la terraglia e 36 ore per la maiolica
con la legna. Nelle prime 8 ore un po' di fascine di montagna in ultimo fascine
di oliva per rischiarare la fornace.
I colori
venivano forniti da Carlo Belloni di Milano.
Predominio
e più antico per la pittura era il cobalto e la zaffera mischiato.
La vernice
nelle maioliche era di due sorte bianca e turchina - per la turchina ci si
metteva più zaffera.
Un vasetto
di Chiesa costa 60 centesimi.
I fiori
plastici li faceva Monti Nazzareno nella fabbrica Venanzoli..
Per la
vernice nera si aggiungeva ferro e manganese.
Piatto o
fruttiera verde è polvere di rame bruciato misto nella terra da lavorarsi.
Piatti
decorati a trasporto ebbe inizio nella Vaseria di Ignazio Venanzoli cooperato
dal Capo Operaio della fabbrica Fioretti Davide. Incisione su rame fatti venire
da Firenze e si usava colori trattati con glicerina per risparmiare la cottura
di sgrassamento - ultima espressione della fabb. di Venanzoli.
Si usavano
pennelli di martora. I pennelli per filettature li facevano da loro con pelo
dell'orecchio di bue.
Decoratori
a colori erano nella fabbrica Venanzoli Fioretti Davide - Bianchelli Guido -
Zampini Pietro - Benedetti Francesco. Nella fabbrica Nardi Pallocchini Vincenzo
Bellini Vincenzo.
I pupi del
presepio erano fatti da Monti Martì Ferlich - Zampini e Benedetti Ferdinando.
[1] Un parte di questo capitolo è stata da me pubblicata con il titolo La ceramica a Pollenza: fulgore e declino di un fenomeno scomparso, nel testo edito in occasione del 150° anniversario della Società Operaia di M. S. “G. Lazzarini” di Pollenza, Una storia di fratellanza e solidarietà, a cura di F. Sileoni. Pollenza, 2017.
[2] Sull’ubicazione delle fabbriche cfr. A. Nardi, M. T. Stura, Le vaserie nel contesto urbano di Monte Milone, in La ceramica di Pollenza. Quattro secoli di creatività, a cura di Alvaro Valentini. Pollenza 1998. P. 19.
[3] E. Masi, Almanacco Storico Statistico Piceno dello Stato e dell'Estero dell'anno 1854, anno II, Società Tipografica Bolognese.
[4] Stando ai dati desumibili da un ruolo dei contribuenti per la tassa di esercizio delle arti del 1850, la situazione economica mutò consistentemente rispetto a quanto riportato in una Statistica delle Fabbriche di due anni precedente (A.Stato Macerata, Delegazione Apostolica, b.1367). Da tale Ruolo il capitale di ogni fabbrica, del quale però le modalità di calcolo non vengono specificate, risultava all'incirca dieci volte inferiore, ovvero oscillante tra i 100 e i 150 scudi, rispetto a quello riportato nella statistica del 1848. Anche il numero degli occupati, complessivamente 13 per i quattro opifici esistenti, appare ridotto di molto.
[5] Ruolo dei contribuenti per la tassa delle patenti delle arti e commercio dell'anno 1857. A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 1482.
[6] Idem, b. 967.
[7] A.S. Macerata, Commissario Provinciale, b. 55.
[8] Sante Monti risulta fra i lavoranti presso la fabbrica Venanzoli in un elenco degli occupati nelle fabbriche di Monte Milone del 1830 (A.S. Macerata, Delegazione Apostolica, b. 866, f. 7. Cfr. A. Nardi, M. T. Stura, Francesco Verdinelli…, cit. p. 39.
[9] Nel 1862 Monte Milone assunse l'attuale nome di Pollenza.
[10] La notizia è riportata in una lettera datata 30 maggio 1865 della Deputazione Comunale per l'Esposizione Provinciale di Macerata del 1865, indirizzata al Comitato centrale per la stessa Esposizione, nella quale viene fornita la seguente spiegazione sulla mancanza dei nominativi dei due maiolicai nell'elenco delle ditte partecipanti: ... Niccola Monti, e Sante Monti di questa terra trovansi come primi lavoranti di terraglie nell'opificio di Emiliani di Fabbriano (A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 92).
[11] Sull'attività fabrianese dei Monti cfr. O. Marcoaldi, Guida e Statistica di Fabriano, in G. Vanzolini, Istorie delle fabbriche di majoliche metaurensi e delle attinenti ad esse, Pesaro, 1879, vol. II, p. 93.
[12] Lo stesso tipo di zuppiera venne prodotto, negli stessi anni, dalla vaseria del Vicinato Lungo.
[13] A.S. Macerata, Commissario Provinciale, b. 58.
[14] Sull'esposizione di Macerata del 1865, cfr. La Camera di Commercio di Macerata dal 1811 al 1861, (a cura della) Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Macerata, Macerata, 1962; A. C. Toni, La cultura artistica maceratese nelle esposizioni dal 1865 al 1905, in «Studi Maceratesi», vol. XV, pp. 811-824.
[15] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 92.
[16] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 45.
[17] A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 95
[18] Idem.
[19] «La Rassegna Provinciale di Macerata», I (1879), n. 37, p.195.
[20] Nel 1881 Giovanni Venanzoli partecipò all'Esposizione Italiana di Milano ottenendo la menzione onorevole nella Sezione XII, quella della ceramica e vetraria. Nel 1884 prese parte alla Mostra Nazionale di Torino ottenendo analogo riconoscimento. Sulla scheda per la domanda di ammissione, presentata alla Giunta Distrettuale di Macerata, possiamo leggere una breve descrizione degli oggetti da esporre, costituiti da alcuni articoli di maiolica pitturati uso antico ... e sospensioni per fiori in maiolica. A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 87.
[21] Dobbiamo ricordare la partecipazione ad un'esposizione nazionale, probabilmente quella di Torino del 1884, di Luigi Nardi e Niccola Venanzoli, zio di Giovanni, rispettivamente con vari oggetti in maiolica e varj lavori in maiolica. La notizia è desunta da un elenco manoscritto di espositori, che tuttavia non riporta né l'anno, né il luogo dell'esposizione. A.S. Macerata, Camera di Commercio, b.90.
[22] E. Sori, Dalla manifattura all'industria, in S. Anselmi (a cura di), Storia d'Italia - Le Regioni dall'Unità ad oggi - Le Marche, p. 324.
[23] G. Corona, Fabbriche di maioliche, in A Guidarelli, Statistica agricola-industriale-commerciale della provincia di Macerata. Anno 1887-1889, Macerata, 1889.
[24] G. Mazzoni, Geografica della provincia di Macerata, Macerata 1898.
[25] Camera di Commercio e d'Arti di Macerata, Cenni e dati sulle condizioni dell'industria e del commercio nella Provincia di Macerata al 30 Giugno 1907. A.S. Macerata, Camera di Commercio, b. 131
[26] «Fino all'avvento della rete ferroviaria nazionale, le Marche godono di una elevata protezione delle produzioni locali, a motivo degli elevati costi di trasporto, ma, corrispettivamente, soffrono anche di un elevato grado di isolamento in relazione ad eventuali produzioni esportabili»: E. Sori, Dalla manifattura all'industria, op. cit., p. 348. Sull'argomento cfr. anche V. Paci, Strade e comunicazioni. Motivi di conservazione e di trasformazione degli assetti territoriali, in AAVV, Atlante storico del territorio marchigiano, Ancona, 1982.
[27] Da un ritaglio di giornale del 21 gennaio 1912. Archivio Comunale di Pollenza, Corporazione del Melograno, b. 41.
[28] L'Unione, V (1905), n. 40.
[29] Archivio Storico Comunale di Pollenza, Corporazione del Melograno, busta “Ceramica”.
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